Ogni anno 100 mila giovani lasciano il Sud. Di questi, 25 mila sono siciliani

25 novembre 2016

Al di là delle chiacchiere che raccontano, i giovani, nel Mezzogiorno d’Italia – e in Sicilia in particolare – non trovano lavoro. Di fatto, ‘Le Giornate dell’Economia del Mezzogiorno’ – appuntamenti che si concludono domani – hanno certificato il fallimento delle politiche del lavoro da parte del Governo Renzi e del Governo regionale di Rosario Crocetta. In tanti prendono la laurea e vanno via. Il risultato è anche l’invecchiamento della popolazione del Meridione 

La Sicilia è terra di talenti e idee. Ma è anche l’Isola da cui si scappa di più perché non offre l’energia capace di trasformare i progetti in azioni.

Da un lato, infatti, la Sicilia è la quinta regione più innovativa in Italia, dopo Campania, Lazio, Lombardia e Puglia; dall’altro, l’assenza di lavoro costringe ogni anno 25mila giovani a trasferirsi al di là dello Stretto.

Un evidente paradosso che mortifica le potenzialità dei giovani siciliani, ‘colpevoli’ di essere nati non nel momento ma nel posto ‘sbagliato’. E non certo per la Sicilia in sé, ma per tutte quelle condizioni storiche, sociali ed economiche che hanno determinato la mancanza di offerta per una domanda che, se soddisfatta, migliorerebbe (e di tanto) la vita presente e futura di ognuno di noi.

Questa contraddizione è emersa nel corso delle Giornate dell’Economia del Mezzogiorno, che si stanno svolgendo a Palermo e che si concluderanno domani, sabato 26 novembre.

Come scritto, infatti, sono stati diffusi dati sulla carta positivi, come la nascita di 1.803 imprese nel terzo trimestre di quest’anno e l’alto numero di start-up giovanili.

Tuttavia, “sono solo due milioni e mezzo i siciliani che lavorano e servirebbe un salto occupazionale di almeno un milione di posti in più – ha sottolineato Sebastiano Bavetta, professore di Scienze Economiche all’Università degli Studi di Palermo – e servirebbe un salto occupazionale di almeno un milione di posti in più”.

A causa, poi, dei già citati 25mila giovani che lasciano la Sicilia ogni anno, c’è anche un’altra conseguenza: “la Regione diventa sempre più vecchia e cresce la percentuale di over 75”.

I NUMERI DELL’ESODO

La fuga dei giovani dalla Sicilia – e, in generale, dal Sud – è stata certificata anche da altri numeri, diffusi nel marzo scorso durante una riunione dei consulenti del lavoro, che si è svolta a Sciacca.

In quell’occasione, il vicepresidente nazionale dei consulenti del lavoro, Vincenzo Silvestri, ha spiegato che nel 2015 “nella fascia d’età fra i 15 e i 24 anni si sono persi 7mila posti di lavoro rispetto al 2015, e addirittura in quella compresa fra 35 e 49 anni, il calo è stato di 69mila unità. A gennaio, per di più, il tasso di disoccupazione giovanile è risalito al 39,3%”.

Ma come… il governo non va a dire qua e là di avere creato chissà quanti posti di lavoro?

Silvestri ha svelato facilmente l’arcano: “L’aumento dell’occupazione nel 2015 registrato dall’INPS, dall’ISTAT e dal governo riguarda prevalentemente gli over 50, per via dell’innalzamento dell’età pensionabile e delle trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti precari: nel 2015, in Italia, dei 764.129 rapporti di lavoro a indeterminato in più rispetto al 2014, ben 578.081 sono trasformazioni; in Sicilia, su 33.204 posti stabili in più, ben 18.123 sono trasformazioni e solo circa 7mila sono le assunzioni di giovani”.

Insomma, da Roma – come spesso capita quando ci sono da sciorinare numeri – giungono più proclami che verità oggettive.

Anche perché, ha sottolineato sempre il presidente dei consulenti del lavoro “ogni anno 100mila giovani, pari ad una città intera, lasciano il Sud e vanno all’estero o per conseguire un titolo universitario più facilmente spendibile o per lavorare” e le mete più gettonate sono Inghilterra, Germania, Spagna, Romania, Balcani, Paesi Arabi e Cina.

CITTÀ SICILIANE SEMPRE MENO GIOVANI

A causa, quindi, dell’assenza di opportunità, stabilità e prospettive, i giovani lasciano la propria terra, arricchendo così il tessuto economico (e i consumi) di altri Paesi lontani.

Un fenomeno che, in Sicilia, sta colpendo soprattutto alcuni Comuni della provincia di Agrigento, come Aragona, Favara, Licata e Palma di Montechiaro, dove si registra un alto tasso di migrazione, paragonabile a quello avvenuto agli inizi del secolo scorso. Agghiacciante anche il dato della provincia di Caltanissetta – qui la fonte – dove ogni 10 mila residenti, 52 persone hanno fatto le valigie per il Nord Italia.

Chi va via sono soprattutto laureati e diplomati che, nonostante gli studi svolti, preferiscono lasciare la propria città e andare dovunque possano avere un lavoro dignitoso, anche se non conforme alle conoscenze acquisite a scuola o all’università e si scelgono le mete del Nord, soprattutto Emilia Romagna e Trentino Alto Adige.

Ciò ovviamente non è solo prova di ciò che, ahinoi, si sa da decenni – ovvero l’assenza di politiche capaci di creare lavoro ‘autoctono’ – ma anche di una conseguenza sociale non di poco conto: il progressivo invecchiamento della popolazione di quei Comuni siciliani dove per restare l’orgoglio non basta in più, dal momento che può riempire il cuore di amor per la propria terra, ma non il frigorifero.

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