L’elettrodotto sotto lo Stretto di Messina? Fa risparmiare l’Italia, non la Sicilia

3 giugno 2016
Energia: ancora una volta lo Stato – che in questo caso prende il nome di Terna – tratta la Sicilia come una colonia. Vi raccontiamo come, pur pagando costi sociali elevatissimi (l’incredibile inquinamento della Valle del Mela, in provincia di Messina), ci fanno pagare l’energia più ‘salata’ d’Italia. Non solo: in caso di blackout, prima viene il Centro Nord Italia, poi la Sicilia. La possibile ricetta per abbattere il costo dell’energia per famiglie e imprese dell’Isola

Come stanno realmente le cose in Sicilia con l’energia?
Terna sta raddoppiano il cavo sottomarino sotto lo Stretto di Messina e dice che da questo raddoppio l’Italia riceverà un risparmio sulla bolletta pari a circa 600 milioni di Euro l’anno. Una fortuna, si direbbe. In questo caso è legittimo chiedersi: “Nel concetto di Italia è ricompresa anche la Sicilia” o il risparmio riguarda solo l’Italia in senso stretto, cioè la Penisola?
Noi riteniamo che si tratti della seconda ipotesi. Staremo comunque a vedere. Il problema però va inquadrato in un contesto più generale sul quale invece oggi non c’è alcuna chiarezza.
L’elettrodotto va a “scendere a mare” nella Valle del Mela, un angolo della provincia di Messina già massacrata dall’inquinamento. In questa stessa area, infatti, insiste un progetto di inceneritore di rifiuti, oltre alla vecchia raffineria di Milazzo, i cui gas sono trasportati dal vento proprio verso est nella nella Valle del Mela.
La vita degli abitanti di quest’area della Sicilia vale ancora qualcosa? O la vogliamo trasformare in una Valle della Morte? E’ lecito chiedersi se esiste un progetto di compatibilità ambientale o se, per fare risparmiare un po’ di bolletta all’Italia, la nostra vita non vale proprio nulla?
Ancora. Possiamo rivolgerci alla Magistratura per avere giustizia? Ne dubitiamo, se poi i monitoraggi ambientali avverranno come quelli del MUOS e se la giustizia sarà ancora fatta “nell’interesse strategico nazionale”.
Già, l’interesse strategico nazionale, lo stesso che, se vincerà il SI al referendum sulle ‘riforme’ costituzionali, consentirà allo Stato italiano di prendere al nostro posto qualunque decisione vitale e di passare sul nostro cadavere.
La Sicilia, come sempre, soccombe davanti all’interesse nazionale, anche quando è in gioco la stessa sopravvivenza fisica dei suoi abitanti. Ma c’è un altro aspetto di questa vicenda che merita chiarezza. Come mai – ci siamo chiesti – una regione più che autosufficiente da un punto di vista energetico come la Sicilia, al punto che esporta energia nel Continente, paga la bolletta elettrica più alta d’Italia?
E’ un meccanismo infernale, a tratti ancora non chiaro, che fa sì che noi paghiamo la nostra stessa energia a prezzi maggiorati. Nulla ci guadagna la Sicilia dal transito dell’energia dallo Stretto, che è letteralmente regalata, e nulla dai piani di riaccensione nazionale, che – in caso di blackout – vedono dirottare immediatamente l’energia siciliana sul “produttivo” Nord Italia senza compenso per il rischio e per il disservizio.
Ma perché oggi l’energia in Sicilia è così cara? Esiste una “Borsa elettrica” in cui domanda e offerta si incontrano, questo lo sappiamo. E, come si insegna nei manuali d’economia, se l’offerta si concentra o si restringe, allora il prezzo sale.
Per legge si deve assegnare in prima battuta la preferenza a chi offre energie rinnovabili. Le energie rinnovabili però non sono immagazzinabili e, vista la rete elettrica fatiscente (ma come mai? che strano, proprio in Sicilia la peggiore rete elettrica d’Italia!) vengono pagate e disperse. Subito dopo entrano in gioco le vecchie centrali termoelettriche, ormai privatizzate, che però fanno cartello tra di loro, imponendo i loro costi.
Gli esuberi di energia “verde” non passano attraverso lo Stretto, per la poca capacità dell’attuale collegamento. Con il nuovo collegamento le cose dovrebbero cambiare in meglio (per il Continente di sicuro, per noi chissà). Aumenterà infatti l’offerta elettrica e diminuirà il prezzo.
Ma, stante la politica attuale, c’è da giurare che il cartello produttivo vigente in Sicilia continuerà a fare affari sulla nostra testa, vendendo ai Siciliani l’energia dei Siciliani al più caro prezzo.
Mai, come nel caso dell’energia, si dimostra così l’importanza dell’indipendenza energetica, la sua essenzialità per qualunque progetto di sviluppo. Il fare parte, in parte, del mercato nazionale non apporta infatti alcun vantaggio alla Sicilia, né il fatto in sé di avere più collegamenti sottomarini, per i quali, se i profili sanitari ed ambientali non fossero preoccupanti, non ci sarebbe motivo di avere pregiudizi.
L’energia, come i rifiuti, è uno di quei servizi pubblici dai quali nascono rendite miliardarie (e appetiti miliardari). La collettività deve rimettere al centro l’interesse pubblico all’autosufficienza energetica, e al contenimento dei costi, e se si deve sfidare qualche interesse forte, pazienza.
La Sicilia è ricchissima di risorse rinnovabili, talmente ricca che, investendo sulle proprie reti (che dovrebbero essere demanio siciliano esclusivo) e su sistemi di accumulazione dell’energia dalle stesse, potremmo intanto incentivare la generazione diffusa per l’autoconsumo che abbatterebbe quasi a zero la bolletta per famiglie ed imprese.
Rinnovando la rete e investendo sull’accumulo non pagheremmo più “un botto” per l’energia pulita che si perde “più” quella tradizionale (molto tradizionale dalle nostre parti) che deve comunque sempre essere tenuta a disposizione per sopperire alle carenze delle energie rinnovabili.
La Sicilia, di fronte al cartello dei produttori di termoelettrico, prendendo atto che la produzione privata di energia non funziona (salvo quella rinnovabile), può, anzi deve prendere il controllo delle proprie centrali, anche per spegnerle, quando sarà possibile, guadagnando in ambiente e salute. Ma guadagnando anche dall’esportazione in Italia di energia.
Non ci si parli di Europa e di concorrenza. Quella, trattati alla mano, vale quando ci sono vantaggi per il consumatore finale, e questi oggi non ci sono, anzi è vero tutto il contrario. Non siamo contrari ai cavi in quanto tali, noi possiamo e dobbiamo esportare il nostro sole, ma a condizione che questo sia davvero nostro e non venga regalato alle solite condizioni da colonia.

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