Perché voterò No al referendum del 4 dicembre

24 novembre 2016

“Se voi lascerete sfuggire il momento in cui alcuni sciagurati stanno per commettere qualche malvagità contro la patria, non vi sarà possibile far loro pagare la pena quando abbiano già commesso il delitto: essi ormai saranno troppo forti per temere la punizione da parte delle loro vittime” (Licurgo)

Io voto no.

Non soltanto per coerenza con una mia precedente votazione nel referendum sulla riforma costituzionale voluta da Berlusconi e che aveva lo stesso tasso di eversione democratica di questa.

Non soltanto perché è una menzogna che il bicameralismo perfetto allunghi i tempi (quando vogliono i nostri 945 parlamentari sono capaci di approvare una legge in mezza giornata: è il caso dell’aumento dei loro appannaggi o quando si tratta di attribuirsi nuovi privilegi).

Non soltanto perché il quesito referendario è ingannevole e artatamente fuorviante.

Per esempio: che significa fine del bicameralismo paritario, se non che una camera è sovrana e l’altra è un bivacco di manipoli?

Oppure che diminuiscono i costi della politica, quando questo risultato può ottenersi riducendo consistentemente i privilegi e tutti gli appannaggi, con una legge ordinaria che può approvarsi in mezza giornata? E per inciso, con  gli impiegati del Senato che costano un ‘botto’ e che oggi lavorano a tempo pieno per 315 senatori, quando lavoreranno una tantum per 100 senatori che facciamo? Ne licenzieranno i due terzi superflui e ridurranno gli  stipendi dei sopravvissuti di 2 terzi, come sarebbe giusto? Figuriamoci!!E stiamo parlando di milioni di Euro!

Io voterò no, non soltanto perché questa riforma attribuisce al governo nazionale una clausola di supremazia sulle Regioni, clausola assolutamente arbitraria e affrancata da cogenti motivazioni delle quali giudice è solo il governo nazionale stesso, con ciò compromettendo il democratico confronto tra le componenti costituzionali della Repubblica (Stato, Regioni, Città metropolitane e Comuni).

Non soltanto perché contiene una norma che è l’anticamera della fine dell’Autonomia della mia Regione, che è cosa certa  se le modifiche al nostro Statuto dovessero essere frutto di un’intesa tra uno Stato che negli anni si è comportato in modo sleale con la Sicilia, e gli attuali politicanti regionali e l’attuale governo regionale che si sono venduti a Renzi e che hanno svenduto allo stesso Renzi la nostra autonomia tributaria in cambio della loro sopravvivenza politica.

Non soltanto perché, essendo stata votata da una classe politica assai inferiore per qualità e storia politica e personale ai padri della Costituzione in vigore, è sicuro che questa riforma è assai peggiore di quella che si vorrebbe cambiare.

Non soltanto perché per una piramidale svista del Legislatore tutte le Regioni nei cui Statuti è prevista l’incompatibilità tra l’ufficio di consigliere regionale e quello di senatore non avranno rappresentanza nel nuovo Senato (e tra queste la Sicilia). Anche se il danno in atto sarebbe minimo, tenuto conto che il Senato previsto dalla riforma costituzionale voluta dal governo Renzi e approvata dal Parlamento di ‘nominati’ è degradato al rango di una specie di dopolavoro.

L’infortunio però la dice lunga sulle capacità tecnico-giuridiche del nostro attuale legislatore.

Non è solo per questi motivi di per sé sufficienti e determinanti che io voterò no.

Io voterò no soprattutto perché questa legge porta in sé un vizio insanabile. Essa è priva di legittimazione politica e morale.

La nostra Costituzione è nata  quando lo Stato, ritrovando in se stesso la forza per rimettersi in piedi dopo la tragedia della II guerra mondiale, ha costituito al suo interno l’Assemblea costituente, con il compito di dare al Paese una nuova carta costituzionale.

“Dal giorno della sua entrata in vigore quella Carta è il vero sovrano nel Paese. Non lo è lo Stato, né il popolo, tutti essendo ad essa sottoposti in occasione dell’esercizio dei poteri dalla stessa riconosciuti”.

I costituenti furono eletti dal popolo per redigere la Carta costituzionale ed essi sapevano quello che li attendeva, erano consapevoli della gravità e grandiosità del compito e della sua importanza; il popolo che li elesse sapeva chi votava e perché li votava. Non per nulla solo il 5,5% dei costituenti era privo di laurea, contro il 30% di oggi e questo in quest’aula deve avere un senso.

La nuova Costituzione fu progettata da una elite. Da un  gruppo compatto di intellettuali e di politici quali mai l’Italia aveva avuto in passato e che oggi con il Porcellum non potrebbe mai esserci. E  infatti non c’è. Desidero citare alcuni di loro sui cui testi tanti come me si sono formati: Perossi, Mortati, Giannini, Calamandrei.

I governi che si succedettero negli anni in cui la Costituente lavorò non si permise  mai di mettere becco nei lavori stessi. Mai il Presidente del Consiglio, né alcun ministro furono presenti in Aula o nelle commissioni. Il loro rispetto per i costituenti fu massimo, nella forma e nella sostanza.

Io voterò no perché questa riforma, come quella berlusconiana, è stata voluta dal governo, il governo l’ha presentata, l’ha difesa, ha costretto la sua maggioranza ad approvarla, ha paralizzato l’Italia in questa prova di forza. E quale governo, poi! Chi lo ha votato? Non certo il popolo sovrano.

Un senescente dittatorello a fine corsa che meglio avrebbe onorato la sua avanzata vecchiaia andandosene come Diocleziano a coltivare cavoli, ha giocato con la Costituzione che aveva il dovere istituzionale di difendere, nello spirito e nella lettera, e così, invece di imporre al Parlamento di approvare una nuova legge elettorale che facesse cessare gli effetti collaterali indesiderati del Porcellum, bandito dal mondo giuridico perché incostituzionale, ha consentito la formazione a tavolino di due nuovi governi, tradendo lo spirito della volontà elettorale maggioritaria, questa sì voluta dal Paese con un referendum.

E così un Parlamento a maggioranza squalificata ha approvato una legge costituzionale che oggi è sottoposta al nostro giudizio di elettori, al vostro giudizio.

Io voterò no perché è profondamente e politicamente scorretto legare la propria sorte politica ad un sì o un no, su un documento che va al di là dei nostri miserevoli destini, e chi lo fa è un piccolo politicante che si è aggrappato sulle spalle degli statisti che scrissero la nostra Carta e che con la sua vanitosa presa di posizione ha di fatto inquinato e distorto la campagna referendaria; e perché, qualunque sarà l’esito del voto, il Paese ne uscirà diviso. E ciò non è bene.

Perché quest’ esercizio di forza? Perché questa esibizione di muscoli? E’ di questo che aveva e ha bisogno il Paese? La Storia a venire risponderà.

Io, infine voterò no perché, come dice Licurgo, il grande legislatore spartano:

“Se voi lascerete sfuggire il momento in cui alcuni sciagurati stanno per commettere qualche malvagità contro la patria, non vi sarà possibile far loro pagare la pena quando abbiano già commesso il delitto: essi ormai saranno troppo forti per temere la punizione da parte delle loro vittime”.

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