Dove portano gli ‘scivoloni’ di Beppe Grillo a Genova e di Cancelleri a Palermo?

20 marzo 2017

Man mano che passa il tempo il leader del Movimento 5 Stelle mostra il suo volto non proprio democratico. Come Berlusconi e Renzi, decide tutto lui. Quella che dovrebbe essere un’alternativa a due personaggi che si considerano i ‘padroni’ dei rispettivi partiti politici, dimostra di essere simile a loro. Tutto questo ci riporta a un libro pubblicato nel 1937: La scuola dei dittatori di Ignazio Silone

Per la seconda volta, e sempre in occasione delle elezioni, il Movimento 5 Stelle è tornato a mostrare un volto che poco o nulla ha a che vedere con la democrazia. A Genova – peraltro la città di Beppe Grillo, leader del grillini – le comunarie (che sarebbero le elezioni primarie con le quali gli iscritti designano i propri candidati) ‘incoronano’ come candidata sindaco Marika Cassimatis. Ma a Grillo quello che hanno deciso gli iscritti al Movimento non va giù: così decide di annullare tutto. Alla fine, deciderà lui “per il bene del Movimento”.

Una cosa simile è avvenuta a Palermo, dove il parlamentare regionale Giancarlo Cancelleri, considerato non il leader siciliano del Movimento 5 Stelle (nessuno gli ha assegnato questo ruolo), ma il più stretto collaboratore di Grillo, ha deciso, in anticipo, che il candidato sindaco sarebbe stato l’avvocato Ugo Fiorello, tra i fondatori di Addiopizzo, insomma uno dei protagonisti di una certa antimafia. E così è stato, con la celebrazione di comunarie che sono state una farsa.

Che i grillini siano l’alternativa al vecchio sistema politico italiano, beh, non ci sono dubbi (se non altro perché il sistema politico italiano non offre altre alternative, visto che Berlusconi lancia già segnali a Renzi, se è vero che PD e Forza Italia, hanno salvato insieme Lotti e Minzolini). Ma un’alternativa, in un Paese che è ancora democratico, dovrebbe essere democratica. Un’alternativa dove a decidere è “un uomo solo al comando” è pericolosa.

Il Movimento 5 Stelle è nato con l’intento di valorizzare le istanze che arrivano dal ‘basso’. E, in effetti, nella prima fase è stato così. Ma man mano che la legislatura nazione si avvia verso la fine si avverte la sensazione che questo Movimento non sia molto interessato alle istanze che arrivano dal ‘basso’ – per esempio i candidati scelti dalla base – e sia, invece, più interessato a un ‘disegno’ politico deciso dal vertice.

Di certo l’esperienza di Roma non ha aiutato il Movimento 5 Stelle. Ma anche nel caso di Virginia Raggi, oggi sindaco della Città Capitolina, non possiamo ignorare due fatti.

Il primo fatto è che, anche nel suo caso, la scelta – cioè la sua designazione a candidato sindaco – è stata in buona parte verticistica.

Il secondo fatto – che è sotto gli occhi di tutti – è che la pressione mediatica contro l’attuale sindaco di Roma ha raggiunto il massimo dell’intensità con il blocco degli appalti per le Olimpiadi e si è ridotto, fino quasi ad annullarsi, con il sì dell’Amministrazione Raggi all’ ‘operazione’ Tordivalle.

Cosa vogliamo dire? Che questo modo di intendere la democrazia, da parte del Movimento 5 Stelle, non ci convince. Non ci convince Grillo che blocca la candidata sindaco di Genova designata dalla base. Ma non ci convincono, soprattutto, i tanti esponenti di questo Movimento che sostengono che “Grillo ha fatto bene”, perché “l’ha fatto nell’interesse del Movimento”.

Ci chiediamo e chiediamo: Grillo sta forse sperimentando metodi politici che dovrebbero essere prerogativa dei suoi avversari?

Di fatto, si comporta come Berlusconi, che vuole decidere ogni cosa non soltanto dentro Forza Italia, ma in tutto il centrodestra (non ha caso l’ex Cavaliere non ha mai dato il proprio ‘assenso’ alle primarie del centrodestra siciliano, che andranno a farsi benedire: altro che voto per individuare il candidato alla presidenza della Regione siciliana!); e come Renzi, che ha fatto quello che ha voluto nel PD e a Palazzo Chigi ed è stato fermato solo dal voto del referendum dello scorso 4 dicembre.

Che dire? Che gli ‘scivoloni’ di Grillo e l’impreparazione dimostrata da Virginia Raggi a Roma nell’amministrazione e da Cancelleri in Sicilia nella gestione politica (non c’è solo l’imposizione di Forello a Palermo, ma anche un paio di inciuci con il Governo regionale di Rosario Crocetta) hanno aumentato il disordine.

Scrive Ignazio Silone ne La scuola dei dittatori:

“Non so. Comunque mi permetto di riassumente il pensiero in questa forma: la prima condizione affinché prevalga un sistema totalitario, è la paralisi dello Stato democratico, cioè un’insanabile discordanza tra il vecchio sistema politico e la vita sociale radicalmente modificata; la seconda condizione è che il collasso dello Stato giovi innanzitutto al partito d’opposizione e conduca ad esso le grandi masse, come al solo partito capace di creare un nuovo ordine; la terza condizione è che questo si riveli impreparato all’arduo compito e contribuisca anzi ad aumentare il disordine esistente, mancando in pieno alle speranze in esso riposte. Quando queste premesse sono consumate, e nessuno ne può più, irrompe sulla scena il partito totalitario. Se esso non ha alla sua testa un imbecille, ha molte probabilità di arrivare al potere”.

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