Sembra incredibile che dobbiamo essere noi a ricordare al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone, che cosa prevede lo Statuto sui Comuni della nostra Isola. Solo la Regione è autorizzata a disciplinare tale materia sia sotto il profilo legislativo, sia sotto il profilo amministrativo. Quanto alle città metropolitane, se non ci piacciono, possiamo anche non istituirle. Altro che adeguarci alla legislazione nazionale!
In questo blog è stata esaminata la questione della legge regionale istitutiva dei liberi consorzi di Comuni e delle città metropolitane e dell’impugnativa di questa legge da parte del Governo centrale. Abbiamo appreso della posizione divaricata del presidente della Regione, Rosario Crocetta, rispetto alla posizione del presidente del Parlamento dell’Isola, Giovanni Ardizzone, sul tema del governo delle città metropolitane. E, in particolare, ci è parsa degna di attenzione la tesi di Ardizzone, che addirittura vorrebbe che il Parlamento siciliano approvasse una semplice leggina di recepimento della legge nazionale.
Nel leggere di queste liti tra comari c’è da chiedersi se l’Autonomia regionale è morta per cause naturali e questi sono i suoi becchini, oppure se l’Autonomia è morta di morte violenta e questi sono i suoi assassini.
Mentre all’Ars è ripresa la discussione, noi facciamo un passo indietro.
In Sicilia gli enti locali non sono, ripeto non sono le Province e i Comuni, ma i Comuni e i liberi consorzi di Comuni.
In materia di enti locali (quindi Comuni e liberi consorzi) in forza dell’art.14 dello Statuto, la Regione siciliana ha una competenza esclusiva. Il che significa che le leggi statali in questa materia non operano, e che autorizzata a disciplinare quella materia è solo la Regione siciliana, sia sotto il profilo legislativo, sia sotto il profilo amministrativo. La Regione siciliana, negli anni ’50 del secolo scorso, dette attuazione al dettato normativo e approvò una legge sui liberi consorzi che non fu mai attuata, né fu mai abrogata. Perché? Io un’idea ce l’ho e potrebbe, questa idea, spiegare anche il perché dell’accanimento dello Stato contro la legge nuova.
I liberi consorzi, proprio perché liberi, nella vecchia legge non avevano un numero prestabilito. I Comuni che avessero voluto consorziarsi avrebbero potuto farlo senza alcun vincolo. Quando il processo di aggregazione del nuovo, e quindi di disaggregazione del vecchio fosse stato concluso, i liberi consorzi avrebbero assunto la denominazione di Province regionali.
Quante sarebbero state? E chi può dirlo? Ma allora, vi chiederete, che fine avrebbero fatto le Prefetture? Ne avrebbero seguito le sorti? Sarebbero dunque aumentate o diminuite? Dunque sarebbe stata la Regione a deciderlo? La risposta è: sarebbero scomparse, sostitute da organi regionali. Perché le Prefetture, quali organi statali, se contemporaneamente fossero stati attuati gli articoli 20 e 31 dello Statuto regionale, non avrebbero avuto motivi di esistere.
Che cosa dicono infatti questi articoli? Il 20 dice che il Presidente della Regione rappresenta lo Stato in Sicilia, altro che Prefetti! Per inciso, un decreto luogotenenziale mai abrogato e mai attuato, abilita il Presidente della Regione a coordinare l’attività dei prefetti (figuratevi Crocetta che coordina i Prefetti! Meglio Ficarra e Picone).
L’art. 31 dello Statuto conferisce al Presidente della Regione i poteri di polizia. Ma lo Stato non solo non ha dato attuazione agli articoli 20 e 31, ma “persuase” la Regione a non dare corso alla legge sui liberi consorzi.
E cosi gli odierni “ascaretti”, pronipoti di quegli antichi ascaroni, invece di fare un solenne cachinno allo Stato che impugna le leggi regionali, se la fanno sotto e fanno a gara a chi è più servo. Che c’entrano in Sicilia le città metropolitane? Dobbiamo farle perché lo Stato le vuole e le fa nel resto del Paese? E allora? A noi servono? Sono coerenti con le nostre realtà locali? Sono utili?
Queste sono le domande vere. Ci dicono che senza perderemmo i finanziamenti extraregionali. Non è vero, tant’è che Renzi è venuto a darceli lo stesso (si fa per dire), inventandosi per l’occasione l’Autorità urbana in sostituzione delle Città metropolitane. Si può fare, allora, si può fare…
Ma i nostri politici sono schiavi e, come i capponi di Renzi, si accapigliano e si beccano sul se il sindaco di una realtà artificiale debba essere il sindaco del capoluogo, cosi favoriamo Bianco e Orlando, o no così li freghiamo e forse freghiamo anche Ardizzone che aspira a diventare ‘Arcivescovo metropolitano’ di Messina.
Che c’entra in tanto squallore l’incostituzionalità della legge? Forse in mezzo a tanto servilismo è diventato incostituzionale opporsi o alla Madia o alla Boschi o Dolores De Rio?
Vergogna, vergogna, vergogna!
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