Incendio di Alcamo 3/ Angelini: “Informazioni dell’ARPA? Carenti sotto il profilo tecnico e scientifico”

3 agosto 2017

Le informazioni ‘tranquillizzanti’ fornite dall’ARPA Sicilia qualche giorno dopo l’incendio che ha colpito il centro per la raccolta differenziata di rifiuti di Alcamo non ci ha convinto. Così abbiamo posto qualche domanda al docente dell’università di Palermo, Aurelio Angelini, considerato un’autorità in materia di gestione dei rifiuti. E abbiamo scoperto che in Sicilia operano anche “chiromanti” del fuoco: e noi non ne sapevamo niente…

Non sappiamo come finirà con l’incendio che ha colpito domenica scorsa un centro per la raccolta differenziata dei rifiuti ad Alcamo. I precedenti non sono incoraggianti. Prima del fuoco il centro per la raccolta di rifiuti di Alcamo che ha colpito Alcamo ci sono stati due incendi nei pressi di Carini dei quali non si sa più nulla. Per non parlare dell’incendio che ha colpito la raffineria di Milazzo nel settembre del 2014: altra vicenda caduta nel ‘dimenticatoio’.

Finirà così anche per la nube nera che nel pomeriggio di domenica scorsa ha seminato il panico ad Alcamo, il grosso centro in provincia di Alcamo? Le premesse ci sono tutte. Basti pensare all’atteggiamento tenuto dalle cosiddette ‘autorità’.

Domenica pomeriggio, mentre il fuoco emanava una spaventosa nube nera, le ‘autorità’ invitavano gli abitanti di Alcamo a restare chiusi in casa con porte e finestre sbarrate.

Due giorni dopo, notizie ‘tranquillizzanti’: non ci sono agenti inquinanti, tutto è a posto. Possibile?

Noi abbiamo posto alcune domande ad Aurelio Angelini, docente universitario di Sociologia dell’ambiente, considerato uno dei massimi esperti in materia di gestione dei rifiuti in Sicilia.

Allora professore, domanda preliminare: come inquadrare l’incendio di Alcamo?

“Chi fino ad oggi ha inquadrato bene il fenomeno – ovvero le motivazioni che stanno dietro gli incendi che stanno colpendo tanti, forse troppi centri che operano nel settore dei rifiuti – è la parlamentare nazionale Claudia Mannino. Sono d’accordo con la sua analisi” (QUI LE DICHIARAZIONI DI CLAUDIA MANNINO).

Non è un po’ strano, due giorni dopo l’incendio, sentire le ‘autorità’ affermate che non ci sono pericoli per la salute umana e per l’ambiente? Per esempio, i messaggi ‘tranquillizzanti’ dell’ARPA Sicilia (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente). 

“Sì, è molto strano. Con molta probabilità, la linea di condotta dei tecnici dell’ARPA Sicilia è quella di rassicurare la popolazione. Ma non possiamo non sottolineare la superficialità con la quale l’ARPA Sicilia sta fornendo informazioni su questa vicenda”.

Ovvero?

“Nessuno è in grado, di fronte a un incendio di questa portata, di poter dire, come hanno fatto i tecnici dell’ARPA, che non ci sono problemi. Come fanno, all’ARPA, a sostenere che l’incendio che ha colpito il centro per la raccolta di rifiuti di Alcamo ha riguardato carta, plastica e legno? E’ impossibile fare una simile previsione. Solo essendo presenti a pochi metri di distanza dalle fiamme si può constatare una cosa del genere. Ma i tecnici dell’ARPA non si sono potuti avvicinare mentre l’incendio si sviluppava. La loro è solo una mera supposizione. Così come è una supposizione dire che non ci sono pericoli. Fare una previsione senza avere a disposizione dati è da chiromanti e non da tecnici specializzati”.

Tra l’altro, se non ricordiamo male, sulla presenza della plastica sembra ci sia qualche dubbio…

“E’ vero: da quello che si sa, il consorzio CONAI, che gestisce la raccolta differenziata, non è presente con la plastica nell’impianto di Alcamo”.

Ci è sembrato di capire – sempre con riferimento all’ARPA – che già due giorni dopo l’incendio tutto era a posto.

“Come fanno ad essere così sicuri? Gli incendi di rifiuti, specie se pericolosi, determinano il deposito di sostanze nocive nell’ambiente anche molti giorni dopo il verificarsi degli stessi incendi. Per questo è necessario un’analisi dettagliata che si dilunghi nel tempo. Oggi possiamo avere solo i primi dati. E non solo sulla diossina. Che non è il solo rischio: penso, ad esempio, agli antraceni, ma anche ad altre sostanze. Insomma, se proprio la devo dire tutta, il comunicato dell’ARPA Sicilia è carente sotto il profilo tecnico e scientifico”.

Insomma, c’è stata un po’ di confusione attorno a questo incendio?

“Sì, c’è stata un po’ di confusione e anche un po’ di disinformazione. Per esempio, sulla diossina”.

Ovvero?

“In tanti si sono preoccupati della presenza della plastica. Ma ricordo che la diossina si forma anche quando l’umido viene a contatto con il cloro”.

Ancora non si è capito che materiali sono andati a fuoco.

“E’ vero: è stato intentato un quasi processo senza conoscere che tipo di materiali sono andati a fuoco”.

Cosa si dovrebbe fare in questi casi?

“Tre cose. In primo luogo, l’analisi delle ceneri per individuare la matrice del combusto”.

In seconda battuta?

“Una serie di analisi, ripetute nel tempo, nel luogo dove si è sviluppato l’incendio, per un raggio di almeno cinque chilometri: perché è in un raggio di almeno cinque chilometri che si depositano nel terreno materiali che possono risultare dannosi per la salute umana e, in generale, dannosi per l’ambiente”.

In terza battuta?

“Acquisizione del formulario d’ingresso dei rifiuti arrivati nel centro per la raccolta dei rifiuti andato a fuoco. In pratica, bisogna conoscere con precisione che tipo di rifiuti sono stati stoccati. Per acquisire tali dati è necessario sequestrare i registri di carico, con i cosiddetti modelli Mad: in pratica, i documenti che accompagnano la movimentazione dei rifiuti dal luogo di produzione dei suddetti rifiuti sino al luogo di stoccaggio”.

 

 

 

 

 

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