Ars, sindaci eletti con il 40% dei voti. Oggi la partita su controllo e riconoscibilità del voto

6 agosto 2016

Piaccia o no, ma il controllo e la riconoscibilità del voto sono il vero volto della cosiddetta ‘doppia preferenza di genere’, argomento che oggi dovrebbe essere discusso da Sala d’Ercole. Uno strumento che, se approvato, potrebbe dare luogo a fenomeni di degenerazione politica. Intanto l’accordo tra PD e Forza Italia è andato a farsi benedire. Ed emergono divisioni anche all’interno di un PD siciliano sempre più spaventato di perdere voti

Mentre 350 Comuni siciliani ‘veleggiano’ verso il fallimento (come potete leggere qui), l’Assemblea regionale siciliana butta un po’ di fumo negli occhi ai cittadini e approva un paio di articoli della legge di riforma delle elezioni comunali. Sta facendo tutto il PD siciliano: è stato questo partito che, nel 2011, ha voluto cambiare la legge elettorale dei Comuni per penalizzare il centrodestra che, con la scheda unica e con il ‘trascinamento’, vinceva troppo; ed è sempre il Partito Democratico che, adesso, per provare a penalizzare il Movimento 5 Stelle, rivuole – sempre nella la scheda unica – il ‘trascinamento’ (il voto al consigliere comunale che va automaticamente al candidato sindaco collegato alla lista dello stesso sindaco) e la mezza abolizione del ballottaggio approvata ieri sera dall’Ars.

In pratica, stando all’articolo 2 della legge di riforma delle elezioni comunali approvato ieri, il candidato sindaco che raggiungerà il 40% dei voti risulterà eletto direttamente, senza ricorso al ballottaggio. E si prenderà il 60% dei consiglieri comunali.

La votazione di ieri a Sala d’Ercole potrebbe essere interpretata come una mediazione tra chi avrebbe voluto l’abolizione dei ballottaggi (Forza Italia: in questo caso, sarebbe diventato sindaco chi avrebbe preso più voti: una follia, perché con tanti candidati sarebbero stati eletti sindaci con il 20% dei voti!) e chi, invece, puntava a una soluzione meno radicale.

Alla fine è passata una soluzione intermedia, che non è il risultato di una mediazione, ma è la risultante della confusione politica dovuta alle divisioni interne al grande schieramento anti-grillino (tutti i partiti insieme, centrodestra e centrosinistra, per cercare di frenare l’avanzata del Movimento 5 Stelle) e, soprattutto, delle divisioni interne al PD.

Questa formazione politica è, forse, la più spaventata, soprattutto dopo che il Movimento 5 Stelle, a Roma e in Sicilia, ha acceso i riflettori sulla questione finanziaria, ovvero sulla montagna di miliardi di Euro che il Governo Renzi ha scippato alla Regione siciliana, dal riaccertamento truffaldino dei residui attivi (10 miliardi di Euro di crediti rubati alla Regione) allo scippo – calcolato proprio dai grillini della Commissione Bilancio e Finanze della Camera dei deputati – sempre ai danni della Sicilia, di 30 miliardi di Euro di IRPEF ‘saccheggiati’ da Roma ai danni della Regione siciliana dal 2002 ad oggi (ovviamente, calpestando lo Statuto autonomistico siciliano).

Per non parlare del secondo ‘Patto scellerato’ firmato lo scorso Giugno dal presidente della Regione, Rosario Crocetta, con Renzi: rinuncia ai contenziosi finanziari con lo Stato e penalizzazioni a carico di 5 milioni di Siciliani in cambio di 500 milioni di Euro che non sono arrivati e che, con molta probabilità, non arriveranno. Imbrogli, su imbrogli su imbrogli. Una schifezza.

Tutti questi scippi ai danni dei Siciliani da parte del Governo Renzi avrebbero dovuto passare sotto silenzio. E, in effetti, Tg nazionali e ‘grande stampa’ non hanno ‘gettonato’ queste ruberie in danno dei Siciliani. Ma nella rete il messaggio dello scippo ai danni della Sicilia sta passando, anche perché i grillini romani e siciliani ne hanno fatto un proprio cavallo di battaglia.

Il risultato è che i dirigenti del PD siciliano sono ormai terrorizzati, perché avvertono che il terreno sotto i piedi gli comincia a mancare. E questo il motivo per il quale, ieri mattina, contrariamente agli accordi che avevano ‘chiuso’ con Forza Italia nei giorni precedenti (e nei lavori della Commissione Affari istituzionali dell’Ars), hanno cambiato linea politica: niente più abolizione secca dei ballottaggi, ma solo un abbassamento della soglia dal 50 al 40% per l’elezione dei sindaci.

La strategia del PD siciliano – che ormai gioca in difesa, con un ‘catenaccio’ simile, in termini metaforici, a quello della grande Inter di Helenio Herrera – è quella di limitare al minimo gli scontri con il Movimento 5 Stelle. Perché più forte sarà lo scontro con i grillini – e in questo i dirigenti del PD siciliano non sbagliano – più alto sarà il numero degli elettori siciliani che non voteranno per il Partito Democratico.

Ma ad alzare i toni dello scontro sono i grillini che ieri, in Aula, hanno segnato più di un punto in proprio favore: sono riusciti a rompere l’accerchiamento, contribuendo ad accentuare le divisioni tra PD e Forza Italia e le divisioni all’interno dello stesso Partito Democratico; e hanno ‘stoppato’ l’eliminazione secca dei ballottaggi.

Poi, per bocca di quello che dovrebbe essere il loro futuro candidato alla presidenza della Regione, Giancarlo Cancelleri, sono passati all’attacco: “All’Ars è stato scritto un precedente pericoloso: hanno cambiato le regole del gioco senza la prima forza politica della Sicilia. Ai partiti dico: la pagherete, i cittadini sapranno come comportarsi. Pagherete il prezzo di questo ‘inciucione’. L’emendamento che introduce la soglia del 40% porta le firme di tutti i capigruppo dell’Ars, tranne quelle dei 5 Stelle. In pratica è la ‘dichiarazione d’amore’ del ‘partito della nazione’ contro di noi; tutti da una parte, e noi dall’altra”.

Oggi l’Assemblea regionale siciliana dovrebbe tornare a riunirsi per completare l’esame e l’approvazione del nuovo papocchio sulle elezioni comunali. Il passaggio più spinoso si annuncia la cosiddetta ‘doppia preferenza di genere’. Ufficialmente, la cosa viene presentata come l’esigenza di aumentare il numero delle donne nei Consigli comunali: se questo articolo di legge dovesse essere approvato, infatti, gli elettori che vorranno esprimere una seconda preferenza dovranno obbligatoriamente votare per una donna.

Ora, a parte la considerazione molto discutibile che sta alla base di questa giustificazione – le donne siciliane che sarebbero incapaci di essere elette nei Consigli comunali! – dietro questa ‘doppia preferenza di genere’ si nasconde l’esigenza, da parte dei vecchi partiti politici siciliani, di rendere il voto per i Consigli comunali ‘controllabile’ e ‘riconoscibile’.

Già in un’intervista a questo blog la vice presidente di Siciliani Liberi (parliamo degli Indipendentisti siciliani), Antonella Pititto ha detto a chiare lettere (come potete leggere qui) non solo che questo articolo di legge offende le donne, ma che è anche il mezzo attraverso il quale una certa politica siciliana punta al controllo del voto.

Il ‘problema’ del controllo del voto nei Consigli comunali della Sicilia si è cominciato a porre dopo la già citata riforma elettorale del 2011. La legge elettorale per i Comuni che oggi Sala d’Ercole sta cambiando ha tanti difetti, ma ha un pregio: ha ‘incasinato’ le operazioni di voto rendendo la vita difficile agli elettori dei quartieri popolari dove, di solito, vanno in scena le compravendite di voti.

Oggi – così si racconta – i ‘picciotti’ avrebbero chiesto alla vecchia politica siciliana di fare ‘chiarezza’ su un argomento considerato estremamente ‘delicato’.

Con la ‘doppia preferenza di genere’, è inutile che ci giriamo attorno, il voto per i Consigli comunali viene reso più controllato e più riconoscibile.

Più controllato perché i vecchi partiti, con la scusa di ‘valorizzare’ le donne, faranno eleggere le proprie sodali. Facciamo un esempio semplice. Supponiamo che in un partito medio che conta di eleggere sei-sette consiglieri comunali su trenta seggi disponibili ci siano tre candidati molto forti. Se ognuno di questi tre candidati – grazie alla ‘doppia preferenza di genere’ – farà votare per una donna, i tre consiglieri comunali non avranno difficoltà a fare eleggere le tre donne.

Questo perché ognuno dei tre candidati che raccoglierà, ad esempio, 2 mila voti, farà eleggere, sempre con 2 mila voti o giù di lì la candidata che è stata associata a lui con la ‘doppia preferenza di genere’. Non ci vuole molto a capire che queste tre candidate – che da sole non avrebbero preso più di 100 voti a testa, grazie alla ‘doppia preferenza di genere’, supererebbero candidati che, invece, da soli, hanno preso 600-700 voti!

Questo vale per il controllo del voto. Poi c’è la questione, ancora più ‘spinosa’, della ‘riconoscibilità’ del voto. Piaccia o no a chi si batte per la ‘doppia preferenza di genere’, va comunque detto che tale metodologia di elezione rende il voto riconoscibile.

Chi, ad esempio, promette ad un candidato 50 voti nella sezione x avrà uno strumento in più – a ‘garanzia’ anche di chi si attende questi 50 voti – per dimostrare di aver mantenuto l’impegno. Della serie: “I 50 voti che prenderai nella sezione x li riconoscerai perché saranno associati a tale candidata…”.

Ogni altra considerazione ci sembra superflua. Soprattutto in Sicilia. Chi deve capire, capisca.

 

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