Mattarella, Grasso, Alfano, Faraone: i Siciliani non si sentono rappresentati

5 dicembre 2016

La Sicilia, che a Roma esprime le massime cariche dello Stato e deputati molto noti, dovrebbe sentirsi in una botte di ferro. Invece si sente abbandonata. E lo ha dimostrato ieri. In effetti questi personaggi qualche spiegazione dovrebbero darla. Vediamo perché…

Nella nostra Isola il 71,58% degli elettori ha rimandato al mittente la riforma costituzionale. Insieme con la Sardegna (dove i No sono stati il 72,78%) la nostra è la regione che ha riservato lo schiaffo più sonoro al Governo Renzi.

Un dato che la dice lunga sulla totale mancanza di fiducia nei confronti di una classe politica che pretendeva di cambiare la Costituzione e sul malessere che regna nelle due maggiori Isole, talmente acuto da riportare una valanga di persone alle urne: l’affluenza in Sicilia ha sfiorato il 56,5%, un record. In Sardegna ha superato il 62%.

Un NO che in Sicilia fa ancora più rumore, perché la nostra Isola, in teoria, a Roma è più che rappresentata: siciliano è il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, siciliano è Pietro Grasso, Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, siciliano è pure il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Tre Siciliani al vertice delle istituzioni italiane. Per non parlare della nutrita schiera di deputati che, fino a ieri, erano convinti di potere fare il bello e il cattivo tempo: uno su tutti, Davide Faraone, sottosegretario all’Istruzione e considerato il plenipotenziario di Renzi in Sicilia.

Ebbene, in teoria, con una tale rappresentanza, la Sicilia dovrebbe sentirsi in una botte di ferro. La realtà dimostra che non è così. I Siciliani non si sentono affatto rappresentati. E, il voto di ieri, ne è l’ennesima prova.

Cominciamo dal primo. Conosciamo il ruolo del Presidente della Repubblica e, va da sé, nessuna si aspetta da lui una partigianeria regionale. Ma è innanzitutto un garante del rispetto della Costituzione e dell’Unità d’Italia. Tra i suoi poteri, ad esempio, c’è quello di rimandare le leggi alla Camera in caso di manifesta incostituzionalità. Non lo ha mai fatto. Neanche quando era chiaro che un provvedimento fosse estremamente dannoso per la Sicilia. Il riferimento, ad esempio, è al famigerato accordo Stato-regione dello scorso 20 Giugno, un pasticcio che toglie diritti statutari – quindi costituzionali- alla nostra Isola e che, per essere incastonato in una legge nazionale, ha seguito un iter truffaldino (l’intesa è stata firmata prima dal Presidente della Regione che, all’oscuro di tutti, ha preso impegni anche nel nome del Parlamento Siciliano- cosa che non può fare. Solo dopo, gli ascari dell’Ars l’hanno approvata. Poi è stata inserita in una legge nazionale ordinaria -altra assurdità visto che per cambiare le previsioni statutarie è necessaria una legge costituzionale- e solo alla fine è passata dalla Commissione paritetica. Tutto il contrario di quanto doveva essere fatto).

Ebbene, in tutti questi oscuri passaggi, Mattarella non ha fiatato e poi ha firmato la legge. Non solo. E’ pure sordo ai continui richiami della Corte dei Conti siciliana che rimprovera allo Stato “slealtà’ nei rapporti con la Sicilia (Roma continua a trattenere tributi che spettano alla Sicilia, con i quali, a detta dei magistrati contabili, si potrebbero ad esempio risolvere i problemi di liquidità dei Comuni). Quale Unità d’Italia rappresenta se rimane indifferente ai soprusi che una parte d’Italia subisce dallo Stato centrale? Dubbio che potrebbe essere condiviso da tutto il Sud Italia visto che alla questione meridionale dedica qualche sporadica e tiepida frase.

 Che dire di Grasso? Che sia siciliano lo deduciamo dalla sua carta d’identità, perché anche lui, nei limiti dei suoi poteri (che non sono pochi) sulla Sicilia non fiata e come Mattarella, non si ‘accorge’ di tutti i danni che questo Governo provoca alla sua terra. Mai un richiamo, un voto contrario, neanche una dichiarazione. C’è, ma è come se non ci fosse.

Alfano, invece, c’è, eccome. Ha riempitola Sicilia di centri d’accoglienza per gli immigrati, abbandonato i Comuni che devono sostenere le spese per l’accoglienza dei minori e non solo (ricorderete tutti la sonora protesta del sindaco di Pozzallo che quest’estate ha invitato Renzi e ad Alfano a non presentarsi mai più alla sua porta), riempito le strade delle città siciliane di migranti clandestini (sono, per lo più, come ha denunciato la Commissione d’inchiesta parlamentare sul fenomeno dell’immigrazione, migranti che non hanno diritto all’asilo politico, che dovrebbero essere rimpatriati ma che vengono semplicemente abbandonati con un foglio di via alla prima stazione). L’Europa  non gli ha mai riconosciuto nessuna autorevolezza se è vero che non è mai intervenuta per aiutare l’Italia a gestire il fenomeno, trasgredendo anche al patto per la ricollocazione che, evidentemente, è servito solo a fare un po’ di propaganda. Non ultimo, le manganellate ad ogni manifestazione di protesta in tutta Italia, Sicilia inclusa, che con lui sono diventate una regola. Per il resto, va da sé, silenzio sui provvedimenti ‘frega Sicilia’.

Faraone si commenta da solo. A lui (e a Fausto Raciti, segretario regionale del PD), Renzi dovrebbe chiedere i danni per la debacle del suo referendum in Sicilia. Del Premier ha copiato l’arroganza, ma per quanto Renzi non brilli per statura politica, Faraone è solo una sua pallida ombra. Gli ha messo contro la scuola siciliana (e non solo), ha dato prova di ‘fiuto’ e ‘buon governo’ anche con la gestione dell’assessorato regionale all’Energia e I Rifiuti (dove ha piazzato la fedelissima Vania Contrafatto), dove si è cambiato tutto, per non cambiare niente. L’elenco potrebbe continuare. Basta ricordare che è tra i registi dell’accordo Stato-regione.

Ma il punto è uno: i Siciliani- considerati evidentemente stupidi-  non sono stanchi della politica, ma della politica che non li rappresenta. E lo hanno dimostrato anche col voto di ieri.

 

 

 

 

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