Specchio delle mie brame, chi è il più trasformista del reame? Orlando e Ferrandelli pari sono!

14 febbraio 2017

Da candidato alla presidenza della Regione siciliana non possono non commentare quello che sta succedendo a Palermo. Leoluca Orlando e Fabrizio Ferrandelli stanno dimostrando che la politica è diventata una notte nera, dove tutte le vacche sono nere. Trasformismo dall’uno e dall’altro. L’uno – Orlando – unisce i rifondaioli-chic di Rifondazione comunista e i poltronisti di SEL con Totò Cardinale, Angelino Alfano e un ‘pezzo’ del PD. L’altro – Ferrandelli – si è ‘imbarcato’ con Gianfranco Miccichè e Saverio Romano. Mentre i grillini si sono trasformati in un’oligarchia in salsa antimafiosa…  

Destra e sinistra sono termini ormai privi di significato, almeno così sembra. Che vuol dire? Forse che chi incarnava le idee e i progetti portati avanti della sinistra può oggi benissimo incarnare e portare avanti idee progetti portati avanti dalla destra e viceversa? Oppure che oggi né destra, né sinistra sono portatori di progetti alternativi? Oppure che la politica è diventata una notte nera, dove tutte la vacche sono nere?

Se guardiamo con attenzione alle coalizioni che si stanno formando in vista delle elezioni amministrative a Palermo, ci accorgiamo che la fine delle ideologie, oltre che certificare la fine degli schieramenti politici alternativi tra loro, ha fornito a tutti i voltagabbana – ai transfughi, agli illuminati, ai pentiti e agli orfanelli – l’alibi per trovare una collocazione pur che sia nella corsa alla poltrona di sindaco e di consigliere comunale.

Da un lato abbiamo il pingue, panciuto e scarmigliato sindaco uscente, l’Orlando, che accoglie tra le sue file una parte dei lacerti slabbrati del Partito Democratico che, non trovando tra i propri iscritti, affiliati e “simpatizzanti” uno straccio di candidato appena appena presentabile e che abbia voglia di fare una ciclopica malafiura, vorrebbe gettare alle ortiche il simbolo del partito pi ghittarisi sutta ‘i banneri di Orlando.

Poi c’è un’altra parte del PD – l’area dell’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, ma anche altri dirigenti (per la precisione Fabio Teresi, Luisa La Colla, Stefania Munafò, Carmelo Greco, Antonio Ferrante) che non ne vogliono sapere di abbandonare il simbolo del PD, come chiede Orlando.

Il sindaco uscente è comunque riuscito ad attrarre nella sua orbita gli ex UDC di Giampiero D’Alia e Giovanni Ardizzone e magari il Ministro, Angelino Alfano. Questi tre hanno dato vita a una ‘nuova formazione politica ‘benedetta’ da Casini, il quale entrò in Parlamento quando era ancora vivo Sturzo e non ne è uscito più.

Sempre in orbita Orlando ritroviamo i nipotini di Fausto Bertinotti che ancora (come Casini, del resto) percepisce l’indennità di ex presidente della Camera, ovverossia le belle gioie dei rifondaioli-chic di Giusto Catania. Per buona misura aderiscono alla compagnia orlandiana gli aderenti di SEL vicini al parlamentare nazionale, Erasmo Palazzotto, e, udite udite!, i siciliani futuri di quel Totò Cardinale che, pur avendo partecipato a tanti conclavi, non è mai riuscito a diventare Papa.

Applicando il principio vantaggiu a nuddu, ad Orlando si contrappone il giovane Alcibiade, ovvero Fabrizio Ferrandelli, ambizioso e cinico come il discepolo preferito di Socrate, il quale, dopo avere girato come un ventilatore da Orlando a Di Pietro, da Cracolici e Lumia, fino al PD del correntone di Franco Piro, è stato eletto all’Assemblea regionale, sempre nelle file del Partito Democratico  e sempre grazie a Piro e ad altri esponenti di questo partito.

Poco dopo essere entrato all’Ars, Ferrandelli si è dato a Davide Faraone e ai renziani.

Avendo abboccato la bufala che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, fosse ‘bollito’, per far lo spirtuni, si è dimesso dal Parlamento siciliano con il sogno di candidarsi alla Presidenza della Regione, magari ‘incoronato’ da Renzi che allora era ancora in auge.

Pensando alla grande ha fondato il movimento de I Coraggiosi. Coraggio oggi e coraggio domani, ormai in debito di ossigeno per la rincorsa troppo lunga, Ferrandeli oggi ha ripiegato sulle elezioni comunali di Palermo e, facendo onore al proprio nome, ha imbarcato nella traversata il lacero reggimento di Gianfranco Miccichè e la legione nera di Saverio Romano, nome che, se tanto mi dà tanto, ci porta dritti dritti in viale Francesco Scaduto, città.
Che cosa può unire tra di loro i componenti di ciascuna delle due coalizioni, ovvero Orlando a i suoi da una parte e Ferrandelli e i suoi dall’altra parte? La sollecitudine per l’interesse pubblico? L’amore per una città bella e disgraziata? Un sussulto di dignità?

Niente di tutto questo, ovviamente. Si tratta, altrettanto ovviamente, di una bieca e truce operazione di potere. Per tenerselo (Orlando e C.). Per conquistarlo (Ferrandelli e C).

Il metodo che entrambe le due ‘armate’ male affastellate useranno è collaudato nella sua semplicità ed efficacia. Fare schifiare la maggioranza degli elettori palermitani che, piuttosto che votare per questi qui, se ne staranno a casa e purtroppo faranno il loro gioco; perché si ridurrà quasi a zero il rapporto tra gli aventi diritto al voto che si asterranno, e chi andrà a votare per un interesse diretto e personale.

La battaglia per accaparrarsi il voto dei coatti sarà vinta da chi saprà essere più convincente nel promettere posti di lavoro (che non ci sono), merendine, aiuti e aiutini, scarpe nuove, buoni benzina, contante e simili benefit.

Penultima ‘pennellata’ per un saluto affettuoso e malinconico ai 5 Stelle, vittime di se stessi e di una furbata che la maggior parte di loro non ha ancora capito. Ma l’hanno capita gli elettori di Palermo che non premieranno il fritto misto scelte di vertice-grillismo in salsa antimafiosa.

Infine un augurio a chi proverà a misurarsi contro questi tre schieramenti. Il resto è silenzio.

 

 

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