Proseguiamo con Alfonso Nobile il nostro viaggio tra le opinioni sull’Autonomia Siciliana che il prossimo 15 Maggio festeggerà 70 anni. Vogliamo conoscere il vostro pensiero al riguardo, non solo quello degli studiosi (né tantomeno quello dei politici). Vi invitiamo, pertanto, a partecipare e ad inviare il vostro contributo a inuovivespri@gmail.com
di Alfonso Nobile
“Tra pochissimi giorni ricorre il settantesimo anniversario dello Statuto. Come è stato già ricordato negli articoli precedenti, lo “Statuto speciale per la Regione siciliana” rappresenta il trattato di pace tra due nazioni (quella siciliana e quella italiana) in guerra senza esclusioni di colpi, con morti e feriti da entrambe le parti (già in quell’occasione si poteva vedere la slealtà degli italiani che, a differenza dei siciliani, praticavano la tortura sui prigionieri, denunciata anche in sede costituente da Andrea Finocchiaro Aprile: non si deve dimenticare il ferocissimo maresciallo capo Alberto Leone!), guerra culminata nell’aspra battaglia di Monte San Mauro il 29 dicembre 1945, in cui l’esercito siciliano (l’EVIS), guidato dall’eroico Concetto Gallo, si scontrò contro un intero reparto di 500 uomini, fornito di artiglieria pesante e carri armati, guidato dal generale Fiumara (che suppliva alla temporanea assenza del generale Berardi, il quale, invece, cercava un dialogo col MIS per evitare bagni di sangue: assenza sfruttata dall’alto commissario Aldisio per spingere l’aggressione militare).
In quel momento storico il popolo siciliano, stanco delle violenze italiane (non dimentichiamo, ad esempio, la strage del pane del 19 ottobre 1944, dove l’Italia, su richiesta del solito Aldisio, rispose col piombo e le bombe a mano ad una folla di gente che manifestava in via Maqueda a Palermo per chiedere, appunto, pane) era molto più consapevole delle potenzialità di una Sicilia indipendente (non a caso il MIS contava 500.000 iscritti su una popolazione di 2.500.000 abitanti).
Le ragioni dell’indipendenza erano moltissime, ma lo Stato, come detto, vinse sul piano militare. Per cercare di svuotare le tesi separatiste si pensò di dotare la Sicilia di un’ampia autonomia e di lasciare ai siciliani la facoltà di dotarsi del proprio Statuto (che idealmente rappresenta, dopo quelle del 1812 e del 1848, la terza Costituzione ancora vigente) e fu così che si istituì una commissione fatta da sei rappresentanti dei sei partiti del CLN e tre membri tecnici dell’Università degli Studi di Palermo.
Alla fine del 1945 (pochissimi giorni prima della ricordata battaglia) fu esitata la bozza di Statuto che, dopo discussione, fu emanato, entrando in vigore il 15 maggio sotto forma di Regio Decreto N.455 con le firme del re Umberto II e del ministro di Grazia e Giustizia Palmiro togliatti. In virtù del R.D. si sarebbe votato per eleggere la prima Assemblea Regionale Siciliana il 20 aprile 1947 (successivamente, senza subire alcuna modifica, la Costituente lo avrebbe inserito in Costituzione con la Legge Costituzionale N.2 del26/02/1948), con la vittoria del Blocco del Popolo e la conseguente strage di Portella della Ginestra.
Lo Statuto speciale (testo avanzatissimo che introduce, tra l’altro, il concetto di materie di competenza esclusiva e di materie di competenza concorrente) disegna, in teoria, un vero e proprio “Stato regionale di Sicilia”, titolare di tutte le competenze proprie di un vero e proprio Stato sovrano, tranne che nelle materie di Esteri e Difesa, di competenza esclusiva dello Stato. Nella realtà l’Italia non ha mai pensato di dare autonomia reale alla Sicilia, intendeva soltanto svuotare di argomenti il MIS (che dopo qualche anno si sarebbe nei fatti sciolto) e pacificare la Sicilia: raggiunti questi obiettivi lo Stato getta la maschera e inizia a svuotare di contenuti lo Statuto, non emanando mai i decreti attuativi e disinnescando l’Alta Corte con una sentenza scandalosa della nascente Corte Costituzionale, che ne avoca a sè le competenze.
Oggi ci si chiede se l’autonomia siciliana sia ancora attuale oppure no: io ritengo che si possa anche ritenere superata dalla Storia, ma in quel caso l’Italia e la Sicilia dovrebbero accettare una pacifica separazione consensuale nell’interesse dell’Italia (che considera l’isola la propria palla al piede) e della Sicilia (per cui regalare all’Italia il 12,5% (10 miliardi di euro) del proprio PIL (80 miliardi di euro), ovvero il 25% del proprio gettito fiscale, è un lusso che non può più permettersi).
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