Non si capisce l’affanno del centrosinistra che dopo il no di Grasso sembra finito in cul de sac. Perché non candidare il presidente del parco dei Nebrodi, fulgido esempio di antimafia e costante bersaglio della criminalità?
Il centrosinistra siciliano resta nel caos. A due mesi dalle elezioni regionali e dopo il no di Grasso, questo schieramento non ha ancora trovato un nome dal proporre per la Presidenza della Regione. Un ritardo che potrebbe costare caro, soprattutto al PD, che già di suo è in affanno. Oggi, come sappiamo, c’è il segretario del partito a Palermo. Matteo Renzi è arrivato nel capoluogo siciliano per presentare il suo libro (Avanti) ma è ovvio che si occuperà del caso Sicilia, terra che non gli ha mai dato tante fortune.
Onestamente non comprendiamo il motivo di questo impasse. Se quella di Pietro Grasso sarebbe stata, a loro giudizio, una buona carta da giocare, in Sicilia ne hanno un’altra che stranamente non hanno ancora messo sul tavolo.
Parliamo del presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci. Come mai non pensano di candidare un antimafioso del suo calibro? Non sarà Grasso, ma in quanto ad antimafia non ha nulla da invidiare a nessuno. Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi, ha subito l’ennesimo vile ed esecrabile atto intimidatorio. Si trattava di un finto pacco bomba, ma comunque la minaccia resta seria. E come dimenticare l’attentato del 2016? Giustamente, scrivono i giornali, stiamo parlando di un uomo che è “costante bersaglio della criminalità organizzata per la sua lotta contro i clan dei pascoli del Messinese”.
Lo dice pure il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è un uomo straordinario: lo ha premiato “per la sua coraggiosa determinazione nella difesa della legalità e nel contrasto ai fenomeni mafiosi”.
Antoci- e questo va sottolineato- è anche il responsabile del dipartimento Legalità del Pd. E non poteva essere diversamente.
Un uomo coraggioso e in prima linea contro la mafia come lui difficilmente si può trovare di questi tempi.
Cosa cercano di più? Il nome ce l’hanno.
Perché tentennare ancora?
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