La morte di Marcello Cimino e i senza casa di Palermo: e le case del Comune, della Curia e delle IPAB?

12 marzo 2017

Mentre a Palermo i professionisti dell’ipocrisia si cimentano in lacrime di coccodrillo & fiaccolate, non possiamo dimenticare l’indifferenza dell’Amministrazione comunale (che per quasi cinque anni ha ignorato il problema dei senza casa) e della Chiesa cittadina che si tiene stretti i propri immobili. Ci sono anche due commenti di buon senso e verità: sono quelli di Nino Malafarina e Toni Pellicane  

Non mancano i commenti dopo la morte di Marcello Cimino, l’uomo che, nella notte tra venerdì e sabato, è stato bruciato vivo, mentre dormiva sotto il portico della missione San Francesco dei frati cappuccini, a Palermo.

Ci sono i commenti di circostanza, come quello degli esponenti dell’Amministrazione comunale di Palermo retta da Leoluca Orlando che, dopo aver ignorato per quasi cinque anni il problema dei senza casa, ‘si stracciano le vesti’. O come i ‘borbottii’ dei rappresentanti della Curia Arcivescovile di Palermo, che si tiene ben stretto il proprio patrimonio immobiliare e poi…

Insomma, ipocrisia a ventiquattro carati!

Una considerazione di buon senso e di verità arriva dal parlamentare regionale, Nino Malafarina.

“Due mesi fa – scrive su facebook Malafarina – qualcuno sopiva le coscienze raccogliendo coperte per i barboni. Oggi, dopo il fatto di Palermo, indignazione a piene mani e fiaccolata di protesta contro la violenza di un disgraziato. Intanto chi dorme per strada continua a vivere senza assistenza e senza dignità mentre IPAB, piene di debiti e di lacchè della politica, lasciano marcire gli immobili che prima davano alloggio a chi ne aveva bisogno. E chi governa pensa a passerelle, retorica e stranieri”.

Le IPAB, per la cronaca, sono le Opere Pie, gestite dalla Regione siciliana. In molti casi, si tratta di enti che hanno nella propria disponibilità anche locali che potrebbero ospitare i senza casa. Invece rimangono vuote.

Sulla vicenda, sempre su facebook, scrive anche Toni Pellicane, che da sempre si occupa dei senza casa.

“Con assoluta tranquillità – leggiamo nel suo post – provo a raccontarvi un episodio che riguarda proprio Marcello. Alcuni mesi fa accompagnai una famiglia alla mensa di via Cappuccini, in quell’occasione conobbi Marcello. Siamo stati a parlare una mezz’oretta, mi presentarono a lui come chi si occupa dei senza casa, quindi lui cominciò a raccontarmi alcune cose. Era quasi uno sfogo. Mi raccontò che, da circa un paio di anni, non trovava più lavoro, che i rapporti familiari si erano deteriorati, che i parenti lo avevano abbandonato, che aveva chiesto aiuto al Comune, ma non ha mai avuto alcuna risposta.

“Io – prosegue Toni Pellicane – pur non considerandolo valido, gli suggerii di rivolgersi al dormitorio di piazzetta della pace… ma lui mi rispose che preferiva dormire vicino alla mensa, almeno ci ricavava un pasto… Poi mi disse che avrebbe pagato per un caffè. Vidi che fumava e gli risposi: io ti offro il caffè e tu mi offri una sigaretta. Poi ci salutammo e non lo più visto”.

“Ora, l’omicidio avviene per motivi che non hanno un collegamento col fatto che Marcello dormisse per strada, ok. Mi chiedo: visto che lui era per strada da circa due anni, se il Comune si fosse occupato concretamente dei senza tetto non pensate che, probabilmente, Marcello avrebbe potuto avere un suo spazio, magari non avrebbe avuto interesse a stare in quella zona e, magari, il criminale che l’ha ucciso non avrebbe potuto avere alcuna possibilità per arrivare a commettere questo barbaro gesto?”.

“Certo, non è con i se che si arriva alla verità – conclude Toni Pellicane -. Io però una certa responsabilità da parte dell’ente pubblico la trovo, non rispetto all’efferato omicidio, ma rispetto ad una persona che viene lasciata per strada per ben due anni”.

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