Toponomastica siciliana 6 bis/ Emanuele Notarbartolo ucciso tra mafia e Banco di Sicilia

2 giugno 2016

Emanuele Notarbartolo, al quale Palermo dedica una via importante, è una delle prime vittime ‘eccellenti’ del sistema di potere politico-mafioso italiano. Ucciso nel 1893 dalla borghesia mafiosa di quegli anni che si stringeva a attorno a Francesco Crispi, forse uno dei peggiori politici siciliani di tutti i tempi. Una storia esemplare dove la mafia trionfa. E anche un monito per chi si permette, ancora oggi, di denunciare i rapporti tra Stato e mafia

A Palermo la via (Emanuele) Notarbartolo è un’arteria vitale. Con le addizioni della Via Leonardo da Vinci a Sud e della via dei Cantieri a Nord, attraversa longitudinalmente quasi tutto il tessuto viario della città nuova.

La grande arteria è intestata ad Emanuele Notarbartolo, marchese di San Giovanni, il quale, dal 26 ottobre del 1873 al 30 settembre 1876, fu sindaco di Palermo. Durante il suo governo, attuò varie opere urbanistiche ed fu tra i promotori della costruzione del Teatro Massimo Vittorio Emanuele (si chiama  proprio così!) di Palermo.

Nel febbraio 1876 fu nominato dal governo presieduto dal piemontese Giovanni Lanza direttore generale del Banco di Sicilia. Notarbartolo cercò di riorganizzare il sistema bancario siciliano che era stato devastato dall’Unità. A lui di deve quelle rete capillare di agenzie che caratterizzò la banca.

Ma il Banco di Sicilia, a causa di una serie di spericolate operazioni  imposte da alcuni componenti del consiglio di amministrazione, era sull’orlo del fallimento. Tra gli amministratori, quasi tutti politici e molti dei quali collusi con la mafia del tempo, un ruolo particolare rivestì il parlamentare  nazionale Raffaele Palizzolo, che il governo trasformista di Agostino De Pretis affiancò a Notarbatolo, il cui lavoro di pulizia al Banco gli inimicò molta gente, tra la quale proprio Palizzolo, le cui speculazioni avventate crearono forti scontri con Notarbartolo.

Ovviamente a pagare fu Notarbartolo, che il governo presieduto dal siciliano Francesco Crispi (e ti pareva!) costrinse alle dimissioni nel 1890.

Notarbartolo, differenza di tanti “eroi bancari” di oggi che se ne vanno a casa ricchi, dovette fare causa per avere riconosciuta la pensione.

Il 1º febbraio 1893 (“alla scurdata”), nel tragitto in treno tra Termini Imerese e Trabia, Notarbartolo  venne ucciso con 27 colpi di  pugnale da Matteo Filippello e Giuseppe Fontana, sicari legati a Cosa nostra.

Nel 1899 (alla buon’ora!) la Camera dei deputati autorizzò il processo contro Raffaele Palizzolo, ritenuto mandante dell’assassinio. Nel 1901 venne giudicato colpevole, ma la condanna fu annullata dalla Cassazione. Alla fine Palazzolo fu assolto dalla Corte d’Assiste di Firenze per insufficienza di prove.

Chi ci ricorda?

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Foto tratta da italiadallestero.info

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