Il grande papocchio delle ex Province: la ‘guerra’ è per i fondi delle Città Metropolitane

14 luglio 2017

La politica – la vecchia politica – sta usando lo sterile tentativo di ritorno al voto nelle ex Province per regolare vecchi conti in sospeso al proprio interno. La posta in gioco non è il futuro delle ex Province e dei sui 6 mila e 500 dipendenti. E non riguarda nemmeno la manutenzione delle scuole e delle strade provinciali. In gioco ci sono i fondi europei che le Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina dovrebbero potrebbero utilizzare penalizzando i rispettivi Comuni finiti nella trappola delle stesse Città metropolitane…

A noi questa storia delle ex Province – praticamente fallite grazie ai tagli del Governo nazionale e del Governo regionale – che dovrebbero ‘rinascere’ grazie a un disegno di legge approvato dalla prima commissione legislativa dell’Ars (Affari istituzionali) sembra una mezza operetta oscena.

A parte il fatto che deve essere ancora approvato da Sala d’Ercole – cosa che potrebbe avvenire, se centrodestra e centrosinistra faranno ‘squadra’ – va detto che l’ultima parola sulle leggi del Parlamento siciliano, ormai, la pronuncia il Governo nazionale che, dopo la sostanziale abolizione dell’ufficio del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, è diventato il ‘censore assoluto’ della leggi regionali.

Che vogliamo dire? Che difficilmente il Ministro Delrio – che ha imposto al Governo di centrosinistra della Sicilia la ‘sua’ fallimentare riforma delle ex Province – farà passare una legge regionale che ‘cassa’ la ‘riforma’ che porta il suo nome.

Insomma, discussioni inutili. Invece di parlare di cose serie – per esempio, del fatto che il Governo nazionale (a Palazzo Chigi c’era Renzi il ‘meridionalista’) ha scippato alle Province siciliane 220 milioni di euro all’anno di RC-auto, risorse con le quali le stesse Province pagavano i circa 6 mila e 500 dipendenti, effettuando sia la manutenzione delle scuole, sia un po’ di manutenzione nelle strade provinciali – la commissione Affari istituzionali dell’Ars ha deciso di ridare la parola agli elettori, che dovrebbero eleggere i presidenti delle ex Province (le tre ‘presunte’ Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina e le altre sei Province ribattezzate ‘liberi’ Consorzi di Comuni) e i rispettivi nove ex Consigli provinciali.

Sia chiaro: Governo nazionale permettendo (e questo è già improbabile), non è che sia sbagliato ridare la parola ai cittadini-elettori, visto che la ‘riforma’ delle Province targata Delrio è fallita in tutta l’Italia, e non soltanto in Sicilia (in questo momento tutte le ex Province italiane sono state lasciate senza soldi). Ma non si capisce con quali soldi dovrebbero essere celebrate le elezioni provinciali nella nostra Regione e, soprattutto, con quali soldi dovrebbero essere pagate le indennità ai presidenti e i consiglieri provinciali, se è vero che allo stato attuale dei fatti non ci sono nemmeno i soldi per pagare i circa 6 mila e 500 dipendenti!

Non ha torto Giancarlo Cancelleri, del Movimento 5 Stelle, che in un comunicato dice:

“Altro che stipendi dei dipendenti, manutenzione di scuole e strade, l’unica cosa che riesce a trovare la quadra tra questa squinternata maggioranza e sterile opposizione è la poltrona. La riesumazione delle Province, con annessi consiglieri provinciali e gettoni di presenza, ha solo ed esclusivamente questa chiave di lettura”.

Cancelleri parla un “vergognoso voto” in commissione Affari istituzionali all’Ars di tutti i partiti, ad eccezione del Movimento 5 Stelle.

“L’abolizione delle Province senza se e senza ma, la salvaguardia dei dipendenti e la totale rivitalizzazione dei servizi al cittadino in tutto il territorio siciliano – afferma Cancelleri – saranno tra le priorità del M5S, qualora dovesse governare questa Regione. Lo faremo in tempi strettissimi. Con una legge che abbiamo già scritto”.

“Questa operazione – aggiunge il deputato Salvatore Siragusa, componente M5S della commissione Affari Istituzionali dell’Ars – è solo una manovra di bassa clientela elettorale per consentire ai portatori di voti dei deputati regionali di potere continuare a sperare in uno strapuntino politico lautamente retribuito, che poco ha a che vedere con la democrazia”.

Parla anche il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone:

“Non consentirò fughe in avanti a nessuno, a maggior ragione che si tratta di una materia delicata. Siamo in scadenza di legislatura e quindi deve prevalere, ancor di più, e in tutti, il senso istituzionale”.

“Il mio ruolo di garante delle procedure e delle istituzioni – conclude Ardizzone – mi impone grande prudenza. Su questa materia, inoltre, non può non essere coinvolta, in un percorso condiviso, l’Associazione nazionale dei comuni”.

Il presidente dell’Ars, che quando c’è da schierarsi con i potenti (in questo caso con il Ministro Delrio) è sempre in prima fila, proprio sulle ex Province non ha grandi meriti. E’ stato, infatti, Ardizzone ad umiliare il Parlamento siciliano, impedendogli di approvare una legge razionale e imponendo, anche in Sicilia, il fallimentare modello della legge voluta, come già ricordato, dal Ministro Delrio nelle altre ex Province italiane.

La legge Delrio è il frutto dei voleri dell’Unione Europea dell’Euro che punta a ridurre, se non ad eliminare, gli spazzi di democrazia. E Delrio, nel resto d’Italia, c’è riuscito, se è vero che le ex Province italiane, di fatto, non esistono più.

Il Parlamento siciliano – proprio in virtù dell’articolo 15 dello Statuto – avrebbe potuto seguire una via diversa, non genuflettendosi all’Europa dell’euro. Invece Ardizzone ha usato il suo ruolo di presidente dell’Ars per imporre alla Sicilia una riforma inutile.

Ora Ardizzone cerca la ‘sponda’ dell’ANCI Sicilia, cioè del presidente Leoluca Orlando, che è sindaco di Palermo e sindaco della stessa Città metropolitana di Palermo senza che nessuno l’abbia eletto, ma grazie proprio alla legge voluta da Ardizzone.

Grazie alla legge-papocchio voluta da Ardizzone, i sindaci di Palermo, Catania e Messina si ritrovano, infatti, ad essere anche sindaci metropolitani, in barba alla democrazia. Con la possibilità di gestire ingenti fondi europei, magari dando la priorità alle città di Palermo, Catania e Messina, penalizzando tutti gli altri centri grandi, medi e piccoli.

Lo sanno tutti che i Comuni di Palermo, Catania e Messina hanno i bilanci disastrati. E che aspettano i fondi ‘metropolitani’ per risollevarsi un po’…

E’ questo il messaggio che Ardizzone lancia ad Orlando:

“Dammi una mano a bloccare questa legge che toglie potere ai voi sindaci di Palermo, Catania e Messina…”.

P.S.

La ‘riforma’ – mancata – delle ex Province è uno dei più grandi fallimenti del Governo regionale di Rosario Crocetta e della sua maggioranza di centrosinistra. E’ rimasta agli ‘annali’ del crocettismo la puntata de “L’Arena” di Giletti nella quale Crocetta era andato per dire alcune cose e poi, preso dalla foga di apparire ‘rinnovatore’ (“Il mio Governo ha abolito le Province!”, si gongolava), ha affermato l’esatto contrario. 

E’ molto singolare che, oggi, la stessa maggioranza di centrosinistra che ha voluto la fallimentare ‘riforma’ proponga il ritorno alle vecchie Province. Tutto questo dopo aver approfittato di cinque lunghi anni di commissariamento… Forse pensano di riguadagnare il consenso degli elettori? Pensano che i Siciliani dimenticheranno i cinque anni di malgoverno, a cominciare dalle strade provinciali abbandonate?

I Siciliani non sono stupidi e sanno individuare responsabilità e responsabili. 

Foto tratta da siciliajournal.it

 

 

 

 

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