La crisi dell’agricoltura siciliana: ma a che servono e a chi vanno i 5 miliardi di Euro di fondi europei?

8 settembre 2016

La domanda è stata posta un anno fa. Da allora ad oggi il grano duro è entrato in crisi, le arance e gli ortaggi del Nord Africa continuano a invadere i nostri mercati distruggendo le nostre produzioni, le mandorle piene di micotossine soppiantano le mandorle siciliane prive di micotossine, sono spariti i nostri limoni (ci vendono quelli che arrivano da chissà dove a 3,5 Euro al chilogrammo!), chissà quanto olio d’oliva tunisino di pessima qualità stanno spacciando per “olio extra vergine di oliva” eccetera, eccetera, eccetera. In tutti questo, ci chiediamo e chiediamo: nelle tasche di chi finiscono i fondi europei destinati all’agricoltura siciliana? L’unica certezza è che non c’è chiarezza sui pagamenti…

Nell’Agosto dello scorso anno l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle eletto in Sicilia, Ignazio Corrao, chiedeva chiarezza sui fondi europei spesi in Sicilia in agricoltura:

“È necessario una volta per tutte – scriveva in un comunicato lo scorso anno Corrao – reclamare una banca dati che fornisca tutte le informazioni pubbliche ai cittadini e pretendere con forza la trasparenza del funzionamento dei Fondi per l’agricoltura, sia per i soldi già spesi relativi alla Programmazione 2007-2013, sia per quelli della nuova Programmazione 2014-2020 che farà arrivare in Sicilia altri 5 miliardi di Euro”.

“L’agricoltura siciliana è in ginocchio – proseguiva Corrao – gli agricoltori stanno abbandonando la terra soffocati dalla concorrenza sleale dei prodotti stranieri e da una pressione fiscale che non ha eguali in Europa. Lo stato di salute dell’agricoltura dell’Isola è pessimo e sembra incredibile che in Sicilia, negli ultimi 7 anni, sono arrivati ben 5 miliardi di Euro. Stiamo parlando dei 2,2 miliardi di euro del cosiddetto PSR 2007-2013, il Piano di Sviluppo Rurale gestito dal Dipartimento dell’Agricoltura della Regione, e dei circa 3 miliardi di fondi FEASR, meglio noti come fondi ‘PAC o ‘AGEA’, che arrivano agli agricoltori direttamente dalla Commissione Europea come sostegno al reddito senza passare dalla Regione. Dove sono andate a finire queste risorse fondamentali per la Sicilia? Chi ha intascato i fondi europei per lo sviluppo agricolo?”.

“Purtroppo – scriveva sempre l’europarlamentare – non è semplice rispondere. A differenza dei Fondi strutturali (il FESR e il FSE), per i quali il sito di Open Coesione fornisce con puntualità le informazioni sui beneficiari e sull’andamento dei progetti, il mondo dei fondi per l’agricoltura è coperto da un inquietante velo di opacità. Sul sito di Agea, ovvero l’organismo pagatore ministeriale che eroga i fondi agli agricoltori, non è possibile avere una lista completa di beneficiari per i fondi FEASR. E la stessa cosa vale per i fondi del PSR, gestito per anni dalla dirigente Rosaria Barresi, (che negli anni passati ha ricoperto il ruolo di dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura e di assessore regionale all’Agricoltura: da qualche anno, in Sicilia, i due ruoli possono diventare intercambiabili…)”.

“Le informazioni – precisava lo scorso anno Corrao – sono inafferrabili, sparse, confusionarie, prive della necessaria trasparenza, nascoste tra le pieghe del sito del PSR Sicilia ed è semplicemente scandaloso che la Regione, in tutti questi anni, non si sia mai degnata di fornire un elenco organico, completo, trasparente e consultabile pubblicamente dei beneficiari di questi fondi. Nel frattempo, però, il PSR ha finanziato di tutto: dai corsi di formazione all’insediamento di giovani agricoltori, dall’ammodernamento delle aziende agricole ai premi di compensazione per le zone svantaggiate”.

“E’ vero che per molti agricoltori questi fondi sono stati fondamentali per sopravvivere – concludeva l’eurodeputato grillino – ma anche la mafia ne ha saputo approfittare, come dimostrano i numerosi casi di boss che hanno accumulato milioni di Euro di fondi UE grazie al controllo e all’accaparramento delle terre a colpi di intimidazioni, furti, racket e violenza. Adesso basta è giunta l’ora di conoscere, di capire cosa ne è stato di queste risorse”.

Un anno dopo che cosa abbiamo capito del fiume di fondi europei che dovrebbe rendere ricca l’agricoltura siciliana? Praticamente nulla.

Come scriveva – correttamente – Corrao, una parte di questi fondi consentono comunque a un gruppo di agricoltori siciliani di sopravvivere. Di fatto, sono ‘mance’ che consentono a un’agricoltura che arranca di andare avanti.

Ma che significa andare avanti?

Significa proseguire senza un programma preciso, senza una strategia, subendo gli effetti della globalizzazione dell’economia e le politiche dell’Unione Europea che, da oltre un trentennio, penalizzano le agricolture mediterranee. 

Basti pensare agli agrumi siciliani, massacrati dall’arrivo di agrumi dal Nord Africa, spesso di pessima qualità, a prezzi stracciati. Politiche che perseguono un solo obiettivo: convincere gli agrumicoltori della Sicilia a mollare, magari vendendo i terreni agli speculatori.

Incredibile quello che è avvenuto con i limoni siciliani (ce ne siamo occupati qui). Soprattutto nella Sicilia occidentale molti agricoltori hanno mollato la presa. E’ successo negli anni passati, quando limoni che facevano letteralmente schifo, provenienti da chissà dove, hanno invaso, per esempio, i supermercati di Palermo e provincia.

Non appena si sono accorti che erano in pochi a raccogliere i limoni di Palermo e provincia, gli stessi limoni che arrivano da chissà dove (dal Nord Africa, ma anche dall’Argentina), che qualche anno fa venivano venduti a prezzi stracciati per distruggere le nostre produzioni, ce li vendono a 3 Euro e mezzo: cosa, questa, che va in scena a Palermo dai primi di Luglio.

E che dire del grano? Nei porti di Palermo, Catania e Pozzallo continuano ad arrivare grani da chissà dove (ormai per il trasporto dei cereali si utilizzano navi petroliere dismesse), con il dubbio – che in realtà è più che un dubbio, come potete leggere qui – che tali grani siano pieni di glifosato o di altre sostanze tossiche per la salute umana (micotossine).

Tutto questo mentre il prezzo del grano duro del Sud Italia – soprattutto di Puglia, Basilicata e Sicilia – che è, sotto il profilo qualitativo, tra i migliori del mondo, è precipitato a 14 centesimi di Euro al chilogrammo. Con il grano duro a 14 centesimi non c’è nemmeno la convenienza a raccogliere il prodotto (per pareggiare i costi il grano duro deve essere venduto almeno a 24 centesimi al chilogrammo).

Sono gli effetti di una globalizzazione dell’economia che, però, guarda caso, aiutano gli speculatori che fanno arrivare in Italia i grani pieni di glifosato e micotossine (che ci avvelenano!) e mettono in difficoltà gli agricoltori del Sud Italia che, invece, producono, naturalmente, grazie al nostro clima, un grano duro esente da micotossine e quasi del tutto esente da residui di pesticidi ed erbicidi.

Proprio per questa è nata un’associazione tra i produttori di grano duro di tutto il Mezzogiorno d’Italia – GranoSalus – che sta provando a difendere le nostre produzioni.

Potremmo continuare con l’ortofrutta che arriva dal Nord Africa, dalla Cina e da altri Paesi asiatici.

Clamoroso – proprio perché siamo in Sicilia – il caso delle angurie. Negli anni ’70 e negli anni ’80 del secolo passato tutte le angurie siciliane erano di elevatissima qualità. Venivano prodotte, per lo più, nel Trapanese, a Marsala e, soprattutto, nelle ‘sciare’ di Mazara del Vallo.

E oggi? Vi sembra normale che dobbiamo acquistare angurie senza avere la certezza del luogo di produzione? La domanda non è retorica. Perché se sono siciliane, nulla da dire. Ma se non sono siciliane – e magari sono coltivate dalle multinazionali nelle aree del Nord Africa – oltre a non avere sapore sono piene di pesticidi pericolosi per la nostra salute: pesticidi che, non a caso, in massima parte, il nostro Paese ha bandito dalla farmacopea agricola negli anni ’70 e ’80!

La Regione siciliana non dovrebbe tutelare le nostre angurie? Non dovrebbe, in primo luogo, renderle riconoscibili? A cosa serve l’assessorato regionale all’Agricoltura? Solo a fare passerelle e a organizzare comitati di affari?

Le domande sono tante: che cosa fa la Regione siciliana per fronteggiare questi problemi? A cosa sono serviti e a cosa servono i fondi europei? Corrao, lo scorso anno, parlava – tra PSR e FEARS – di 5 miliardi di Euro.

Dove sono finiti questi soldi, mance per un segmento di piccoli agricoltori siciliani a parte? Quale agricoltura sostengono?

L’unica cosa certa è che, qualche anno fa, con la scusa che era uno “spreco”, è stata eliminata l’Agenzia regionale che effettuava i pagamenti.

In pratica, è stato smantellato l’unico ufficio regionale che avrebbe potuto controllare nelle tasche di chi finivano i fondi europei destinati all’agricoltura siciliana.

Fa tutto l’Agea: l’Agenzia nazionale che, come scriveva lo scorso anno Corrao, fornisce informazioni che sono “inafferrabili, sparse, confusionarie, prive della necessaria trasparenza, nascoste tra le pieghe del sito del PSR Sicilia”.

E’ inutile chiedere in Sicilia contezza di questi fondi. Vi risponderanno che “fa tutto Roma con l’Agea”.

Nel frattempo il grano duro siciliano è in crisi, le mandorle siciliane – totalmente prive di micotossine grazie al nostro clima – vengono mescolate alle mandorle che arrivano da chissà dove, piene di micotossine; le angurie siciliane si mescolano con quelle nord africane ‘ricche’ di pesticidi; le arance del Nord Africa soppiantano le arance siciliane; il pomodorino di Pachino viene scippato agli agricoltori siciliano al prezzo di 0,40 centesimi di Euro al chilogrammo per essere rivenduto nei mercati del Nord Italia a 8 Euro al chilogrammo.

Dal marasma si salva solo una parte del vino siciliano, mentre anche l’olio d’oliva extra vergine della Sicilia è sotto attacco da parte di un fiume di olio d’oliva di pessima qualità non tunisino – come hanno cercato di farci credere i signori del Parlamento Europeo che hanno approvato questo provvedimento – ma da produttori senza scrupoli che operano in Tunisia (chissà quanto olio d’oliva tunisino è già diventato “olio d’oliva extra vergine, magari in eleganti bottiglie…).

In tutto questo i rappresentanti della Regione siciliana organizzano ‘promozioni’ di prodotti siciliani sulle navi e si cimentano in ‘dotti’ dibattiti dove si parla del nulla mescolato col niente.

Tutto questo è grottesco: ma il Governo regionale di Rosario Crocetta, in materia di agricoltura, al di là del grottesco, offre ben poco.

A parte, ovviamente, i fondi europei che spariscono virtuosisticamente all’insegna del “Noi non sappiamo niente, fa tutto Agea…”.

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