La Sicilia tra Separatismo, Secessionismo, Indipendentismo e Autonomia

4 aprile 2017

Proviamo a ragionare su come liberare la Sicilia da 70 lunghi anni di tradimenti. Basta dire: “Siamo indipendentisti” per ottenere risultati politici concreti? No, non basta. Così come serve a poco rifugiarsi nella fede inconcussa dell’origine spirituale delle proprie istanze. Per non parlare di coloro i quali si vorrebbero alleare con gli ascari. O di quelli in eterna caccia del quorum per acciuffare qualche improbabile poltrona. Ci vuole altro. Cosa? Proviamo a scoprirlo insieme

L’avvio della pubblicazione su questo blog del mio programma elettorale ha fatto storcere il muso a tanti lettori:

“Ma come – è l’accusa – ti proclami indipendentista e prepari un programma il cui perno è la prosecuzione dei rapporti con lo Stato italiano?”.

Credo che sia venuto il momento di fare definitiva chiarezza su questo punto. Perché una cosa sola è chiara: fino a quando non verranno sciolti alcuni equivoci di fondo, l’idea indipendentista siciliana non andrà da nessuna parte.

Sgombriamo subito il campo. Chi volesse raggiungere l’indipendenza della Sicilia con le armi, lottare contro le forze armate italiane e conseguire una secessione violenta dal resto dell’Italia è pazzo, e come tale va portato in manicomio. Siccome in giro di questi pazzi ce ne sono, li invito a cambiare subito canale. Non mi rivolgo a loro. E’ gente che si crogiola in un sogno vano che pure gli piace. Internateli!
Andiamo avanti.

Gli altri indipendentisti, al netto dunque dei separatisti-secessionisti militari, sono vittime di un ragionamento incompleto, sono prigionieri di una bolla che, al pari del sogno dei secessionisti, li tiene prigionieri, li appaga e non li fa ragionare. Mi spiego.

Veniamo al primo punto, il ragionamento incompleto: ricordate l’apologo dei topi che si riuniscono per trovare il modo di neutralizzare il gatto di casa? Uno dei topi ha un’idea geniale:

“Mettiamo al collo del gatto una campanella in modo che appena il gatto si avvicina possiamo scappare”.

Tutti esultano, abbiamo trovato la soluzione! Siamo salvi! Ma… ma un giovane topino, l’ultimo venuto, interroga i suoi simili:

“Chi attaccherà la campanella al gatto?”.

Fuori di metafora, la campanella è l’indipendenza, essa è il rimedio di tutti i nostri mali, quando l’otterremo saremo ricchi, liberi e felici. Giusto, ma nessuno ha una ricetta sicura per raggiungere l’obbiettivo.

C’è chi dice che ci vuole tempo pazienza e semenza e ce la faremo, c’è chi dice che prima o poi i siciliani si stancheranno, e via delirando. Ecco perché il ragionamento è incompleto. E si completa in un solo modo, rispondendo alla domanda: chi metterà la campanella al gatto? Come cioè si ottiene l’indipendenza?

E veniamo al secondo punto: la bolla come prigione.

Dopo la cocente sconfitta elettorale del 1947, gli indipendentisti siciliani si sono rifugiati nella fede inconcussa dell’origine spirituale della loro istanza e nella credenza di un destino ultimo. Questo ci è bastato e ci basta ancora. Agitiamo al vento i nostri vessilli giallorossi e il vento ce li porta via.

Alcuni, e sono i meno peggio, cercano uno spazio politico contraendo alleanze subordinate con gli ascari nostrani dei partiti nazionali, che poi regolarmente si fanno i fatti loro.

Altri, e sono i peggiori, lanciano le loro lacere e dissennate truppe nelle competizioni elettorali tentando di sfondare a proprio esclusivo vantaggio personale i quorum elettorali per sedersi, almeno loro, alla tavola di don Rodrigo. Puntualmente ad ogni tornata elettorale il fenomeno, o addirittura entrambi i fenomeni, si ripresentano. Come in questi giorni.

L’insieme, direbbe Freud, è così manifestamente infantile, così irrealistico, da rendere doloroso, ad un animo amico dei suoi conterranei e della sua terra, pensare che la grande maggioranza degli indipendentisti non sarà mai capace di sollevarsi al di sopra di questa concezione della politica.

Con grande onestà intellettuale e sincerità politica va spiegato che, anche se domani mattina 5 milioni di siciliani votassero per l’indipendenza, passerebbero sicuramente 15 anni, da domani, senza aver raggiunto l’obbiettivo. Le esperienze di Catalogna e Scozia sono lì ad ammonirci. Loro hanno cominciato agli inizi del III millennio e sono avanzati solo di qualche passo.

Mentre basterebbero appena 700.000 voti per eleggere un Presidente autenticamente autonomista, autorevole e determinato ed ottenere subito una condizione di comunità federata con la restante parte del Paese, come era la Sicilia in forza dello Statuto uscito dalla penna di Umberto II e poi devastato in 70 di slealtà, tradimenti e prevaricazioni.

Vi dico come si fa.

Torniamo con i piedi per terra e mettiamoci un po’ di “scienza” e tanto, tanto realismo.

Che cos’è l’indipendentismo?

Fine prima puntata/continua

 

Foto tratta da sikelianews.it

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