Agrumi a rischio in Sicilia e nell’Europa mediterranea per un batterio che arriva dalla Cina

28 ottobre 2016

Nell’epoca della globalizzazione dell’economia succedono le cose più strane. In Puglia un batterio ha messo a rischio gli olivi della prima regione italiana per la produzione di olio extra vergine di oliva. Gli agrumi siciliani, già sotto attacco da parte del virus della Tristeza, adesso – insieme a tutta l’agrumicoltura dell’Europa mediterranea – rischiano di scomparire a causa di una malattia provocata dall’azione combinata insetti e batteri. A mettere in crisi il grano duro del Sud Italia hanno pensato Unione Europea e Canada. Insomma, che sta succedendo?

Tra le tante malattie degli agrumi è quella che non dà scampo. Quando si presenta nelle piantagioni è un’ecatombe. Il suo nome – Huanglongbing (HLB) o Greening o, ancora, Malattia del ramo giallo – incute paura, soprattutto tra i produttori di arance dolci, mandarini e pompelmi. E’ una patologia associata a batteri del genere Candidatus Liberibacter, che vengono trasmessi alle piante da particolari insetti: le psille. Colpisce tutte le specie e le varietà di agrumi. A differenza di quanto avviene con la Tristeza (Citrus Tristeza Virus) – un virus che in Sicilia è diventato un grave problema per gli alberi di aranci, ma che, tutto sommato, si combatte cambiando il portainnesto – non ci sono rimedi per combattere la Huanglongbing (HLB), a parte la lotta biologica, cioè l’utilizzazione di insetti che eliminano le psille. La malattia è diffusa in Asia, in America e in Africa. Non è presente in Europa e nel Mediterraneo. Ma poiché – soprattutto in Sicilia – importiamo tanti prodotti agricoli da tante parti del mondo, si teme che arrivi anche dalle nostre parti.

Sull’argomento è interessante una pubblicazione (che qui potete leggere per esteso) di alcuni studiosi: Vittoria Catara, Patrizia Bella, Rosa La Rosa del Dipartimento di agricoltura, alimentazione e ambiente Università di Catania, Salvatore Davino, del Dipartimento di scienze agrarie e forestali Università di Palermo, Rosario D’Anna, Roberta Fisicaro e Filadelfo Conti dell’assessorato regionale dell’Agricoltura, sviluppo rurale e pesca mediterranea (Dipartimento agricoltura Servizio fitosanitario regionale di Palermo).

Gli scienziati raccontano che, nel mondo, si contano già quasi 100 milioni di alberi colpiti da questa patologia. La diagnosi non è facile, soprattutto quando si presenta insieme con altre malattie che provocano sintomi di sofferenza generalizzata. Si sa che tale patologia compromette la longevità degli alberi, la produttività e la qualità dei frutti. Allo stato attuale, come già accennato, non esistono mezzi per curare tale malattia: se dovesse arrivare a colpire la Sicilia (ma anche altri Paesi europei dove l’agrumicoltura è diffusa) sarebbe un disastro.

Le cronache raccontano che in Cina questa patologia è diffusa da oltre un secolo. Prende il nome da uno scienziato cinese – il professore Lin Kung-Hsiang – che per primo ne ha dimostrato la trasmissione. Nella pubblicazione degli studiosi siciliani si legge che il nome di tale malattia – Huanglongbing (HLB) “deriva dal cinese huang, giallo; long, ramo; bing, malattia e identifica la presenza di uno o più rami gialli che si stagliano contro la vegetazione ancora verde”.

In Cina i batteri responsabili di tale patologia erano già noti alla fine dell’800. Ma è intorno al 1960 che viene dimostrato che la patologia si trasmette innestando le piante o attraverso gli insetti (cioè le già citate Psille). Come già ricordato, quando si presentano questi insetti e questi batteri, non ci sono innesti in grado di tutelare le piante di agrumi. L’eventuale arrivo in Sicilia di questi patogeni non distruggerebbe solo le piantagioni di aranci (pensiamo agli aranceti della piana di Catania e di Siracusa, già alle prese con un pesantissimo attacco di Tristeza, o all’agrumicoltura di Ribera, in provincia di Agrigento), ma colpirebbe anche i limoni, che nella parte orientale dell’Isola costituiscono un grande patrimonio di biodiversità, con risvolti economici importanti.

Gli insetti, cioè le due psille che trasmettono questa batteriosi sono la Diaphorina citri e la Trioza erytreae. Il primo è il responsabile della maggioranza di attacchi di questa malattia nel mondo.

“La modalità di trasmissione – scrivono gli studiosi siciliani – è di tipo persistente: il batterio rimane nel corpo dell’insetto per tutta la vita di quest’ultimo e viene trasmesso a più piante. I danni diretti consistono nella sottrazione di linfa elaborata, secrezione di melata e produzione di una caratteristica formazione cerosa tubuliforme  che favorisce la fumaggine. Per effetto della tossina salivare, i germogli colpiti si bloccano nello sviluppo, appaiono distorti e possono anche avvizzire”

Come detto, in natura ci sono insetti che possono aiutare a limitare la presenza della Diaphorina citri. C’è un imenottero usato nei programmi di lotta biologica (Tamarixia radiata). E ci sono anche le coccinelle (insetti che si nutrono di altri insetti: in questo caso eliminano le psille).

Va ricordato che, anche una sola persona – trasportando, ad esempio, una parte di pianta infettata – può provocare la diffusione della malattia.

Questa terribile patologia che non sta risparmiando gli Stati Uniti d’America. Dal 2008 è presente in Luisiana e, dal 2009, nel South Carolina e nella Georgia (2009). Tre anni dopo è arrivata in Texas e in California.

“Non meno allarmante la situazione in America Centrale – scrivono gli studiosi siciliani – dove è stato ritrovato in Messico, Belize, Costa Rica, Honduras e Nicaragua, tra il 2009 e il 2011 e praticamente in tutte le Isole caraibiche tra il 2008 e il 2014… Per quanto riguarda il rischio per i Paesi agrumicoli del Mediterraneo, due sono i fronti di avanzamento dell’HLB: la Penisola Araba e l’Etiopia, dove sono presenti i liberibacter asiatico e africano. Inoltre, T. erytreae è presente anche in Sudan, dove il batterio non è stato ancora segnalato. Desta molta preoccupazione la presenza di T. erytreae nelle isole di Madera e Canarie, in quanto Paesi dell’UE: piante e psilla vengono già metodicamente monitorate dai Servizi fitosanitari locali”.

Insomma, la malattia è già nell’Unione Europea.

In Sicilia non mancano i controlli. Ma, come già accennato, non dobbiamo dimenticare che importiamo agrumi dall’Africa e dal Sud America (per esempio, i limoni argentini).

“L’Università di Catania, l’Università di Palermo e il Parco scientifico e tecnologico della Sicilia – scrivono i tecnici della nostra Isola – hanno attivato protocolli per la diagnosi molecolare dei batteri dell’HLB conformi a quelli previsti dall’Usda e da quello in fase di approvazione dall’Eppo”.

La scienza, per ora, como sottolineato, non ha approntato mezzi di difesa efficaci contro questa malattia. Si stanno provando insetticidi, reti anti-insetti, trattamenti con il calore (utilizzando serre mobili), peptidi antimicrobici e piante transgeniche resistenti.

Il problema non riguarda solo le piantagioni. La malattia può propagarsi anche nei giardini privati e pubblici. Il vero problema – che non è semplice controllare – sono i trasferimenti di vegetali da parte di soggetti privati: nei bagagli degli aerei o con servizi privati di corriere espresso.

In questo scenario, il futuro dell’agrumicoltura europea – e quindi anche degli agrumi siciliani – è un punto interrogativo.

Per la cronaca, questa è la seconda batteriosi che potrebbe colpire una coltura tipica del Mezzogiorno d’Italia. La prima è la Xylella fastidiosa, un batterio che ha già creato problemi enormi all’olivicoltura della Puglia (che, lo ricordiamo, è la prima Regione italiana per produzione di olio extra vergine di oliva: al secondo posto c’è la Sicilia).

Guarda caso, la Xylella è spuntata quando le multinazionali che in Europa fanno il bello e il cattivo tempo hanno deciso che i Paesi dell’Unione Europea sarebbero stati invasi dall’olio d’oliva tunisino. 

Non solo. La Xylella si combatte – ma guarda che caso! – con l’estirpazione degli alberi. E sapete in quali zone della Puglia coltivate ad olivi è stato ritrovato questo batterio? Proprio nell’area da dove dovrebbe passare un metanodotto!

Se proviamo a ragionare su psille e batteri che potrebbero travolgere l’agrumicoltura europea rischiamo di passare per ‘complottisti’. Anche se due fatti che riguardano la Sicilia – e in particolare l’agrumicoltura siciliana – sono oggettivi.

Primo: la diffusione della Tristeza, malattia che negli anni passati la Sicilia era riuscita a controllare e che, adesso, sembra incontrollabile.

Secondo: lo spettro di una malattia – Huanglongbing (HLB), o Greening, o Malattia del ramo giallo – che potrebbe mettere definitivamente in ginocchio l’agrumicoltura. E guarda caso, proprio quando dovrebbe essere limitato al minimo l’importazione di piante o parti di piante, siamo letteralmente invasi da prodotti agricoli che arrivano dall’Asia e dall’Africa…

Riassumendo:

a mettere a rischio l’olivicoltura da olio meridionale c’è la Xylella;

a mettere a rischio l’agrumicoltura sempre del Sud Italia c’è la Malattia del ramo giallo;

a distruggere il grano duro del Mezzogiorno del nostro Paese stanno pensando Unione Europea e Canada.

Siamo messi davvero bene qui al Sud…

 

 

 

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