“Lo Stato dichiara guerra alla Sardegna: vige la regola della prepotenza”

27 dicembre 2016

Infuria la polemica in Sardegna dopo che il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge istitutiva della Agenzia sarda per le entrate. Quanto sia importante regionalizzare l’ente di riscossione lo sappiamo anche in Sicilia grazie alle denunce della Corte dei Conti che ha accusato l’Agenzia delle Entrate di trattenere unilateralmente tributi che ci spetterebbero. Ma a differenza di Cagliari, a Palermo il Parlamento isolano non lavora per tutelare gli interessi dei Siciliani…

E’ l’unico strumento che garantisce l’attuazione dell’Autonomia finanziaria e la sua mancanza determina un ibrido, una Autonomia, di fatto, azzoppata. Parliamo di una agenzia delle entrate locale, in capo cioè al governo regionale non a quello nazionale.

Della sua importanza sono ben consapevoli anche in Sardegna, tant’è che il Consiglio regionale con un coraggio ignoto in Sicilia- evidentemente quell’istituzione che equivale alla nostra Assemblea regionale è al servizio del territorio e dei cittadini sardi- ha approvato una legge che istituisce l’Agenzia Sarda per le entrate. La legge non prevede l’incasso tout court di tutti i tributi maturati in Sardegna, ma mette in moto un processo che, attraverso intese con lo Stato, mira ad ampliare i diritti di riscossione della Regione sarda.

Troppo bello per essere vero: il Consiglio dei Ministri, come sempre nemico delle Autonomie sancite dalla Costituzione e dagli appetiti irrefrenabili, nella seduta del 23 Dicembre ha impugnato il testo. Cosa che, come prevedibile, ha suscitato forti polemiche:

“Il Governo dei bocciati ha assunto come primo atto una decisione dichiaratamente di guerra e ostile nei confronti della Sardegna, cioè impugnare una norma uguale a quella vigente nella Provincia di Trento perché fatta dalla Sardegna, la Regione che ha bocciato questo governo di figure inesistenti”, dice l’assessore regionale dei Lavori Pubblici, e presidente del Partito Dei Sardi, Paolo Maninchedda. Che aggiunge:

“Interpreti della clausola di supremazia prevista dalla riforma costituzionale Renzi, hanno applicato la regola della prepotenza – attacca – il Governo italiano è nemico della Sardegna, come abbiamo sempre detto dall’inizio della legislatura, poco ascoltati. E’ lo stesso Governo che determina l’incremento di spesa in sanità, ma non la riduzione degli accantonamenti per la Regione Sardegna. Noi chiederemo che la Giunta si costituisca in giudizio di fronte alla Corte Costituzionale e attraverseremo la Sardegna a raccontare la slealtà dello Stato italiano”.

Meno pessimista l’assessore regionale della Programmazione, Raffaele Paci, che minimizza:

“La legge che istituisce l’Agenzia delle Entrate è pienamente operativa in ogni sua parte e quindi va avanti, perché l’impugnazione riguarda solo una norma di prospettiva, ovvero l’eventuale, futura riscossione diretta dei tributi regionali, una norma in prospettiva scritta nell’articolo 3 nel pieno rispetto delle leggi nazionali e con la clausola specifica di un preliminare e indispensabile accordo con lo Stato”.

Drastici gli indipendentisti di Sardigna Natzione Indipendentzia che parlando di “un colpo di spugna a quel poco che si è tentato di aggiungere, nei pochi spazzi vuoti, nella lavagna costituzionale che sancisce a nostra sudditanza. Ha voluto, il governo, ricordare che per tutelare i propri interessi e mortificare quelli dei sardi non ha bisogno di nuove Clausole di Supremazia in quanto ha già gli strumenti e la prepotenza necessaria per farlo”. 

Per questo movimento è stato un errore votare al referendum: Sardigna Natzione Indipendentzia, non ha votato ed ha invitato i sardi a non votare il referendum inganno, per dare un vero segnale di ribellione alla sudditanza. Se quel segnale di ribellione ci fosse stato, il governo amico avrebbe capito che la fune della sudditanza era già troppo tesa e con quella impugnazione umiliante, si sarebbe potuta spezzare”.

La parola ora passerà alla Corte Costituzionale.

In Sicilia, come accennato, questo coraggio da parte del Parlamento dell’Isola non c’è mai stato. Anzi, al contrario, a Palermo si approvano norme statali che riducono competenze e diritti di riscossione: emblematico l’accordo Stato-Regione dello scorso 20 Giugno -approvato dall’Ars- che, oltre a ridimensionare i diritti sui tributi (le risorse maturate in Sicilia vanno solo in piccola parte alla Regione, e solo per qualche briciola agli enti locali; per il resto, sono tutte assorbite dallo Stato), prevede pure la rinuncia ai contenziosi con lo Stato, la rinuncia, cioè, ad incassare quelle risorse che la Sicilia avrebbe potuto incassare grazie ai pronunciamenti favorevoli della Corte Costituzionale (si parla almeno di 4 miliardi, una follia in un momento in cui la Regione vive una crisi di liquidità senza precedenti che si riversa su tanti settori e su tanti lavoratori).

Un’Agenzia delle Entrate Siciliana è prevista dallo Statuto siciliano, ma è dai tempi del primo Presidente della Regione, Giuseppe Alessi, che nessuno fa valere questa prerogativa.

I risultati? Non solo sono sotto gli occhi di tutti, ma sono stati stigmatizzati anche dalla Corte dei Conti della Sicilia che ha accusato l’Agenzia delle Entrate Nazionale di trattenere “unilateralmente” (che tradotto significa con prepotenza e arroganza, contro le previsioni costituzionali) tributi che spetterebbero ai Siciliani. Un furto che, per i magistrati contabili, “priva conseguentemente la Regione della liquidità necessaria per fare fronte alla chiusura del programma comunitario e ai pagamenti della PP.AA”.

La Sicilia rimane senza un Euro mentre lo Stato ingrassa con i soldi dei Siciliani. Grazie alla complicità dei nostri politici.

Qui sotto l’articolo in cui parliamo della denuncia della Corte dei Conti:

L’Agenzia delle Entrate affama la Sicilia: ecco la delibera della Corte dei Conti

 

 

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