Elezioni regionali siciliane: con i grillini in crisi ci potrebbero essere cinque-sei candidati

17 febbraio 2017

Le primarie del centrodestra sono una bufala. Il problema di questo schieramento politico è che Berlusconi, Miccichè, Cuffaro e Romano non sanno come sbarazzarsi di Nello Musumeci. La prossima settimana è previsto un nuovo vertice. I possibili scenari, tra ‘forzature’ e ‘frenate’. L’attenzione della vecchia politica è rivolta ai grillini, dove le contraddizioni, già esplose a Vittoria, potrebbero avere effetti negativi a Palermo e in altri Comuni

I lettori de I Nuovi Vespri ce ne debbono dare atto: noi non abbiamo mai dato credito alle notizie sulla celebrazioni delle improbabili primarie del centrodestra siciliano. Anche quando, dopo riunioni-fiume, i ‘capi’ di questa formazione politica hanno sciorinato date e nomi dei possibili candidati, noi siamo sempre rimasti scettici:

Le primarie del centrodestra? Una mezza balla. Musumeci, Pogliese e Armao “l’indipendentista”…

Siamo rimasti sempre scettici non soltanto perché Berlusconi – che, di fatto, rimane il ‘padrone’ di Forza Italia – è contrario alle primarie, ma anche perché in Sicilia organizzare le primarie del centrodestra è difficile, perché i partiti che fanno capo a questo schieramento politico non sono organizzati nel territorio.

La prossima settimana – così si racconta – sarebbe stato convocato un nuovo vertice del centrodestra siciliano. Dopo il sì di Berlusconi alla candidatura di Fabrizio Ferrandelli a sindaco di Palermo, si deve decidere sul candidato alla presidenza della Regione.

Il problema era e resta solo uno: Nello Musumeci. Che è già da tempo in campagna elettorale e che, fino ad oggi, piaccia  o no, ha dato scacco ai vari Gianfranco Miccichè, Totò Cuffaro, Saverio Romano.

Come scriviamo spesso, Musumeci non va a genio a Forza Italia e ai centristi. Miccichè, Cuffaro e Romano non sono interessati alla vittoria del centrodestra alle elezioni regionali del prossimo novembre. Questi tre signori si vogliono riprendere la Regione siciliana. Punto. Le idee politiche – e i progetti sulla Regione siciliana – di Musumeci da una parte e di Miccichè, Cuffaro e Romano dall’altra parte, non possono essere più lontane.

Il fato li ha riuniti nello stesso schieramento politico. Ma in comune Musumeci e i ‘capi’ di Forza Italia e dei centristi non hanno proprio nulla.

Tant’è vero che quando il centrodestra siciliano dettava legge – proprio con Cuffaro presidente della Regione – Musumeci è stato tenuto rigorosamente lontano dai luoghi del potere regionale. Se fosse dipeso da Forza Italia e dai centristi, non l’avrebbero nemmeno presentato a Berlusconi.

Quanto, nel 2012, dopo le giravolte trasformiste del Governo di Raffaele Lombardo, Musumeci ha posto la propria candidatura alla presidenza della Regione siciliana, Miccichè e un folto gruppo di ex democristiani gli hanno tagliato la strada: parliamo del già citato Lombardo, del senatore Giuseppe ‘Pino’ Firarrello, del Ministro Angelino Alfano e di Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario.

Oggi la storia si ripete. La differenza è che, nel 2012, il coltello dalla parte del manico lo tenevano Micciché, Lombardo, Firrarello, Alfano e Castiglione. Oggi il gioco lo conduce Musumeci, avvantaggiato anche dal fatto gli ‘Angelini’ di Sicilia (con riferimento ad Angelino Alfano, Firrarello e Castiglione) non sono più nel centrodestra, almeno ufficialmente.

Come finirà? Musumeci, pronto accomodo, come già ricordato, è già da tempo in campagna elettorale. Mentre Miccichè, Cuffaro e Romano sono bloccati.

Berlusconi predica l’unità. Ma per tenere unito il centrodestra siciliano qualcuno dovrebbe cedere. Il sogno di Miccichè, Cuffaro e Romano è ‘parcheggiare’ Musumeci a Catania, eleggendolo sindaco. Carica prestigiosa, per un uomo innamorato della Città Etnea come Musumeci. Il problema è che, oggi, il Comune di Catania è un guscio vuoto. Ne sa qualche cosa l’attuale sindaco, Enzo Bianco, che alla fine degli anni ’90 aveva lasciato la città piena di debiti ai suoi successori e tornando, non ha trovato solo i debiti che aveva lasciato tali e quali, ma anche quelli dell’era Scapagnini che solo un grande equilibrista come l’ex sindaco Raffaele Stancanelli è riuscito governare senza ‘scivolare’ nel default.

Insomma, la candidatura a sindaco di Catania per sbarazzarsi di Musumeci non sembra una strada percorribile.

Potrebbe andare meglio promettendo a Musumeci la presidenza dell’Ars. Ma c’è un problema: su questa poltrona punta Gianfranco Miccichè.

Resta l’assessorato ai Beni culturali e, magari, la voce presidenza della Regione. Ma resta anche la domanda: perché mai Musumeci si dovrebbe accontentare di un assessorato, visto che potrebbe diventare presidente della Regione? E poi perché dovrebbe rinunciare per accontentare chi l’ha ‘pugnalato’ cinque nell’autunno del 2012?

Non va dimenticato che in quei giorni – parliamo sempre dell’autunno del 2012 – si parlava anche della ‘benedizione’ di Berlusconi all’elezione ‘patteggiata’ di Crocetta, in cambio di lasciapassare politici…

E allora? Non è da escludere che Berlusconi imponga il ‘mal di pancia’ a Miccichè, Cuffaro e Romano: Musumeci resta candidato alla presidenza della Regione con un vice presidente. Chi?

Qualcuno ha fatto il nome di Gaetano Armao. Personaggio che, forse, andrebbe bene a Miccichè, ma non funzionerebbe per Cuffaro e Romano. Non bisogna dimenticare che Armao è stato l’assessore di riferimento del Governo Lombardo: Governo nato contro Cuffaro e Romano. Anche per l’eventuale vice presidente di Musumeci la scelta non sembra facile. Anzi.

Questo schema, finora, è rimasto valido per provare a fronteggiare l’atteso boom dei grillini. Tanto che, a un certo punto, si era parlato della candidatura dell’ex rettore dell’università di Palermo, Roberto Lagalla, appoggiato da una grande coalizione: centrodestra e centrosinistra insieme in chiave antigrillina.

Ma adesso tale ipotesi sembra scartata. I grillini, infatti, non sembrano più irresistibili. Il discorso non riguarda Roma e le operazioni mediatiche contro la sindaca Virginia Raggi, ma le divisioni che si registrano in Sicilia. Dove alcuni deputati regionali del Movimento 5 Stelle hanno creato – a quanto pare con la copertura di Beppe Grillo – una sorta di oligarchia che decide su tutto: scelte politiche e candidature.

Le elezioni amministrative di primavera, a tal proposito, potrebbero essere molto indicative. Se, ad esempio, il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle a Palermo, Ugo Forello – imposto, di fatto, dall’oligarchia grillina di Sala d’Ercole – farà un tonfo, accompagnato, magari, da risultati non eccezionali degli stessi grillini negli altri Comuni, lo scenario elettorale delle regionali potrebbe cambiare.

Per ora le divisioni di questo Movimento sono visibili a Palermo. Ma erano già visibili a Vittoria, dove il Movimento 5 Stelle era il primo partito alle elezioni europee, ma dove ha perso il sindaco proprio perché l’oligarchia di Sala d’Ercole ha provato a imporre un candidato alla base del Movimento che si è rivoltata contro il vertice.

Bisognerà capire cosa succederà nell’individuazione dei candidati di questo Movimento e, in generale, nella composizione delle liste Comune per Comune. Fino ad ora Cancelleri e i deputati regionali hanno sbagliato sempre: hanno sbagliato a Vittoria e hanno sbagliato a Palermo. Non è da escludere che tentino di condizionare la base anche in altri Comuni dell’Isola.

Quello che vogliamo dire è che la natura stessa di questa formazione politica, nata come Movimento di base, finisce inevitabilmente con l’entrare i fibrillazione quando chi sta al vertice – in questo caso i deputati regionali – provano a imporre nomi e linea politica nel territorio. Non è da escludere che i meccanismi registrati a Vittoria e a Palermo si ripresentino in altri Comuni, anche perché i deputati di Sala d’Ercole, vuoi per ambizioni personale, vuoi perché farsi almeno un altro ‘giro’, sembrano aver smarrito l’impostazione originaria del Movimento.  

Quindi? Analizzando i candidati alla presidenza della Regione siciliana – quelli già in corsa e quelli non ancora ufficializzati – non è difficile ipotizzare che saranno più di due. Ci sarà il candidato grillino, che – in quanto espressione dell’oligarchia della deputazione di Sala d’Ercole – dovrebbe essere Giancarlo Cancelleri. Ci dovrebbe essere il presidente uscente, Rosario Crocetta, che già ha pronto il suo movimento. Ci dovrebbe essere un candidato del centrosinistra ufficiale: e siamo a tre. E’ già candidato il titolare di questo blog, Franco Busalacchi: e siamo a quattro. Con il candidato del centrodestra si arriverebbe a cinque candidati.

E siccome alle elezioni regionali non c’è ballottaggio, ma vince che prende più voti, se i grillini, alle amministrative, non dovessero brillare, Musumeci da una parte e Miccichè, Cuffaro e Romano dall’altra parte, potrebbero benissimo provare a ‘correre’ divisi. Il quadro politico del centrodestra sarebbe più nitido, perché, come già accennato, Musumeci non ha nulla a che dividere con i suoi attuali, ‘presunti’ alleati: tant’è vero che, almeno fino ad ora, lo stesso Musumeci (insieme con la Lega e con Fratelli d’Italia), non appoggia la candidatura di Ferrandelli a Palermo, appoggiata, invece, da Miccichè, Cuffaro e Romano. 

Per dirla con chiarezza: con sei candidati (che potrebbero anche essere addirittura di più) si potrebbe vincere con il 23-25%. In un quadro politico sfilacciato – e tale, per ora, è in Sicilia – la tentazione di provarci senza alleanze scomode potrebbe prendere piede.

 

 

 

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