Ex Province: dall’Ars una legge per ridare la parola agli elettori

12 gennaio 2017

Con molta probabilità, contro il parere del presidente Crocetta, l’Assemblea regionale siciliana si accinge ad esaminare e approvare una legge che consentirà ai cittadini siciliani di tornare ad eleggere i rappresentanti delle ex Province. L’obiettivo è quello di costringere il Governo nazionale a restituire a questi enti intermedi i soldi – che Roma abusivamente si trattiene – per la manutenzione delle strade e delle scuole, per gli alunni disabili e per pagare regolarmente gli stipendi ai dipendenti. Il comunicato dei parlamentari del Movimento 5 Stelle all’Ars. E la dichiarazione di Giovanni Greco (Mpa) che chiede altri tagli…   

Ex Province: tutti ne parlano, se ne parla addirittura a Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano. Se ne parla durante i lavori della commissione legislativa Affari istituzionali e se ne parla nella stessa Assemblea regionale siciliana. Ne parla anche il Governo, per bocca del presidente della Regione, Rosario Crocetta. Ne parlano gli esponenti dei partiti, di maggioranza e di opposizione. Insomma, si parla tanto.

Ma, stranamente, non si parla dell’argomento più importante: i soldi.

O meglio, l’unico che ha fatto un timido accenno non ai soldi, ma a quello che non si fa per mancanza di soldi – la manutenzione delle strade abbandonate, la manutenzione degli edifici scolastici, gli interventi in favore degli studenti disabili (che lo scorso anno, in alcuni casi, sono stati lasciati a piedi, nell’impossibilità di recarsi a scuola) e i fondi per pagare gli stipendi ai circa 6 mila e 500 dipendenti – è stato il parlamentare Nello Musumeci (ne abbiamo parlato qui).

Ma, sia chiaro, anche ieri, nel ‘Palazzo’, nessuno ha posto il tema nudo e crudo: i soldi che non ci sono. Si gira attorno al problema, nell’illusione che il problema si risolva da solo: e cioè che, per magico incanto, i soldi per garantire il funzionamento delle ex Province spuntino, anche se nessuno sembra in grado di affermare da dove.

Così si gira attorno al problema. Crocetta vorrebbe continuare a fingere che il problema non c’è: a suo parere, i Consorzi di Comuni della nostra Isola – che sono sei (a cui si aggiungono le tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, sulla carta ‘governate’ dai rispettivi sindaci di queste tre città) – dovrebbero votare e quindi eleggere i propri rappresentanti il 26 febbraio.

Si tratterebbe di elezioni di secondo grado: a votare dovrebbero essere sindaci e consiglieri comunali. Sarebbero elezioni grottesche: Comuni che sono quasi tutti alla bancarotta dovrebbero eleggere gli organi di Consorzi di Comuni che vedrebbero la luce in condizioni di bancarotta. Una farsa nella farsa.

Perché Crocetta punta su questo? Perché prende ordini da Roma. Il Governo nazionale non ha alcuna intenzione di restituire alle ex Province siciliane i soldi che gli ha scippato. Attenzione: non stiamo parlando dei trasferimenti nazionali, che non esistono più.

Parliamo dei fondi della RC Auto – circa 220 milioni di Euro all’anno – che Roma ha deciso unilateralmente di trattenere. Erano i soldi con i quali – per essere chiari – le ex Province pagavano i dipendenti e una serie di servizi. 

Facendo celebrare le grottesche elezioni di secondo grado, il 26 febbraio, le ex Province siciliane, anche per quest’anno, andrebbero avanti come sono andate avanti lo scorso anno: ogni tanto qualche ‘milionata’ di Euro per pagare gli stipendi arretrati al personale e niente fondi per strade provinciali, per edifici scolastici, per studenti disabili, per controlli ambientali e via continuando.

Alla fine – cosa che non sarà sfuggita agli osservatori – se si crea un’emergenza: per esempio una strada che frana (o è invasa, come in questi giorni, dalla neve), a intervenire sono, in un modo o nell’altro, i Comuni. Questo consente al Governo nazionale di ‘risparmiare’ sulla pelle dei cittadini siciliani. L’attuale Governo regionale fino ad oggi è stato d’accordo. Oggi ‘pezzi’ della maggioranza di centrosinistra, visto che le elezioni si avvicinano, non sono più d’accordo.

Come finirà? Lo scenario, all’interno della maggioranza di Governo, presenta varie sfaccettature. Nel PD, ad esempio, c’è chi pensa che il centrosinistra non vincerà mai le elezioni regionali del prossimo novembre. Tenendo le ex Province siciliane all’osso realizza, così, due obiettivi: consente al Governo nazionale di tenersi i soldi delle ex Province siciliane; e lascia al Governo regionale che verrà una situazione esplosiva anche su questo fronte.

C’è chi, anche all’interno dello stesso PD (ma soprattutto fra le altre forze politiche, di opposizione, ma anche di maggioranza), la pensa in modo diverso. A differenza di Crocetta – che parla di una sua ricandidatura alla quale non crede nemmeno lui – e del PD romano, i deputati dell’Ars, oltre che vivere nel territorio, sono già in campagna elettorale per provare a farsi rieleggere. Per loro, ovviamente, tenere le ex Province senza soldi è un controsenso che gli farebbe perdere solo voti.

Da qui un fronte ampio che punta a ridare la parola agli elettori. Di fatto – anche se chiamate con nomi diversi – i parlamentari di Sala d’Ercole puntano ad approvare una legge che dovrebbe consentire ai cittadini siciliani di eleggere quelli che fino a qualche anno fa si chiamavano presidenti delle Province e Consigli provinciali.

Ribadiamo: magari, nominalmente, resterebbero le tre Città metropolitane e i Consorzi di Comuni: ma sarebbero comunque organi eletti dal popolo.

A questo punto, davanti a organi eletti dal popolo, il Governo nazionale non potrebbe più tergiversare e dovrebbe cominciare a ‘cacciare’ i soldi che fino ad oggi ha trattenuto: a cominciare dai 220 milioni di Euro all’anno dei fondi RC auto.

Non sarà una partita politica facile, perché per il Governo nazionale, da qualche anno a questa parte, la Sicilia è tornata ad essere “il granaio di Roma”. Con una differenza rispetto all’antica Roma: che allora si prendevano per davvero il grano siciliano, mentre oggi Roma si prende i soldi dei siciliani.

Ce la farà il Parlamento siciliano a ridare un po’ di dignità a se stesso, prima che alle ex Province? Lo Statuto dà alla Sicilia piana facoltà d’azione sugli enti locali. E’ stato l’attuale presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, nei mesi scorsi, a piegare la volontà del Parlamento siciliano ai voleri romani, costringendo il Parlamento a introdurre anche Sicilia la legge nazionale sulle ex Province (che prende il nome dal ministro Delrio).

Allora a Palazzo Chigi c’era ancora Renzi. Così facendo Ardizzone si era illuso di incassare ‘benemerenze’ dai renziani per una sua improbabile candidatura a sindaco di Messina (e quindi anche a sindaco metropolitano: le due cose, con la legge Delrio, coincidono: esempio renziano di riduzione della democrazia).

Ma Renzi non c’è più e, come fanno notare tanti osservatori, l’esito del referendum del 4 dicembre scorso ha assestato un colpo mortale anche a una fallimentare riforma delle ex Province (anche su questo fronte un altro fallimento del Governo Renzi).

In questo scenario ad Ardizzone – esponente di una maggioranza di centrosinistra che nella Sicilia reale non c’è più (ammesso che ci sia mai stata) – non resta che trovare altre ‘sponde’ politiche per provare a restare ancora a ‘galla’ nella politica siciliana.

Insomma, è probabile che, contro i voleri di Crocetta, l’Ars approvi una legge per ripristinare la democrazia nelle ex Province siciliane, ridando la parola agli elettori.

Sulla vicenda intervengono i parlamentari del Movimento 5 Stelle all’Ars:

“Governo regionale e maggioranza – si legge nel comunicato dei grillini – hanno immobilizzato la Sicilia per 4 anni con 4 leggi sulle ex-Province approvate a colpi di maggioranza. Fermi tutti, hanno scherzato, con buona pace per i lavoratori ed i servizi erogati ai cittadini che nel frattempo sono andati a singhiozzo nella più totale incertezza. Oggi scopriamo che non c’è fretta e vogliono spostare tutto al 29 ottobre del 2017, stesso giorno delle elezioni regionali. Come dire, meglio il caos che la chiarezza”.

“La riforma delle ex Province – proseguono i grillini – naufraga ancora e lo fa clamorosamente a causa della bramosia di poltrone. Non ci appassiona il tema del tipo di elezione, ma a questo punto vorremmo che si spiegasse ai siciliani dove questa sgangherata maggioranza vuole portare la nostra Regione. Per 4 anni ci hanno ammorbato tutti dicendo che la loro era la migliore riforma delle ex Province d’Italia, poi si sono fatti calare da Roma il recepimento della legge Delrio e adesso gridano alla necessità di cambiare la legge perché così non va. Questa è dissociazione mentale esercitata sulla pelle e sulla disperazione di una Sicilia che non ha di certo bisogno di leggi elettorali, ma di pane e lavoro”.

Aggiornamento ore 19,15

 

Dichiarazione del parlamentare regionale Giovanni Greco (Mpa)

“Il Governo regionale ha fissato per il 26 febbraio la data delle elezioni dei Liberi Consorzi e delle Città Metropolitane, così come previsto dalla legge regionale vigente. Nel corso dei lavori d’Aula è emersa la volontà di tornare all’elezione diretta, popolare, dei presidenti e della giunta dei Liberi Consorzi con una richiesta di rinvio delle elezioni medesime per adeguarsi all’attesa normativa nazionale anche a seguito dell’esito dei quesiti referendari”.

Sono favorevole al ritorno all’elezione diretta, ma fermamente contrario al rinvio e non si può accettare che l’attuale dibattito sia solo un tentativo di rinviare le elezioni di secondo livello. Il vuoto amministrativo e la carenza di risorse finanziarie causati dall’abolizione delle Provincie ha determinato, per altro, la paralisi di servizi essenziali per i cittadini quali la viabilità, l’edilizia scolastica superiore e l’assistenza per studenti disabili”.

“Il ministro per gli Affari Regionali e Autonomie, Enrico Costa, da canto suo, ha sottolineato la necessità di rivedere la legge vigente e di ritornare all’elezione diretta del presidente e degli organi della Provincia e questo potrebbe spingere l’Aula a rinviare la data delle elezioni. Ci aspettiamo che gli Organi dei Liberi Consorzi, individuati tra i sindaci e i consiglieri comunali già eletti svolgano la loro attività  a titolo gratuito nella logica della spendig review”.

Una domanda all’onorevole Greco: ma quali risorse finanziarie dovrebbero tagliare ancora le ex Province?  

 

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