Le dimissioni dal Parlamento inglese di David Cameron: una lezione di stile ai nostri miserabili politici

14 settembre 2016

L’ex primo ministro britannico ha lasciato anche il Parlamento. Per evitare che la sua presenza potesse essere di ostacolo alla politica del suo successore. Riuscite a immaginare una cosa del genere in Italia? Ovviamente no, perché la marmaglia che entra nel Parlamento italiano – in genere personaggetti e peracottari – rimane attaccata come patelle alla poltrona parlamentare

Non si crea un impero per caso. Ci vogliono uomini e donne di carattere e di grande dignità; ci vuole un intero popolo cosciente che mette a guida del proprio destino persone serie e responsabili.

Noi italiani, in maggioranza macchiette e peracottari, eleggiamo nostri simili, una marmaglia che si attacca come patelle alle poltrone e che per tenersele si vende amici e familiari.

David Cameron, dopo la sconfitta al referendum sulla Brexit, si è dimesso subito, senza se e senza ma. Non lo aveva promesso, come fece in un tempo ormai lontano il nostro pagliaccio di Palazzo Chigi, Renzi: lo dava per scontato. E così  ha fatto, prima che da vero politico, da vero uomo senza tentennamenti e senza ripensamenti.

Ma Cameron non si è fermato lì. E’ andato oltre. Ha lasciato il seggio parlamentare. Convintosi che la sua presenza fosse di ostacolo al dispiegarsi pieno della politica del nuovo primo ministro.

Avete letto bene: dimissioni dal Parlamento. Cameron se ne è andato a casa. Qualcosa di inconcepibile per i nostri politicanti accattoni i quali non si dimetterebbero nemmeno da morti. E questo vale per tutti, partiti e movimenti, senza eccezione alcuna. Quanti infatti, proprio nel solco della serietà britannica, hanno lasciato il Parlamento, quando per motivi  talvolta inconfessabili hanno lasciato il partito nel quale erano stati eletti? Nessuno.

Molti cambiano casacca e alcuni si gettano nel cesso dei gruppi misti. Ma questo viscerale attaccamento alla politica non si manifesta solo in Parlamento. Esso vive e prospera nei partiti, soprattutto nell‘ex Partito Comunista.

Un tempo chi perdeva la sua partita politica veniva epurato, talvolta anche fisicamente. Proprio come reazione a quella sana abitudine, oggi chi perde nel PD resta nel PD a rompere le scatole a chi ha vinto. Così hanno fatto nei tempi, andati Occhetto, D’Alema, Veltroni, e oggi Bersani e soci, che non hanno accettato la sconfitta politica e finché potranno faranno una sorda guerra sotterranea al  vincitore.

Personaggetti, nani senza onore, inutili macerie galleggianti sull’abisso della nostra incultura e della nostra inciviltà.

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