Massoneria: migliaia di iscritti in Sicilia, oltre 2000 affiliati al Grande Oriente

13 febbraio 2017

Un interessantissimo approfondimento su l’Espresso affronta uno dei temi più scottanti di sempre. E parla del numero degli iscritti alle logge ufficiali (impossibile conoscere gli affiliati alle cosiddette logge spurie che superano di gran lunga quelle ordinarie) e dei numeri record di Sicilia e Calabria

“Non tutti i massoni sono delinquenti, ma tutti i delinquenti sono massoni”. E’ con questa frase del deputato (di fine Ottocento) Felice Cavallotti che il settimanale l’Espresso  entra nel cuore di uno degli argomenti più scottanti di sempre: la massoneria in Italia. Quanti sono gli affiliati? E, sopratutto, quanto incidono sulla gestione della res publica e che legami hanno con la criminalità organizzata?

A queste domande, racconta il settimanale, stanno cercando risposte sia i magistrati, in particolare quelli calabresi, sia la Commissione Nazionale Antimafia che vuole scoprire i nomi degli affiliati (impresa più che ardua) e che ha messo in scena una serie di audizioni sul tema. I massoni, scrive l’Espresso, sarebbero stretti “in una morsa politico-giudiziaria senza precedenti dai tempi della P2 (marzo 1981) quando Licio Gelli gestiva un potere occulto alternativo allo Stato democratico, raccogliendo una oligarchia di ministri, generali e imprenditori e criminali”.

Si parla in particolare di due logge: il Grande Oriente d’Italia e la Gran Loggia degli Alam (liberi muratori), ma anche delle logge non ufficiali, le più difficili da indagare per ovvie ragioni. Quindi le inchieste che hanno tentato di portare luce in angoli bui della storia contemporanea: in Calabria sono almeno sette i fascicoli aperti e tutti hanno rivelato una compenetrazione “tra ndrangheta e massoneria”. In Sicilia, il sodalizio con Cosa Nostra “sembra solido quanto lo è in Calabria”.

Mai generalizzare, certo. Ma i magistrati, di materiale che proverebbe sodalizi discutibili, ne hanno trovato in quantità, così come non mancano tracce delle cosiddette logge spurie, le più pericolose, probabilmente.

La massoneria resta ‘di gran moda’. E fa sempre più proseliti:

“I gran maestri sono tutti concordi nel riferire la grande crescita delle iscrizioni” scrive Gianfrancesco Turano (l’autore dell’articolo). E, veniamo, dunque ai numeri. Che non possono essere precisi, ma una idea la forniscono.

Si parte dal 1992, l’annus horibilis delle stragi e di drastici avvenimenti (o rivolgimenti) politici: 28 logge calabresi del GOI su 32 erano in mano alla ndrangheta, “800 fratelli Calabresi su 9000 affiliati in Italia”. 

Oggi, secondo  l’attuale Gran Maestro Stefano Bisi “su 23 mila iscritti dal GOI in 805 logge ce ne sono 2634 in Calabria e 2208 in Sicilia. Il 21% degli affiliati è nelle due regioni più a Sud dell’Italia”.

E ancora: “104 logge degli Alam su 510 totali sono in Calabria e in Sicilia (20,3%)”.

Per ovvi motivi, scrive l’Espresso, non si hanno cifre relative agli iscritti alle obbedienze irregolari o spurie “che sovrastano in numero le circa 10 obbedienze regolari”. Lo stesso vale per gli affiliati alle logge estere.

Trapani e Reggio Calabria sono le province che guidano le classifiche: “Già nel 1986 a Trapani è emerso il radicamento della massoneria più oscura quando la polizia scoprì che il centro studi Scontrino era la  copertura di sette logge inaugurate da Gelli e frequentate da politici e imprenditori”.

Nell’approfondimento de l’Espresso (sei pagine), si riportano anche le dichiarazioni del Gran Maestro Venzi, che alla Commissione Antimafia ha detto: “Bisogna verificare gli ambiente del Rotary, Lions e Kiwanis dove massoni regolari e irregolari si incontrano”. Per dire che nelle riunioni tradizionali delle logge ufficiali non ci sarebbe spazio per affari e altro. Al di fuori, è un’altra storia.

Quindi, il passaggio frequente degli affiliati da una loggia ad un altra, il moltiplicarsi di logge per impedire le elezioni di Gran maestri sgraditi- quelli che tentavano di fare pulizia-  e ancora le logge che nel secondo dopoguerra accoglievano agenti della Cia. Un accenno anche “al massone Andrea Finocchiaro Aprile, anti fascista e leader degli indipendentisti” di cui non si è parlato nell’audizione a Palazzo San Macuto, ma di cui si starebbero occupando i magistrati siciliani e calabresi per tirare le somme. Di che, non è chiaro.

E ancora l’inchiesta della Procura di Reggio Calabria e dei suoi testimoni chiave.Tra questi, tre pentiti siciliani: Tullio Cannella, Gioacchino Pennino e Antonio Calvaruso “che ha indicato il boss Leoluca Bagarella come uno dei pochissimi in Cosa Nostra a conoscere la componente apicale e segreta del crimine calabro-siculo infiltrato nei templi dei liberi muratori”.

Un articolo interessantissimo per il settimanale che ultimamente sembra avere ritrovato la verve di un tempo. E che si conclude, parlando di affiliati ormai morti, con una frase eloquentissima: “I Fratelli d’Italia sono spesso coltelli, da vivi e da morti”. 

Fratelli d’Italia, come sapete, è anche l’inno nazionale che come vi abbiamo raccontato qua è un inno massonico, così come massonica è tutta la regia che sta dietro al Risorgimento italiano e all’Unità d’Italia. Per approfondimenti vi rimandiamo alla sezione di questo blog Storia e controstoria.

Aggiornamento:
“Non stiamo facendo una caccia ai massoni, stiamo facendo la caccia ai massoni deviati che diventano veicolo di penetrazione delle mafie nella vita, nell’economia e nella politica del nostro Paese. Ci sono inchieste a riscontro di questo”. Cosi’ ha risposto la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Rosi Bindi ad una domanda di un cronista. “Siamo convinti di fare anche il bene della massoneria perche’, come dicono le sue costituzioni, vuole rispettare la Costituzione italiana e dovrebbe collaborare con quelle istituzioni che non fanno la caccia all’uomo, ma al massone deviato che collabora con le mafie”,

 

 

 

 

 

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