La chiusura dei Punti nascita in Sicilia: di che si lamentano i cittadini che votano centrosinistra?

6 aprile 2017

La decisione di chiudere alcuni Punti nascita della Sicilia è stata adottata dal Governo nazionale di centrosinistra e accettata dalla Regione amministrata dal centrosinistra e da Comuni in parte amministrati dal centrosinistra. Non ci dovrebbero essere proteste, almeno nel caso dei Comuni amministrati da chi ha deciso i eliminare questi presidi sanitari. Protesta invece l’Unione Consumatori, che annuncia azioni legali contro Regione e Ministero della Salute

Il riordino della rete ospedaliera in Sicilia, nel nuovo piano ministeriale, tra conferme e smentite, ha previsto la chiusura di alcuni Punti nascita, spariscono definitivamente quelli sotto i 500 parti l’anno, destinato a non riaprire è quello dell’ospedale Madonna Santissima dell’Alto di Petralia Sottana che l’Unione dei Consumatori ha voluto prendere ad esempio per la sua campagna a difesa del diritto alla salute.

In una nota Manlio Arnone, presidente dell’Unione dei Consumatori dichiara:

“Una decisione scellerata per gli utenti finali, che rende rischioso e pericoloso raggiungere il punto nascita più vicino, cioè Termini Imerese o Cefalù, un vero e proprio viaggio della speranza se si pensa che, dal Comune di Gangi, occorre percorrere 70 chilometri tra curve e strade accidentate, specialmente durante i mesi invernali tra pioggia e maltempo, senza considerare la possibilità della neve che nei mesi scorsi ha addirittura isolato alcune comunità madonite”.

“Come Unione dei Consumatori – si legge sempre nella nota – in caso di danni alla puerpera o al nascituro ci schiereremo a difesa dei diritti violati sulla salute, pronti ad agire per eventuali casi di malasanità anche con azioni legali contro Regione e Ministero della Salute, per questo abbiamo anche istituito un numero telefonico dedicato 091.8439038 dove è possibile contattarci”.

In realtà, la nuova rete ospedaliera recepisce il taglio dei Punti nascita deciso qualche anno fa. Proprio in base a una decisione già adottata e che adesso diventa esecutiva in Sicilia rimangono operativi, ma in deroga, i Punti nascita di Bronte, Licata, Nicosia, Corleone, Pantelleria e Cefalù che vengono inseriti – così si dice – in un nuovo Piano.

Il Punto nascita di Cefalù rimane sotto esame: insomma, non si capisce ancora se resterà operativo, o se, in alternativa, funzionerà quello di Termini Imerese, o se resteranno aperti entrambi.

Quanto a Pantelleria, in quest’isola il Punto nascita rimane operativo, ma solo teoricamente. Ufficialmente per mancanza di personale medico.

Spariscono, invece, i seguenti Punti nascita: Niscemi, Lipari, Mistretta, Mazzarino, Barcellona Pozzo di Gotto, Piazza Armerina, Alcamo, Augusta, Leonforte, Paternò e,come già accennato, Petralia. Chiusura anche per i Punti nascita degli ospedali privati Gibiino e Argento a Catania, il Punto nascita presso la clinica Demma di Palermo e l’Attardi di Santo Stefano di Quisquina.

Tutto questo – così si è sempre giustificato il Ministero della Salute – viene fatto per la sicurezza. Questa, in realtà, sembra una scusa. Tutto questo ambaradan, infatti, sembra più una manovra per risparmiare – trasformando la sanità siciliana in qualcosa di simile alla sanità della Grecia di oggi – che non un’iniziativa tesa a rendere più ‘sicuri’ i parti.

Come giustamente scrive l’Unione Consumatori, la ‘sicurezza’ nei parti, a Petralia, si traduce in problemi enormi – anche di natura economica – per gli abitanti delle Madonie che, di fatto, si ritrovano senza un servizio ospedaliero essenziale. Che cosa succederà nel caso di un’emergenza?

Il discorso non riguarda solo i centri delle Madonie. Lo stesso discorso vale per Lipari e, in generale, per le isole Eolie che già sono disagiate e che, così, diventano ancora più disagiate.

Idem per gli abitanti dell’entroterra dell’Agrigentino, che perdono il Punto nascita di Santo Stefano di Quisquina.

Il problema è politico. La decisione di chiudere i Punti nascita della Sicilia è stata adottata dal Governo nazionale di centrosinistra. E accetta da un Governo regionale siciliano di centrosinistra e da Comuni della nostra isola che, in buona parte, sono amministrati dal centrosinistra.

Le lamentele dei cittadini dei Comuni siciliani amministrati dal centrosinistra sono inspiegabili: perché, se non sono d’accordo sulla chiusura dei Punti nascita dei Comuni dove vivono hanno votato quel centrosinistra – che ha disposto questi tagli – e che, grazie anche ai loro voti, amministra Roma, la Regione siciliana e gli stessi Comuni?

P.S.

Ormai in Sicilia l’unica speranza per i cittadini – in questo caso, per le donne incinte che vivono nelle aree disagiate private anche dei Punti nascita – è rappresentata dalla magistratura: bene le possibili azioni legali che l’Unione Consumatori si propone di mettere in atto.

 

 

 

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