Toponomastica siciliana 6/ Giorgio d’Antiochia, ovvero la storia del Ponte dell’Ammiraglio di Palermo

Condividi

Parliamo di Giorgio Rozio d’Antiochia (Antiochia 1100 circa – 1149 o 1150), un ammiraglio bizantino che fu al servizio di Ruggero II di Sicilia. Vi raccontiamo la storia di un grande personaggio che parlava correntemente il greco e l’arabo. Conquistò sul campo il titolo di amiratus amiratorum (una sorta di Generalissimo). Con lui la Sicilia raggiunse il culmine della sua potenza, proprio quando gli interessi politici ed economici della nostra Isola erano incentrati sull’altra sponda del Mediterraneo. A lui Palermo deve, tra le altre cose, il Ponte dell’Ammiraglio

Al servizio di Ruggero II di Sicilia, Giorgio Rozio d’Antiochia fu il primo autentico amiratus amiratorum, al quale è dedicata a Palermo una linda e tranquilla strada piena di verde che incrocia la via Ruggero Marturano.

Giorgio era un greco-melchita nato ad Antiochia, da cui si spostò alla volta dell’Ifriqiya (attuale Tunisia). Giorgio entrò in urto con il Sultano Yahya e, segretamente, cercò rifugiò nella Sicilia cristiana, impadronendosi d’una nave sulla quale s’era imbarcato sotto mentite spoglie e che era diretta a Palermo. Al suo arrivo nella capitale siciliana, Giorgio si recò immediatamente a palazzo e trovò impiego presso il conte normanno Ruggero.

Grazie al suo bilinguismo (conosceva il greco e l’arabo) e per la sua familiarità col Mar Mediterraneo, fu presto impiegato come ambasciatore in missioni presso la corte fatimide egiziana. Nel 1123 divenne il secondo in comando della flotta normanna comandata da Christodulus e dal 1127 lo sostituì nella posizione di Emiro (Comandante) di Palermo.

Alla morte di Christodulus, Giorgio ne fu il successore.

Giorgio fu fondamentale per la piena sottomissione della Puglia e della Calabria, entrambe tendenzialmente autonome rispetto al potere di Palermo. Nel 1129 Giorgio portò 60 navi per assediare Bari, cui fu imposta la resa.

Nel 1131 Ruggero pretese le chiavi della rocca di Amalfi. Giorgio bloccò la città e s’impadronì delle navi amalfitane inducendo così la città ad arrendersi. Nel 1132  fu concesso a Giorgio il titolo di amiratus amiratorum (una sorta di Generalissimo).

Nel 1135 la flotta siciliana, al comando di Giorgio d’Antiochia conquistò l’importante isola di Jerba, di fronte alle coste tunisine.

Nel 1143  Giorgio portò a termine a Palermo la chiesa greco ortodossa di Santa Maria dell’Ammiraglio, conosciuta anche come Chiesa della Martorana. In questa chiesa vi è un mosaico dell’epoca che raffigura Giorgio, come pure il famoso mosaico che raffigura Ruggero II incoronato da Gesù Cristo.

Nel 1146 la flotta siciliana, partita da Trapani al comando di Giorgio, conquistò Tripoli di Libia e nel corso dell’anno stabilì l’autorità della Sicilia in Nord Africa su basi permanenti.

Dopo la presa di Mahdiyya, nel 1148, ad opera di Giorgio, l’Ifrīqiya (odierna Tunisia ) fu incorporata nel Regno di Sicilia che così raggiunse il suo apogeo, comprendendo non solo la Sicilia, ma anche il Sud Italia, Corfù, Malta, alcuni altri territori greci e parte del Nordafrica.

Giorgio fu un poliglotta e un uomo di ampia cultura.

Oltre alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, a Palermo, Giorgio d’Antiochia fondò la chiesa di San Michele a Mazara del Vallo e un grande monumento architettonico, il ponte a dodici arcate, detto Ponte dell’Ammiraglio, che a Palermo un tempo scavalcava il fiume Oreto

Le vicende storiche appena ricordate ci debbono fare riflettere sulla circostanza che la Sicilia raggiunse il culmine della sua potenza quando i suoi interessi politici ed economici erano indirizzati all’altra sponda del Mediterraneo.

Sulla toponomastica siciliana potete leggere anche i seguenti articoli:

Basta con le vie, le piazze e le scuole dedicate ai nemici della Sicilia

Onore a Nicolò Garzilli ed eterno ludibrio ai traditori della Sicilia

Il 4 Aprile 1860: inizia l’era della grande corruzione

La rivolta di Giuseppe d’Alesi, il Masaniello di Palermo dittatore per appena tre mesi

Pietro Pisani e la Real Casa dei Matti di Palermo

L’elsa della spada di Matteo Bonello: una storia siciliana

Emanuele Notarbartolo: storia di un delitto di Stato a Palermo

La storia di Federico II Imperatore e usurpatore

 

 

 

Visualizza commenti

  • Caro Direttore, sconoscevo questi avvenimenti storici della nostra Sicilia, come sconoscevo l'espansione territoriale della Sicilia per periodo regio di Guglielmo II anche per merito di questo condottiero egregio.
    I nostri politici dovrebbero approfondire meglio la storia Siciliana per far tornare la Sicilia in AUGE, quale merita.
    La ringrazio e vorrei che Lei potesse pubblicare spesso altri avvenimenti simili della nostra terra che sono di grande aiuto e supporto motivazionale per colore che abbiamo il sangue di colore rosso/giallo.

  • Forse voleva dire i normanni, che a loro volta avevano liberato la Sicilia dagli oppressori, sterminatori, musulmani (dell'altra parte del mediterraneo, appunto), che infliggevano ai cristiani siciliani tante imposizioni umilianti.

  • Forse voleva dire che il culmine della potenza lo raggiunsero i normanni... che a loro volta avevano liberato la Sicilia dagli oppressori, sterminatori, musulmani (dell’altra parte del mediterraneo, appunto), che infliggevano ai cristiani siciliani tante imposizioni umilianti. Al tempo dei normanni in Sicilia vivevano: siciliani, greci, ebrei, gli arabi rimasti (secondo alcune fonti la metà di quelli che c'erano prima dell'arrivo dei normanni), bizantini tra i quali influenti consiglieri dei regnanti normanni, e, tutti i popoli portati dai normanni per ricristianizzare la Sicilia, ovvero, lombardi, piemontesi, bretoni, normanni, campani, pugliesi, calabresi, altri cittadini della penisola. I siciliani ? Una minoranza. In riferimento alla chiosa finale dell'articolo.

    • Signor Marco non si faccia influenzare dal presente per leggere la storia di secoli fa. Il periodo arabo della Sicilia fu uno dei più prosperi della sua storia. Basti pensare alle novità introdotte in campo agricolo. I cristiani inoltre potevano continuare a professare la loro fede, era previsto tuttavia un regime fiscale più oneroso.
      I Normanni ebbero la grande abilità di non disperdere questa eredità : da Ruggero a Federico II si avvalsero sempre della collaborazione di funzionari arabi.
      I Normanni guardarono a tutte le sponde del Mediterraneo, prendendo il meglio da tutti. E' questo il loro lascito al popolo siciliano e all'identità siciliana che hanno contribuito a forgiare.

Pubblicato da