Autonomia: una “tappa” o una “trappola”? Il pensiero dei giovani indipendentisti Baschi e Corsi

11 novembre 2016

Ieri a Palermo, nella sede del centro sociale Ex Karcere, interessante dibattito sull’indipendentismo con due ospiti d’eccezione: François Santoni per Corsica Libera e Joritz Larraza, militante indipendentista di Euskal Herria. La consapevolezza dei giovani siciliani su questi temi è sorprendente e dimostra che l’era delle censure è già superata…

 

Eppur si muove. Il tema dell’indipendentismo non è più un tabù e, soprattutto, non lo è più per molti giovani siciliani che stanno dimostrando di avere superato gli steccati della censura della cultura ufficiale e di quelle che, Paolo Mieli,  nel suo ultimo libro (di cui vi abbiamo parlato qua), chiama “falsificazioni della storia”. 

L’ennesima prova di quanto l’argomento ‘indipendentismo’ in Sicilia sia più vivo che mai, lo hanno dato ieri gli studenti universitari del centro sociale Ex Karcere che, insieme con il centro studi Zabùt, hanno organizzato un incontro con due ospiti ‘speciali’: due giovani indipendentisti arrivati dalla Corsica e dal Paese Basco, ovvero François Santoni per Corsica Libera e Joritz Larraza, militante indipendentista di Euskal Herria.

Il risultato è stato un dibattito frizzante, moderato da Serafino Biondo, arricchito dalle domande e dalle osservazioni degli studenti che si sono mostrati interessatissimi alla fisionomia di questi due movimenti e che non hanno mancato di fare parallelismi con la storia della Sicilia e con la sua situazione politica attuale.

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Da sinistra: Joritz Larraza, Serafino Biondo e François Santoni

Ma andiamo con ordine. L’incontro si è aperto con una panoramica dei due ospiti sul cammino di liberazione dei loro Paesi. Uno, quello della Corsica, a buon punto. In alto mare, invece, le rivendicazioni del Paesi Basco.

François Santoni, che è un esponente del partito indipendentista di Gilles Simeoni (Corsica Libera), attuale presidente dell’Assemblea di Ajaccio, ha tracciato, per grandi linee, la storia di un popolo che non si è mai arreso agli “invasori”, sin dai tempi di quello che è considerato il Padre della Patria ( U Babbu di a Patria), ovvero, il generale Pasquale Paoli, che sul finire del 1700 cacciò via i genovesi e dotò la Corsica di una Costituzione, di un esercito e di una moneta. Da allora, una lunga battaglia contro i Francesi che, ovviamente in forme diverse, è in corso ancora oggi. “La Francia, tra i Paesi occidentali, è il più accentratore. Mentre altre Nazioni riconoscono autonomia alle loro regioni, Parigi ha sempre negato ogni forma di devolution, per questo per noi la lotta è stata più dura”. Più dura, ma certamente non meno proficua. Santoni ha, infatti, ricordato il trionfo degli indipendentisti (insieme con gli autonomisti) alle elezioni regionali del 2015, definito dai media un vero e proprio terremoto politico.  Che non è arrivato da un giorno all’altro: “Ci sono voluti 40 anni, ma oggi tutto il popolo Corso è con noi”. Anni che sono stati fatti  anche di “propaganda armata, non di lotta armata come comunemente si dice. Nel senso che- spiega il giovane Corso- gli obiettivi del Fronte di Liberazione Corso non erano le persone, ma gli edifici statali, anche se certamente i morti ci sono stati”. Il FLC, come sappiamo, è uscito dalla clandestinità nel 2014 per avviare un processo di riappacificazione con Parigi.  

E adesso? “A parte la battaglia per l’amnistia ai nostri prigionieri politici che ancora la Francia non riconosce come tali, ci stiamo riappropriando piano piano delle nostre risorse economiche. Dal 2017, ad esempio, i trasporti navali saranno nazionalizzati, torneranno alla Corsica”. Interessante anche il riferimento ai sindacati della sinistra francese “che sono tutti contro di noi” e alle prossime elezioni presidenziali francesi: “Adesso vengono tutti in Corsica per mostrare aperture verso le nostre rivendicazioni, ma solo un anno fa gridarono alla scandalo quando Simeoni fece il discorso di insediamento in corso e non in francese”. 

Importante sottolineare che all’interno della compagine indipendentista (e autonomista) Corsa c’è un po’ di tutto: “Centro destra, centro sinistra e anche qualche liberale, anche se certamente non pensiamo a politiche liberiste”.

Un particolare che fa la differenza rispetto a Euskal Herria, il movimento Basco di cui ha parlato Joritz Larraza: “Noi siamo indipendentisti e socialisti. I nostri modelli sono da ricercare in Sud America, da Bolivar a Chavez”. L’obiettivo di Euskal Herria è, quindi, uno Stato socialista che dovrebbe comprendere le province dell’attuale comunità autonoma spagnola di Euskadi, la comunità autonoma di Nafarroa e le tre province del sud-ovest della Francia, quelle di Lapurdi, Zuberoa e Baxenabarre. vola

Ma il sogno dei Baschi, al momento, rimane tale. “Anche se l’Eta non esiste più, il ricordo della lotta armata è ancora troppo vivo nelle teste di Parigi e Madrid che sono completamente chiuse rispetto alle nostre rivendicazioni”.

Più di 1200 i morti di questa guerra di liberazione e 400 i “prigionieri politici” in mano ai governi di Spagna e Francia, con una repressione che non si è mai fermata: “Dopo gli attentati a New York, le misure contro di noi si sono ulteriormente inasprite. Basta un niente per arrestare un Basco”.

Larraza punta il dito senza se e senza ma anche contro Podemos: “Non solo non ci supporta, ma si è ufficialmente dichiarato anti indipendentista. Parliamo di un partito che non è veramente di sinistra, a loro piace avere attenzione mediatica. Tutto fumo e niente arrosto”. 

Facciamo notare che Podemos, per quello che ci risulta, ha, invece, mostrato aperture nei confronti della Catalogna: “Intanto si è detto a favore dell’autodeterminazione non dell’indipendenza. E, poi, è facile schierarsi con i catalani. Noi siamo considerati i cattivi…”.  Che non si arrendono, comunque. Nel Paese Basco la voglia di indipendenza “non è in discussione” così come la “consapevolezza del popolo” che continua, ad esempio, a mandare i propri bambini nelle scuole in cui si insegna la lingua basca. E sono tantissime.

Cosa che ancora non si riesce a fare in Corsica: “Sono ancora poche le scuole bilingue- dice Santoni rispondendo ad una ragazza che, dalla platea, faceva notare come in Sicilia la nostra lingua non sia affatto valorizzata e che chiedeva quanto la battagli linguistica coincidesse con quella politica. Nessun dubbio da parte dei due ospiti: “La lingua è un vettore di coscienza politica, di identità di un popolo. Le due battaglie coincidono”. 

Sempre dalla platea, qualcuno ha chiesto se non ci fosse contrasto tra autonomia e indipendenza, con riferimento al fatto che in Corsica indipendentisti e autonomisti governano insieme: “In Sicilia l’autonomia è stata concessa proprio per fermare gli indipendentisti, come una sorta di compromesso, come è che da voi le due formazioni sono insieme”?

Per l’indipendentista Corso “non c’è contrapposizione perché per noi l’Autonomia è una tappa intermedia, anche se sappiamo che l’indipendenza non è un obiettivo vicino. Ricordo che siamo sotto il dominio di una nazione molto potente a livello mondiale. Intanto, dunque, combattiamo per ciò che possiamo ottenere”.

Due concetti che, invece, sono agli antipodi per Larraza: “L’Autonomia è una trappola. Un modo per i colonizzatori di mettere a tacere le rivendicazioni di indipendenza dei popoli”. 

A questo punto i commenti sulla situazione siciliani sono arrivati spontanei. L’Autonomia in Sicilia, in effetti, sembra essere stata una trappola. Concessa sulla carta, mai attuata in quelle parti pensate per garantire gli interessi del Popolo Siciliano (vedi norme finanziarie dello Statuto), è considerata da molti un vero e proprio tradimento del patto firmato dagli indipendentisti siciliani con lo Stato italiano che rinunciavano ad una Sicilia del tutto libera solo in cambio di condizioni che non sono mai state rispettate.

Altro punto, l’Unione europea. Ancora una volta posizioni diverse. Per l’indipendentista corso, nulla è da escludere: “Dipende molto dall’atteggiamento che l’Unione europea mostrerà nei confronti della Scozia e della Catalogna, che sono le due Nazioni più vicine all’indipendenza. Certamente vorremmo una Europa diversa, una Europa dei Popoli”.

Il giovane Basco non ha dubbi: “Ma cosa può darci una Europa fatta per tutelare i capitalisti e per appoggiare una Nato che non fa altro che bombardare gli oppressi? No, non credo proprio che i baschi vogliano stare in Europa”.

Molte le domande su come questi popoli abbiano resistito alla repressione e su come siano riusciti a preservare la loro identità, il loro orgoglio di Nazione. La risposta sempre uguale: ci vuole tempo, l’importante è non arrendersi.

D’altronde, ogni grande viaggio, diceva qualcuno, comincia sempre con un piccolo passo. E, ultimamente in Sicilia, di piccoli passi, se ne stanno facendo parecchi.

 

 

 

 

 

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