I Comuni siciliani stanno fallendo, ma l’Ars pensa alla legge elettorale!

8 agosto 2016

Come in una commedia dell’assurdo, oggi il Parlamento della nostra sempre più disastrata Isola dovrebbe discutere e approvare una legge elettorale per i Comuni che rischiano di scomparire per mancanza di risorse finanziarie (arraffate dal Governo Renzi). Come sul Titanic, la nave sta affondando, ma i musicisti della vecchia politica siciliana continuano a suonare…

Oggi torna a riunirsi l’Assemblea regionale siciliana. All’ordine del giorno ci sono le modalità con le quali la vecchia politica-politicante siciliana, a Dio piacendo, si dovrebbe togliere finalmente dai piedi. I vertici di PD e Forza Italia – due schieramenti politici che oggi, in Sicilia, rappresentano il nulla mescolato col niente – dovranno decidere se completare o meno una balorda riforma elettorale dei Comuni o soprassedere. Passaggio politico e parlamentare che dovrebbe rendere ancora più chiaro agli occhi dei cittadini quanto questi personaggi che rappresentano indegnamente l’Autonomia siciliana siano ormai completamente scollegati dalla realtà.

La seduta di Sala d’Ercole prevista oggi, insomma, dovrebbe somigliare a una commedia di Eugène Ionesco: perché è semplicemente assurdo discutere di legge elettorale dei Comuni mentre gli stessi Comuni sono alle prese con un ormai inevitabile dissesto finanziario.

La stragrande maggioranza dei Comuni della nostra Isola – come questo blog ripete da tempo – ‘veleggia’ verso il fallimento. Questo avviene non perché ci sono state amministrazioni comunali spendaccione, ma perché i soldi della Regione e dei Comuni se li è presi tutti il Governo Renzi.

Nelle scorse settimane abbiamo assistito all’ennesimo scippo ai danni dei Siciliani. I protagonisti sono stati, in prima battuta, Renzi e il governatore della nostra sempre più disastrata Isola, Rosario Crocetta, attori di un ‘Patto scellerato’ che ha strappato alla nostra Regione le ultime risorse finanziarie, imponendo, per i prossimi anni, nuove penalizzazioni a carico dei cittadini.

Per completare l’opera (dei pupi?), il presidente Crocetta, per la seconda volta in due anni, ha rinunciato – a nome di 5 milioni di Siciliani che non gliel’hanno mai chiesto – ai contenziosi con lo Stato.

Questo è avvenuto in prima battuta. In seconda battuta il presidente del Parlamento siciliano, il ‘prode’ Giovanni Ardizzone – che avrebbe dovuto difendere l’Autonomia siciliana dalle volgarità di Renzi e Crocetta – ha invece ‘infilato’ il ‘Patto scellerato’ dentro il disegno di legge sulle variazioni di Bilancio 2016, violando, contemporaneamente, regolamento d’Aula e norme di contabilità pubblica, con la acquiescenza di una Segreteria generale dell’Ars che avrebbe dovuto quanto meno contenere certe forzature pseudo-istituzionali.

Grazie a questa ‘nefandezza’ operata dal Parlamento siciliano, il Parlamento nazionale – in terza battuta – ha preso la scusa per ‘infilare’ a propria volta il ‘Patto scellerato’ Renzi-Crocetta in un Decreto sugli enti locali trasformato per l’occasione in legge.

Questo è stato, forse, il passaggio, come dire?, più creativo di questa vicenda, se è vero che, con una legge ordinaria, il Parlamento nazionale ha travolto alcune prerogative statutarie della Sicilia che, fino a prova contraria, è – o dovrebbe essere ancora – una Region e a Statuto speciale con uno Statuto ‘costituzionalizzato’.

Tutto questo vergognoso ambaradan è stato messo in piedi per consentire alla Regione siciliana di incassare dallo Stato 500 milioni di Euro.

Peccato che la scorsa settimana, in occasione della Conferenza Regione-Autonomie locali, Crocetta e l’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, di fatto, hanno comunicato ai sindaci siciliani che i 500 milioni di Euro non ci sono. Crocetta e Baccei hanno comunicato la ‘buona nuova’ non mettendoci la faccia, ma tramite funzionari, perché non hanno avuto nemmeno il coraggio di presentarsi all’incontro con i sindaci!

Mentre i sindaci siciliani apprendevano che per quest’anno non vedranno il becco d’un quattrino, Crocetta, il presidente Ardizzone e tutti gli altri rappresentanti della vecchia politica-politicante della Sicilia si catapultavano a Sala d’Ercole per discutere e approvare la nuova legge elettorale per i Comuni.

All’inizio PD e Forza Italia erano arrivati alla determinazione di abolire il ballottaggio e applicare ai Comuni la stessa legge elettorale della Regione siciliana: dove, com’è noto, non c’è ballottaggio, ma diventa presidente della Regione chi prende più voti. Questo insieme al ripristino del cosiddetto ‘trascinamento’ (il voto espresso in favore di un consigliere comunale che va al candidato sindaco collegato alla lista del medesimo consigliere comunale).

Insomma, il ritorno al ‘trascinamento’ previsto dalla legge elettorale comunale precedente la riforma ‘intelligente’ del 2011.

Di fatto, eliminazione del ballottaggio e ripristino del ‘trascinamento’ era una formula che puntava solo a colpire i grillini, forza politica in crescita in Sicilia. L’eliminazione del ballottaggio non avrebbe garantito agli eventuali sindaci del Movimento 5 Stelle la maggioranza nei Consigli comunali in caso di vittoria; il ‘trascinamento’ avrebbe favorito i partiti apparentati e sfavorito i grillini che non si apparentano con nessuno.

Perché scriviamo “era una formula”? Perché i vertici del PD ci hanno ripensato. E hanno optato per un abbassamento della soglia: chi supererà il 40% dei consensi diventerà sindaco. Di fatto – con questo articolo di legge approvato dall’Ars – andranno ad amministrare i Comuni partiti o coalizioni non non raggiungerebbero la maggioranza.

Oggi Sala d’Ercole dovrebbe riprendere la discussione su questo tema in un clima di grande confusione politica e istituzionale. I parlamentari dell’Ars sanno benissimo che ci sono 350 Comuni che stanno fallendo: ma fanno finta di non saperlo. Cosa succederà?

Intanto il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, ha vergato il seguente comunicato:

“Mentre le amministrazioni comunali sono portate allo stremo con continui tagli di bilancio che impongono riduzioni dei servizi ai cittadini, la stessa classe politica che ha portato la Sicilia al collasso si agita per imporre un cambiamento della legge elettorale a pochi mesi dalle elezioni, dimostrando quale sia il proprio senso della democrazia e delle istituzioni”.

Orlando definisce il disegno di legge sulla nuova legge elettorale per i Comuni in discussione all’Ars “una vergognosa operazione contra personam finalizzata solo ad ostacolare l’elezione di sindaci indipendenti dai partiti e liberi di agire per l’interesse dei cittadini. La quasi totalità delle proposte che si agitano all’Ars – sottolinea il sindaco di Palermo – hanno come unico obiettivo quello di limitare la libertà di scelta dei cittadini e, una volta eletti i nuovi sindaci, renderli ricattabili dai partiti o addirittura da singoli consiglieri comunali”.
“Dopo il dissesto programmato di molti Comuni – aggiunge il sindaco di Palermo, che è anche presidente di ANCI Siclia – i tagli ai servizi e il fallimento dei creditori, una politica che somiglia sempre più alla coda mozzata della lucertola, già morta ma che ancora si agita, cerca di dare il corpo definitivo alla agibilità dei Comuni, vera interfaccia fra lo Stato e i cittadini.
In questa realtà dove i partiti sono già morti – conclude Orlando – per fortuna saranno gli elettori a dimostrare ancora una volta che le leggi truffa non portano mai buoni risultati per chi le inventa”.
Orlando (che, in realtà, non è mai stato estraneo al sistema dei partiti: ha iniziato da democristiano, ha fondato la Rete, è stato autorevole esponente della Margherita e poi di Italia dei Valori) predica bene, ma razzola male: riconosce che la politica sta facendo fallire i Comuni (anche se non fa il nome del vero responsabile dei ‘buchi’ finanziari di Regione e Comuni, cioè del Governo Renzi), ma poi, da sindaco di Palermo, vorrebbe far pagare ai cittadini palermitani con la ZTL i soldi che Renzi e il suo Governo hanno scippato al Comune che amministra.
Dimenticavamo le ultime due ‘chicche’.
Prima ‘chicca’: mentre i Comuni vanno a fondo, la vecchia politica siciliana – sempre all’Ars – trova anche il tempo di litigare sulle mozioni di sfiducia ai sindaci: mandare a casa un sindaco con i voti dei due terzi del Consiglio comunale, come prevede l’attuale legge, o abbassare la soglia al 50%? Come potete notare, due temi molto ‘appassionanti’…
Seconda ‘chicca’: chi compra e chi vende i voti nei Consigli comunali chiede ‘chiarezza’ (con l’attuale legge elettorale – scheda unica con voto disgiunto tra sindaci e consiglieri comunali – è diventato difficile gestire il ‘mercato’).
Da qui la levata di genio: la doppia preferenza di genere: chi vuole votare un secondo candidato alle elezioni del Consiglio comunale è obbligato a votare per una donna, pena l’annullamento dello stesso secondo voto di preferenza.
Con la scusa di ‘valorizzare il ruolo delle donne in politica’ si renderebbe il voto controllato e, soprattutto, riconoscibile, per la gioia dei picciotti…
P.S.
Ah, dimenticavamo: il capogruppo di Forza Italia all’Ars, Marco Falcone, vorrebbe che oggi l’Aula si occupasse di una mini manovra finanziaria. Ma qualcuno ha avvertito Falcone che i 500 milioni di Euro sono una presa per i fondelli? O forse l’onorevole Falcone viene informato dei fatti finanziari – reale – sono quando lui e il suo gruppo parlamentare appoggiano i mutui miliardari di Crocetta?  

 

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