Le Madonie? Sedotte e abbandonate…

12 dicembre 2016

Alcuni buyer tedeschi hanno mostrato grande interesse per la qualità dei prodotti madoniti, ma sono rimasti spiacevolmente colpiti dallo stato di abbandono del territorio: immondizia, rottami, eternit. Il racconto di Vincenzo Allegra, presidente del ‘Comitato popolare per la salvaguardia del territorio Madonita’ che sottolinea come enogastronomia e tutela dell’ambiente devono necessariamente andare di pari passo…

Da Vincenzo Allegra, presidente del ‘Comitato popolare per la salvaguardia del territorio Madonita’, riceviamo e volentieri pubblichiamo:

“Un amico che lavora nell’agroalimentare, qualche tempo fa mi contatta per dei buyer tedeschi che volevano acquistare vini, formaggi pecorini e salumi nel territorio delle Madonie. Prima di visitare stabilimenti e caseifici hanno voluto fare un giro nel territorio. Sono stati portati nei luoghi più suggestivi e alla fine del tour è stato offerto loro un pranzo in una azienda pastorale.

Alla conclusione del viaggio uno di loro ha detto:“I prodotti sono buoni ed interessanti, il paesaggio è stupendo con gli animali al pascolo, però ho notato che lungo le strade vi sono cumuli di immondizia, rottami di auto abbandonate, eternit ecc …. Mi dispiace, ma questo dovrò scriverlo nel mio rapporto”.
Quando si discute di paesaggio, di normative, sfugge il valore che esso ha nella produzione di cibo. Non si considera quanto contribuisca al prezzo finale .
L’eccellenza di alcune regioni meridionali trovano più difficoltà ad imporsi perché spesso vengono associate ad un terra inquinata dalle discariche, sfregiata dall’urbanizzazione selvaggia. Secondo noi tra turismo rurale e l’indotto creato dall’enogastronomia tipica, le nostre campagne valgono più di dieci miliardi l’anno. Il valore però potrà essere tenuto e accresciuto se si salvaguarda la vocazione principe dei terreni agricoli: la produzione di cibo. Se questa avviene in un ambiente bello e suggestivo. Allo stesso tempo è in continua crescita il segmento dei consumatori etici, attenti alla qualità dei prodotti, alle pratiche agronomiche, agli ambienti rurali, come dimostrano quei buyer tedeschi. Tendenza che con la crisi aumenterà, si comprerà di meno e si sceglierà meglio.

La difesa della terra e la produzione di cibo sono sempre più strategiche.

Bisognerà fare di tutto per salvare la nostra terra dall’ immobilismo e dall’incapacità tecnico- politica, ormai devastante .
Vi è sempre più il bisogno di guardare in faccia il produttore. La fiducia la si darà a chi si conosce e non solo ad un marchio. Il cibo sarà il fulcro sul quale ruoteranno, come in altri tempi, i sistemi di economia locale, le tradizioni culturali ed artistiche.
La Sicilia si trova ad avere un vantaggio competitivo per l’agricoltura del futuro. Bisogna, però, prima superare la crisi devastante di oggi.

La politica europea, in questi anni, ha favorito non chi coltiva, ma chi specula.

La scarsa remunerazione delle produzioni sta facendo il resto. Un abbandono progressivo della campagna che ha implicazioni perfino sul nostro senso di appartenenza. Eppure è lì che si gioca il nostro futuro”.

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