Trump, la frase shock di Napolitano: il problema ora è il suffragio universale

10 novembre 2016

Le parole dell’ex Presidente della Repubblica, nonché ideatore della riforma costituzionale, accompagnata da quelle del renziano Rondolino, sembrano dare ragione a chi teme una svolta autoritaria. Tra questi, il magistrato Nino Di Matteo

A leggere i commenti sulle elezioni di Donald Trump alla Casa Bianca, si rafforza il timore che in Italia il rischio di una deriva autoritaria sia più che concreto. Ci riferiamo, in particolare, alle parole di Giorgio Napolitano, che, tra le altre cose, è l’ispiratore della riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi: “Il voto degli USA è il più sconvolgente nella storia del suffragio universale” ha detto ieri l’ex presidente della Repubblica.

Concetto rilanciato in un tweet (che vedete qui accanto) dal renziano Fabrizio Rondolinomn.

Frasi simili sono state pronunciante dall’establishment italiano (ed europeo) all’indomani del voto sulla Brexit. E sono frasi allarmanti. Non solo perché prendono di mira la più grande conquista democratica di tutti i tempi, ma anche perché rivelano la mancanza totale di capacità di autocritica e un non troppo latente snobismo aristocratico (non nel senso di nobile, ma di appartenente ad una casta).

Trump può piacere come non piacere. Si può essere d’accordo o meno con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. Ma inveire contro il suffragio universale invece di chiedersi perché in mezzo mondo la gente non ne può più della politica tradizionale, rivela un approccio totalitario alla politica degno dei tempi più bui.

Certamente, parafrasando Karl Popper, il mondo delle democrazie occidentali, “non è il migliore di tutti i mondi pensabili o logicamente possibili, ma è tuttavia il migliore di tutti i mondi politici della cui esistenza storica siamo a conoscenza”. 

E, su questo, pensavamo non ci fossero più dubbi. Soprattutto da parte di chi proviene da partiti che affondano le loro radici nella battaglia del popolo per il popolo.

Non stupisce dunque che a Napolitano stamattina il Fatto Quotidiano riservi una battuta al vetriolo: “Colpa del suffragio universale? Possiamo sempre chiamare l’Armata Rossa come nel 1956 a Budapest”.

Non solo. Il quotidiano diretto da Marco Travaglio sostiene che con questo commento si smaschera il nodo italiano: è stato proprio Napolitano “a sospendere la democrazia in quel 2011 del potere ai tecnici di Monti, proseguendo poi con i governi Letta e Renzi”.

E se pensiamo che la riforma costituzionale è figlia di quest’uomo- e dei suoi proseliti- non possiamo fare a meno di dare ragione a chi, come il PM, Nino Di Matteo, sostiene che una riforma scritta da non eletti è di per sé anti democratica:

“Gli ultimi Governi sono stati presieduti da chi non era stato nemmeno eletto. Allora- ha detto il magistrato simbolo del processo sulla trattativa Stato-mafia-  non dimentichiamo come è nata questa riforma, non dimentichiamo da chi e come è stata approvata. E’ stata scritta dal Governo e questo già a prescindere dal merito costituisce un vizio molto grave perché i Governi sono espressione della maggioranza dunque sono di parte, mentre la scrittura della legge fondamentale dello Stato dovrebbe essere esclusiva competenza del Parlamento che rappresenta il popolo sovrano o di assemblee costituenti elette con sistema proporzionale in modo da essere il più possibile rappresentativa delle varie componenti politiche sociali e culturali presenti nel Paese”.

Di Matteo, come potete leggere qui, sostiene anche che questa riforma crea uno spostamento grave dell’equilibrio tra i poteri in funzione del rafforzamento dell’esecutivo e dello svilimento del potere legislativo, che è stata suggerita dalle lobby finanziarie e che ricalca il disegno della P2.

Nessuno finora è riuscito a smentirlo.

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