Il ‘modello Palermo’ di Orlando? Il ‘partito dei sindaci’ con Piero Grasso candidato presidente della Regione

18 giugno 2017

Sembra che Renzi in persona abbia già ‘benedetto’ l’operazione: l’importante è che venga garantito Alessandro Baccei o un suo fedelissimo alla guida dell’assessorato regionale all’Economia. In pratica, con il progetto di Leoluca Orlando la Regione siciliana resterebbe commissariata da Roma. I possibili scenari. E il ruolo dei sindaci di centrosinistra, che invece di amministrare i Comuni siciliani… 

Si delineano, piano piano, i contorni del “modello Palermo” evocato dal rieletto sindaco del capoluogo della Sicilia, Leoluca Orlando, in vista delle elezioni regionali di novembre. Il nome del possibile (ma non ancora certo al cento per cento) candidato alla presidenza della Regione siciliana c’è già: il presidente del Senato, Piero Grasso. I voti di un ‘pezzo’ del centrodestra – non si capisce se sottobanco o palesi – ci sono pure. Ma l’operazione politica deve essere ‘colorata’ con qualcosa di nuovo per nascondere i partiti della vecchia politica: partiti che i siciliani non vogliono più votare.

Non resta che prenderli in giro con una nuova sigla: per esempio, con il ‘Partito dei sindaci’ o con qualcosa di simile.

Insomma, per dirla tutta, le sigle dei vecchi partiti debbono scomparire. Alle elezioni regionali siciliane di novembre niente simboli del PD, niente simbolo di Alleanza popolare di Angelino Alfano e via continuando. Bisogna gabbare gli elettori siciliani e fargli credere che è arrivato il ‘nuovo’. E bisogna fare presto, prima che l’elettorato dell’Isola cominci a riflettere sul proprio voto alle ultime elezioni comunali.

Giornali e TV hanno enfatizzato la ‘sconfitta’ del Movimento 5 Stelle. Ma si parla poco o nulla, invece, del fatto che a Palermo il PD di Antonello Cracolici, Davide Faraone e Giuseppe Lupo è sotto il 5% (come potete leggere qui). La sostanziale scomparsa del PD nella quinta città d’Italia non interessa la ‘Grande stampa’…

Le tesi, sul flop del Partito Democratico a Palermo, sono divergenti. C’è chi ammette che il calo c’è stato, ma che è stato accentuato dalla scomparsa del simbolo dalla competizione elettorale. Con la scusa dell’assenza del simbolo, alcuni esponenti si sono candidati nelle liste di Orlando. Dove, però. ribatte qualcun altro, non sono stati eletti né molto votati…

Alfano, dal canto suo, dice che l’area moderata, in Sicilia, potrebbe raggiungere il 20%. Forse, chissà, pensando alla candidatura di Roberto Lagalla (ormai in discesa), o dell’eurodeputato, Giovanni La Via (anche lui con quotazioni al ribasso dopo che agricoltori e osservatori siciliani hanno verificato, nei fatti, la sua mancata difesa dei prodotti agricoli siciliani, grano duro in testa, ma anche olio d’oliva extra vergine al Parlamento europeo).

Con molta probabilità, l’analisi di Alfano è un po’ troppo ottimistica. Alle elezioni comunali di Palermo, ad esempio – e stiamo parlando della ‘Capitale’ della politica siciliana – alfaniani e centristi di Giampiero D’Alia si sono attestati intorno al 4%.

In pratica, a Palermo la formazione politica che vede insieme il Ministro degli Interni in carica (con un assessore alla Regione) e il partito di D’Alia (con ben due assessori regionali) ha preso meno voti della lista fai-da-te del deputato regionale Salvatore ‘Totò’ Lentini, che ha raggiunto il 4,22%!

Con molta probabilità, l’analisi del sindaco di Palermo sulla possibilità di ‘trasferire’ alle elezioni regionali di novembre una bella operazione trasformista è molto più corretta. Proviamo a illustrare quale potrebbe essere l’idea di Orlando, che in materia di trasformismo, da buon ex democristiano e, contemporaneamente, ‘Professionista dell’antimafia’ vecchia maniera è imbattibile.

Analizzando il risultato di Palermo osserviamo che, nel complesso, il PD ‘nascosto’ nella lista Democratici e Popolari insieme con Alfano e D’Alia, la lista Uniti per Palermo di Salvatore ‘Totò’ Cardinale da Mussomeli, la già citata lista Alleanza per Palermo Totò Lentini hanno raggiunto, tutti insieme, il 20,40% dei voti.

Tutti voti dati a Orlando sindaco. Ma Leoluca Orlando è stato eletto con il 46,28% dei voti. Di fatto, numeri alla mano, il contributo dato ad Orlando dalle quattro liste civiche in suo sostegno è stato pari al 25,88% (in realtà, non è proprio così, perché, grazie al voto disgiunto, un bel po’ di voti Orlando, quale candidato sindaco, li ha presi anche da alcuni candidati di Forza Italia che nel segreto dell’urna hanno fatto votare per lui).

Le considerazioni finali sono tre.

Prima considerazione: Orlando ha superato il 40%, soglia stabilita dalla nuova legge elettorale regionale per l’elezione del sindaco a primo turno, per il 20% circa grazie agli accordi fatti con il PD ‘nascosto’, con Cardinale, con Lentini e con Alfano e D’Alia; e per il 25,88% grazie alle liste civiche.

Seconda considerazione: le liste civiche diventano la chiave di volta per vincere le elezioni regionali di novembre. Queste liste civiche dovrebbero essere rappresentate dal ‘Partito dei sindaci’, che Orlando creerebbe e manovrerebbe, sfruttando il fatto di essere presidente dell’ANCI Sicilia (Associazione nazionale dei Comuni Italiani).

Terza considerazione: alle elezioni regionali di novembre non c’è ballottaggio: il presidente della Regione si elegge al primo turno. Poiché ci saranno da quattro a cinque candidati, se il ‘Partito dei sindaci’ dovesse riconfermare il 25% circa di Palermo, sommandogli il 20% dei partiti di centrosinistra ‘nascosti’, il candidato di questo schieramento politico dovrebbe vincere le elezioni.

Sembra che Renzi, a Roma, abbia già dato il suo benestare al progetto trasformista di Orlando. In cambio il ‘capo’ del PD avrebbe chiesto la riconferma di Alessandro Baccei, o comunque di un suo fedelissimo, sulla plancia di comando dell’assessorato all’Economia della Regione siciliana.

Vero è che Renzi, grazie al presidente Rosario Crocetta e al PD, ha già scippato alla Regione una barca di miliardi di euro tra ‘Patti’ e residui attivi calcolati in modo truffaldino. Ma dopo aver svuotato le ‘casse’ della Regione il Governo nazionale vorrebbe infilare le mani direttamente nelle tasche dei siciliani. Come?

Con la fusione tra ANAS e Consorzio Autostrade Siciliane (CAS).

Sembra che le burocrazie ministeriali abbiano già fatto una simulazione. Impossessandosi dell’autostrada Palermo-Trapani-Mazara del Vallo e imponendo i balzelli, migliaia e migliaia di automobilisti siciliani che, fino ad oggi, hanno percorso gratuitamente quest’autostrada, sarebbero costretti, ogni giorno, a pagare il pedaggio. Si pensi solo ai pendolari che, ogni giorno, si recano a Palermo per lavoro da Partinico, Cinisi, Terrasini, Capaci, Carini, Villagrazia di Carini, Isola delle Femmine.

Un fiume di denaro che, ogni giorno, uscirebbe dalle tasche degli automobilisti siciliani per finire a Roma passando per l’ANAS.

E la stessa cosa potrebbe replicarsi per l’autostrada Palermo-Catania (dove, però, bisognerebbe andare cauti, perché c’è l’interruzione e i cittadini siciliani, che non si ribellano mai, potrebbe iniziare a ribellarsi se dovesse essere richiesto loro il pedaggio per percorrere un’autostrada che definire penosa è poco!).

C’è anche la possibilità di piazzare i pedaggi su un paio di strade a scorrimento veloce: per esempio, sulla Palermo-Sciacca, molto frequentata, che porterebbe un bel po’ di soldi nelle ‘casse’ romane. Per non parlare della Caltanissetta-Agrigento e di alcune strade della Sicilia orientale, oggi senza pedaggio, che potrebbero diventare galline dalle uova d’oro per Roma.

Che dire? Che ci sono ancora ampi margini di manovra per vessare e scippare soldi ai siciliani. Ma ci vuole, per altri cinque anni, un altro bel Governo regionale di ascari del centrosinistra. Un Governo Crocetta bis con altri volti e altri nomi. 

Ovviamente, i siciliani non devono sapere queste cose; e, soprattutto, ai siciliani va presentato un progetto politico-elettorale senza i vecchi partiti del centrosinistra che, come avvenuto alle elezioni comunali di Palermo, vanno nascosti dietro il ‘Partito dei sindaci’ o sigle civiche varie.

Insomma, gli elettori siciliani vanno presi per i fondelli, senza fargli sapere che il ‘Partito dei sindaci’ verrà utilizzato per scippargli altri quattrini con i pedaggi su strade e autostrade e con altro ancora.

Chi dovrebbero essere i protagonisti di questa nuova ‘avventura’?

Della partita, ovviamente, sarà il PD siciliano che dovrebbe far sparire il proprio simbolo (ma qui ci sono problemi, perché il ‘progetto’ postula la possibile riduzione a un terzo, o anche meno, di esponenti del PD nella nuova Assemblea regionale siciliana).

Ci saranno, altrettanto ovviamente, i vari Alfano, Cardinale, D’Alia e varie figure ‘civiche’ di ogni città.

E ci dovrebbe essere anche la sinistra ‘alternativa’ al PD. Il parlamentare nazionale di SEL eletto a Palermo, Erasmo Palazzotto, ad esempio, ha detto che la candidatura di Piero Grasso sponsorizzata dal PD non va bene: non per Grasso, ma per il PD.

Se il PD si ‘nasconderà’ dietro la lista del ‘Partito dei sindaci’, come ha fatto a Palermo, andrà bene anche a Palazzotto, che dopo cinque anni di Parlamento nazionale è in uscita e cerca una nuova collocazione? Vedremo.

A questo gioco trasformista e antisiciliano si presterà anche Rifondazione comunista? Vedremo.
(in realtà, il coordinatore regionale confederale di Democrazia e lavoro della CGIL, Saverio Cipriano, vero esponente di sinistra, ha altre idee, come potete leggere qui).

P.S.

A conti fatti, con il ‘modello Palermo’ di Leoluca Orlando applicato alle elezioni regionali di novembre, la Regione siciliana resterebbe commissariata dal Governo nazionale sotto il segno del ‘nuovo’ rappresentato dal ‘partito dei sindaci’. Un capolavoro di trasformismo politico!

I sindaci siciliani di centrosinistra, che sono rimasti silenziosi durante il referendum sulle trivelle e durante il referendum sulle riforme costituzionali di Renzi, invece di amministrare i Comuni, parteciperebbero direttamente alla campagna elettorale per le regionali per consentire al PD di Renzi di continuare a comandare in Sicilia.

Grande sindaco Orlando! Con il ‘modello Palermo’, Renzi – che i siciliani hanno gettato fuori dalla porta con il 70% dei No alle sue folli riforma costituzionali – rientrerebbe dalla finestra grazie ai sindaci siciliani di centrosinistra. Davvero una bella operazione politica… 

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