La Sicilia tra Separatismo, Secessionismo, Indipendentismo e Autonomia

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Proviamo a ragionare su come liberare la Sicilia da 70 lunghi anni di tradimenti. Basta dire: “Siamo indipendentisti” per ottenere risultati politici concreti? No, non basta. Così come serve a poco rifugiarsi nella fede inconcussa dell’origine spirituale delle proprie istanze. Per non parlare di coloro i quali si vorrebbero alleare con gli ascari. O di quelli in eterna caccia del quorum per acciuffare qualche improbabile poltrona. Ci vuole altro. Cosa? Proviamo a scoprirlo insieme

L’avvio della pubblicazione su questo blog del mio programma elettorale ha fatto storcere il muso a tanti lettori:

“Ma come – è l’accusa – ti proclami indipendentista e prepari un programma il cui perno è la prosecuzione dei rapporti con lo Stato italiano?”.

Credo che sia venuto il momento di fare definitiva chiarezza su questo punto. Perché una cosa sola è chiara: fino a quando non verranno sciolti alcuni equivoci di fondo, l’idea indipendentista siciliana non andrà da nessuna parte.

Sgombriamo subito il campo. Chi volesse raggiungere l’indipendenza della Sicilia con le armi, lottare contro le forze armate italiane e conseguire una secessione violenta dal resto dell’Italia è pazzo, e come tale va portato in manicomio. Siccome in giro di questi pazzi ce ne sono, li invito a cambiare subito canale. Non mi rivolgo a loro. E’ gente che si crogiola in un sogno vano che pure gli piace. Internateli!
Andiamo avanti.

Gli altri indipendentisti, al netto dunque dei separatisti-secessionisti militari, sono vittime di un ragionamento incompleto, sono prigionieri di una bolla che, al pari del sogno dei secessionisti, li tiene prigionieri, li appaga e non li fa ragionare. Mi spiego.

Veniamo al primo punto, il ragionamento incompleto: ricordate l’apologo dei topi che si riuniscono per trovare il modo di neutralizzare il gatto di casa? Uno dei topi ha un’idea geniale:

“Mettiamo al collo del gatto una campanella in modo che appena il gatto si avvicina possiamo scappare”.

Tutti esultano, abbiamo trovato la soluzione! Siamo salvi! Ma… ma un giovane topino, l’ultimo venuto, interroga i suoi simili:

“Chi attaccherà la campanella al gatto?”.

Fuori di metafora, la campanella è l’indipendenza, essa è il rimedio di tutti i nostri mali, quando l’otterremo saremo ricchi, liberi e felici. Giusto, ma nessuno ha una ricetta sicura per raggiungere l’obbiettivo.

C’è chi dice che ci vuole tempo pazienza e semenza e ce la faremo, c’è chi dice che prima o poi i siciliani si stancheranno, e via delirando. Ecco perché il ragionamento è incompleto. E si completa in un solo modo, rispondendo alla domanda: chi metterà la campanella al gatto? Come cioè si ottiene l’indipendenza?

E veniamo al secondo punto: la bolla come prigione.

Dopo la cocente sconfitta elettorale del 1947, gli indipendentisti siciliani si sono rifugiati nella fede inconcussa dell’origine spirituale della loro istanza e nella credenza di un destino ultimo. Questo ci è bastato e ci basta ancora. Agitiamo al vento i nostri vessilli giallorossi e il vento ce li porta via.

Alcuni, e sono i meno peggio, cercano uno spazio politico contraendo alleanze subordinate con gli ascari nostrani dei partiti nazionali, che poi regolarmente si fanno i fatti loro.

Altri, e sono i peggiori, lanciano le loro lacere e dissennate truppe nelle competizioni elettorali tentando di sfondare a proprio esclusivo vantaggio personale i quorum elettorali per sedersi, almeno loro, alla tavola di don Rodrigo. Puntualmente ad ogni tornata elettorale il fenomeno, o addirittura entrambi i fenomeni, si ripresentano. Come in questi giorni.

L’insieme, direbbe Freud, è così manifestamente infantile, così irrealistico, da rendere doloroso, ad un animo amico dei suoi conterranei e della sua terra, pensare che la grande maggioranza degli indipendentisti non sarà mai capace di sollevarsi al di sopra di questa concezione della politica.

Con grande onestà intellettuale e sincerità politica va spiegato che, anche se domani mattina 5 milioni di siciliani votassero per l’indipendenza, passerebbero sicuramente 15 anni, da domani, senza aver raggiunto l’obbiettivo. Le esperienze di Catalogna e Scozia sono lì ad ammonirci. Loro hanno cominciato agli inizi del III millennio e sono avanzati solo di qualche passo.

Mentre basterebbero appena 700.000 voti per eleggere un Presidente autenticamente autonomista, autorevole e determinato ed ottenere subito una condizione di comunità federata con la restante parte del Paese, come era la Sicilia in forza dello Statuto uscito dalla penna di Umberto II e poi devastato in 70 di slealtà, tradimenti e prevaricazioni.

Vi dico come si fa.

Torniamo con i piedi per terra e mettiamoci un po’ di “scienza” e tanto, tanto realismo.

Che cos’è l’indipendentismo?

Fine prima puntata/continua

 

Foto tratta da sikelianews.it

Visualizza commenti

  • Be,queste che sono,a mio avviso,semplici considerazioni di parte lasciano il tempo che trovano visto che si arriva a citare Freud per giustificare cosa?
    Se stessi?
    Il proprio arrivismo?
    La ricerca della poltrona?
    O cos'altro?
    Giusto per capire!
    Aldilà di tutto,che trova il tempo che trova,queste considerazioni tradiscono un popolo,il siciliano, a cui lei vorrebbe chiedere un voto e andare a chiederlo,parlando di un autonomia mai applicata e tradita.
    Si denota solo una totale contraddizione!
    Mi spiace.
    Peccato, sembrava una persona intelligente.

  • Sono da tempo un lettore assiduo dei Nuovi Vespri, e da quando lo leggo l'ho identificato come unica e vera voce di ribellione del popolo siciliano.
    Nell'ultimo periodo invece emerge l'ansia dell'affermazione personale. Il nuovo popolo indipendentista che ieri poteva essere una sponda a certe aspettative personali era un popolo concreto e meritevole di essere accompagnato a festeggiare nel freddo dell'inverno il suo primo anno di vita. Oggi che quel popolo non risponde a un richiamo, è un popolo senza futuro animato solo dai soliti opportunisti della politica pronti a salire sul primo treno che potrebbe portarli ad occupare una poltrona.
    Questa storia a me sembra la storia del Bue che ha da ridire qualcosa all'asino.
    Nella metafora del gatto e del topo , invece io vedo ben rappresentato il campanellino dell'Autonomia che è pronto a suonare ad ogni elezione e che prontamente smette di suonare alla fine delle stesse.
    Dall'istituzione dell'Autonomia ad oggi il Gatto ha fatto il leone ed i topi sono rimasti nel terrore pronti a nutrirsi delle briciole.
    Chi ha goduto dell'indulgenza del re della foresta?
    Tutti coloro che sventolano a singhiozzo la bandiera dell'Autonomia godono e hanno goduto dei benefici offerti dal re al suo suddito reggente. Tutti coloro che hanno aspirato o aspirano a guidare questa Regione riscoprono lo Statuto alla vigilia elettorale, ma si guardano bene di applicarne i principi raggiungendo la poltrona.
    Dopo oltre 70 anni vedo come illusi o come opportunisti coloro che ancora si ostinano a sventolare la bandiera autonomista, che serve oggi solo a creare quelle storture clientelari che ci fanno passare per la Regione Idrovora D'Italia secondo Repubblica e la Grecia D'Italia per altra stampa.
    Mi sarei augurato che dai Nuovi Vespri arrivassero gli spunti per provare a unire il popolo siciliano per un vero nuovo Vespro di ribellione democratica, ma le velleità personali sono superiori al desiderio di Riscatto di una terra e di un popolo.
    Un leader lo riconosce un popolo, non si autoproclama, e se si autoproclama non ha la presunzione di esserlo di tutti.

  • Segnalo un altrogrossolano errore di Coppola: Gramsci non ha mai parlato di "Conquista regia", ha sempre criticato le teorie della "Conquista regia" enunciate da Alfredo Oriani e Mario Missiroli.

    Che Coppola commetta questa grave svista, m' induce a pensare che non abbia mai letto i Quaderni dal Carcere e che non abbia capito che il tema gramsciano era la "quistione" agraria", perché ai contadini innteressavano solo le terre.

  • FORZA ITALIA? O FORZA SICILIA? I Siciliani sono forti? O sono deboli? A loro l’ardua decisione. Ma se miracolati da S. Lorenzo che anticipa la famosa notte del 10 di Agosto con stelle filanti e cadenti senza ritorno, la Sicilia diventa Nazione.

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