Dichiarato il fallimento di Sviluppo Italia Sicilia. Ma chi sono i responsabili dei buchi milionari?

31 maggio 2017

La sezione Fallimentare del tribunale di Palermo oggi ha dichiarato il fallimento della società regionale. Una vicenda paradossale perché non sono mai state accertate le responsabilità del depauperamento economico di questa partecipata.  Per la precisione, quali sono le responsabilità degli ex amministratori e del direttore generale?

La sezione Fallimentare del tribunale di Palermo oggi ha dichiarato il fallimento della società regionale in house Sviluppo Italia Sicilia spa già posta in liquidazione volontaria il 4 aprile 2016 dal socio unico che è la Regione siciliana. La notizia non coglie di sorpresa visto che erano stati gli stessi sindacati, in accordo con i dipendenti, a spingere per l’istanza di fallimento. E così è andata.
Ma la vicenda di Sviluppo Italia Sicilia resta paradossale ed emblematica di una Sicilia in cui i veri protagonisti dello sfacelo restano impuniti.

La società, in teoria, era sottoposta alla direzione e coordinamento della Regione siciliana che avrebbe dovuto esercitare il controllo  attraverso i suoi servizi presso il Dipartimento Bilancio.
Significa che la Regione avrebbe dovuto sapere tutto quello che succedeva nella sua società. Ma le cose, in pratica, pare siano andate diversamente.
Stando ai dati, infatti, il passivo è di circa 7 milioni di euro tra debiti verso dipendenti (oltre due anni di arretrati di stipendi, tfr e previdenza integrativa, altri crediti di lavoro conseguenti a sentenze), debiti verso il fisco (tra questi Inps non versata) e verso i fornitori (tra questi spicca quello dell’Irfis per mancato pagamento di canoni di locazione per circa 700 mila euro).
Come è possibile arrivare a questo? Dove era la Regione mentre la situazione sfuggiva di mano? Chi sono i responsabili del depauperamento della società? Come mai pagano gli ex 75 dipendenti e non si dice nulla su chi ha gestito, per conto della Regione, questa società?

Sulla decisione di liquidare la società da parte della Regione si può essere d’accordo o meno. C’è chi la considerava un carrozzone e chi vedeva in essa una chance di finanziamento per le sturt-up regionali che di certo non possono contare sui canali di credito tradizionali. Basti pensare che anche la famosa Mosaicoon- l’impresa siciliana all’avanguardia nel settore delle campagne pubblicitarie sul web più volte premiata e visitata anche dall’allora premier, Matteo Renzi- è passata da lì. E non sono mancate polemiche quando l’assessore-commissario inviato in Sicilia dal governo nazionale, Alessandro Baccei ha deciso di chiuderla, visto che le misure gestite dalla società siciliana adesso passeranno a società romane. Una coincidenza?

Ma il punto è un altro: ci domandiamo chi sono stati i controllori che hanno consentito che si arrivasse a questo punto? La Ragioneria generale attraverso l’ufficio partecipazioni regionali? L’ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni guidato da un ex consigliere del CDA della società?

Come mai non sono mai state accertate tutte le responsabilità? Per la precisione, quali sono le responsabilità degli ex amministratori e del direttore generale?

 

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