La ‘sviolinata’ della Regione sui grani antichi: e dei problemi veri? Prezzi bassi, micotossine, glifosato? Nulla!

10 dicembre 2016

La nave della granicoltura siciliana affonda. E l’assessore regionale Antonello Cracolici e i suoi valenti collaboratori che cosa fanno? Suonano e ballano, come l’orchestra del Titanic poco prima di inabissarsi nell’Oceano. Gli agricoltori dell’Isola sono alla canna del gas, ma in compenso la Regione si balocca con i grani antichi. Tema nobile, per carità. Il problema è che le navi cariche di grano duro tossico continuano ad arrivare nel nostro Paese, avvelenando anche i bambini con derivati del grano pieni di sostanze dannose per la salute

I produttori di grano duro della Sicilia sono in grande difficoltà, tra prezzi bassi e grano duro di pessima qualità che arriva dall’estero. E che fa il Governo regionale rispetto a questa crisi?

Uno ‘scoppiettante’ comunicato stampa dell’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, annuncia che è stato firmato “il decreto per la nomina della nuova ‘Commissione tecnico scientifica di valutazione delle richieste di iscrizione al Registro nazionale delle sementi – sezione varietà da conservazione“.
“Con l’istituzione della nuova Commissione – si legge sempre nel comunicato di Cracolici – sarà possibile riattivare i processi di iscrizione e certificazione per le varietà autoctone siciliane, in particolare per la valorizzazione dei ‘grani antichi’, e dare alle nostre aziende la possibilità di commercializzare i grani siciliani e i prodotti ottenuti dalla loro trasformazione, garantendo il consumatore sulla tracciabilità e le qualità organolettiche”.
La filiera dei grani antichi rappresenta una grande occasione di sviluppo per la nostra agricoltura soprattutto nelle aree marginali interne – continua Cracolici -. Il grano biologico e i prodotti trasformati di qualità certificata, uniti alla straordinaria forza comunicativa del made in Sicily possono intercettare una domanda crescente nel mondo ed aprire nuovi spazi di mercato”.
“L’iscrizione delle varietà da conservazione al Registro – leggiamo sempre nel comunicato – avviene per iniziativa del Ministero, delle Regioni o su richiesta di enti pubblici, istituzioni scientifiche, organizzazioni e aziende. Secondo il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), organismo responsabile della certificazione delle sementi, nel 2015, su 290.000 ettari seminati a grano duro (supponiamo che si parli della Sicilia ndr), le superfici coltivate a grani antichi oscillano dai 3 ai 5 mila ettari”.
“Stiamo lavorando per imprimere un’accelerazione alla costruzione di una filiera dei grani antichi – dice sempre Cracolici – partendo dal patrimonio di varietà conservate presso la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura di Caltagirone e dai contributi dei centri di ricerca e del mondo scientifico.”
Ecco i nomi dei componenti della Commissione Commissione tecnico scientifica di valutazione delle richieste di iscrizione al Registro nazionale delle sementi – sezione varietà da conservazione:
Dott. Gaetano Cimò – Dirigente generale Dipartimento Regionale Agricoltura, nominato presidente;
Dott. Rosario D’Anna, Dirigente Dipartimento Agricoltura con competenze fitosanitarie, delegato a sostituire il Presidente in caso di  assenza o impedimento;
Dott.ssa Claudia Miceli – CREA- SCS;
Prof Gaetano Amato, esperto in materia di produzione sementiera;
Dott. Paolo Guarnaccia, esperto in materia di agro-biodiversità;
Prof. Dario Giambalvo, esperto in materia di coltivazioni erbacee;
Dott. Umberto Anastasi, esperto in materia di coltivazioni erbacee;
Sebastiano Blangiforti, rappresentante Stazione consorziale sperimentale di granicoltura;
Dott. Giuseppe Russo, rappresentante del Consorzio di ricerca “Gian Pietro Ballatore”;
Sergio Calascibetta, funzionario direttivo Dipartimento regionale Agricoltura.
Abbiamo chiesto a Cosimo Gioia, agricoltore siciliano, produttore di grano duro e già dirigente generale del dipartimento Agricoltura della Regione cosa pensa di questa iniziativa del Governo regionale.

“Per carità – ci dice Gioia – meritevole l’iniziativa sui grani antichi e sul biologico, ma assolutamente sbagliato il bersaglio. Non era questo quello che gli agricoltori siciliani si aspettavano dal Governo regionale, bensì un intervento concreto sul mercato e sui controlli del grano importato. I grani antichi ed il biologico rappresentano un’iniziativa importante, ma che si riduce ad una nicchia di mercato che non può risolvere il problema del grano duro della Sicilia”.

Si tratta di varietà, osserva Gioia, che “possono arrivare a produzioni bassissime rispetto ai grani moderni e, poi, a quanto si vendono?”.

Domanda legittima, perché non sempre coltivare un grano antico è remunerativo: chi l’acquista dovrebbe pagarlo il doppio, se non il triplo rispetto a un normale grano duro: altrimenti cosa ci guadagna chi lo produce?

“Non è questo che ci aspettiamo da un’assessore competente – osserva sempre Gioia -. Il problema è un altro e molto più grande”. Oggi, dice sempre Gioia, “per valorizzare la cerealicoltura siciliana bisogna difendersi dalle importazioni selvagge di cereali pieni di micotossine e di residui di gliphosate (o glifosato) che nocciono alla nostra salute e a quella dei nostri bambini”.

Il riferimento è al grano duro estero che arriva con le navi: grano pieno di micotossine e glifosato. Grano duro che viene venduto a 18 Euro al quintale. Un prezzo che ‘uccide’ il grano duro prodotto nel Sud Italia, che è uno dei migliori del mondo sotto il profilo della qualità.

“Noi produttori – sottolinea ancora Gioia – ci organizziamo per vendere il nostro grano duro a 24-25 Euro per quintale. E già è un prezzo basso, che ci lascia margini minimi. Poi, com’è successo la scorsa estate, ci ritroviamo con il prezzo del grano duro a 14-15 Euro per quintale. In pratica, dovremmo vendere il nostro grano duro perdendoci. E la Regione siciliana, fino ad ora, che ha fatto? Che ha fatto l’assessore Antonello Cracolici? Giusto occuparsi dei grani antichi. Ma c’è anche la realtà dei produttori. Noi, dal Governo regionale, ci aspettavamo la dichiarazione dello stato di crisi. Ma questa dichiarazione non è arrivata”.

Nel frattempo, prosegue Gioia, nel nostro Paese continuano ad arrivare le navi cariche di grano duro canadese. Grano che “viene spacciato per grano ad uso zootecnico che nessuno controlla e che poi, come per miracolo, viene miscelate ai grani duri nostri per la produzione di pasta”.

“Quello di cui parla l’assessore – incalza Gioia – è uno specchietto per le allodole per provare a calmare il nostro mondo. Ma noi non ci caschiamo. Si informi con i suoi consulenti, l’assessore Cracolici, visto che non è la sua materia. E cerchi di centrare il problema. Bisogna attivare i controlli scientifici sui grani duri che arrivano nel nostro Paese e quindi anche su quelli che arrivano in Sicilia. Trasferendo i dati ai NAS. Non ci vuole molto con tutti i laboratori di analisi di cui dispone la Regione. E poi la Regione deve lavorare per fare conoscere al mondo intero la salubrità del nostro prodotto. Solo così si potrà promuovere il grano duro siciliano”.

A questo punto Gioia solleva un problema che le ‘autorità’ del nostro Paese tengono nascosto: la pasta industriale che oggi viene utilizzata anche per il nutrimento dei bambini. Pasta che andrebbe controllata accuratamente, per accertarsi che non contenga né residui di glifosato, né micotossine.

“Qualunque mamma, conoscendo i dati, non avrebbe dubbi su quale pasta dare al proprio bambino”, osserva sempre Gioia. Insomma, bisogna voltare pagina. Serve un progetto serio che servirebbe sia al rilancio del grano duro siciliano, sia alla tutela della salute delle persone, a cominciare dalla salute dei bambini, spesso alimentati con pasta non controllata.

Il tutto per non creare problemi alle multinazionali che operano con i derivati del grano.

“Bisogna avere la volontà per fare chiarezza su temi così delicati e importanti – conclude Gioia – ma sembra che questa volontà non ci sia. L’assessore Cracolici si informi con il consorzio ‘Ballatore’, che su tale argomento ha un progetto del 2009, firmato da me, ai tempi in cui ricoprivo il ruolo di dirigente generale del dipartimento Agricoltura. I grani antichi sono utili, ma rappresentano una piccolissima percentuale di quello che in Sicilia si semina, poi del biologico non ne parliamo che e’ meglio… Susciterei polemiche, ma questo è quello che penso io…”.

Altro tema spinoso: le produzioni biologiche della Sicilia tanto celebrate che…

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