In molti ormai lo sanno. Ma che i vertici dell’Ars lo ripetano è importante. Il presidente di Sala d’Ercole lo ha ribadito, alla vigilia del 70esimo anniversario dell’Autonomia, sollecitando i deputati a vigilare su Roma e sulla riforma costituzionale che potrebbe riservare qualche trappola alla Sicilia
Ormai lo sappiamo. Ma che il concetto sia ribadito dai vertici dell’Ars è sempre cosa buona e giusta. Parliamo dello Statuto siciliano che il prossimo 15 Maggio compirà 70 anni. E della querelle sulla sua applicazione. Oggi a Sala d’Ercole, il presidente del Parlamento siciliano, Giovanni Ardizzone, non ha usato eufemismi. Nel sollecitare l’attenzione dei deputati alla riforma costituzionale varata dal Governo nazionale e al pericolo che da Roma arrivi l’ennesima offensiva subdola alla nostra Autonomia, ha detto: “Sicuramente abbiamo bisogno di rivedere lo Statuto prima che ci arrivi una riforma calata dall’alto, ma deve essere chiaro che le sue parti finanziarie non sono mai state applicate”.
Non è la prima volta che Ardizzone si sofferma sugli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto, articoli che sono il cuore dell’Autonomia siciliana (prevedono, tra l’altro, la territorializzazione delle imposte) e che lo Stato si guarda bene dall’applicare visto che, come denunciato anche dalla Corte dei Conti, continua ad incassare in maniera unilaterale soldi che spetterebbero alla Sicilia. Non a caso dai centri di potere nazionale arrivano continui attacchi all’Autonomia. E’ una questione di soldi. Che sarebbero nostri, ma che incassa Roma. L’ ultima tentazione è quella di abolirla del tutto, lavoro già iniziato dall’inviato di Renzi in Sicilia, Alessandro Baccei. Così non solo i Siciliani non avranno parola sulle proprie risorse e sui tributi versati nella regione, ma non avranno neanche più un appiglio costituzionale (lo Statuto è parte della Costituzione) per ribellarsi.
Ardizzone ha anche annunciato che è stata istituita la Commissione di indagine sui contenziosi con lo Stato. Decisione che scaturisce dall’approvazione della mozione contro la rinuncia ai contenziosi con lo Stato firmata nel 2014 dal Presidente della Regione, Rosario Crocetta. Si tratta di stabilire il valore economico delle sentenze favorevoli a cui Crocetta ha rinunciato, visto che le stime parlano di 5 miliardi di euro, mentrein Aula, Baccei aveva ridotto la cifra a meno di un miliardo.
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C'è da dire che una grande percentuale di imbecilli
che governa l regione siciliana non conosce lo statuto regionale, oltre a non conoscerne la storia. La regione siciliana fini al 1982 aveva una propria tesoreria dove finivano i proventi della tassazione popolare. Tra gli anni sessanta e settanta la tesoreria regionale trabocca di utili tanto che in quelli anni nacquero tutta una serie di conpartecipate iniziative imprenditoriali dove la regione investita i capitali e siccome la regione non poteva avere utili questi stessi venivano reinvestiti. Il lavoro non mancava, il tasso di disoccupazione era al di sotto di numeri a due cifre. Infatti le più grandi imprese industriali venivano ad investire in Sicilia in quanto finanziate dalla stessa regione. Dopo il 1982, credo allora ci fosse primo ministro un certo Goria, astigiano ,leghista in pectore, fu deciso di calpestare lo statuto regionale privato la Sicilia della propria tesoreria. Da li è cominciato il furto sistematico e crescente nei confronti dei siciliani, senza che nessuno si oppone se a questa porcate. Ecco come è nata una forma di paraculismo è asservimento al potere dello stato, dei nostri amministratori per ingraziarsi la benevolenza del correntismo politico per adire a qualche seggio al parlamento o al consiglio dei ministri. Preciso quel che ha fatto Crocetta con la firma del concordato di rinunzia ai crediti che la regione Sicilia vanta nei confronti dello stato italiota. Perché il Crocetta sa benissimo di non potersi ricandidatura al parlamento regionale in quanto non lo voterebbe neanche sua madre, mentre se para il culo in tempo magari gli potrebbero riservare il posto in una circoscrizione blindata, per poter continuare a fare politica al consiglio dei ministri, o come deputato in Europa, tanto non sa fare altro. Che ve ne pare come analisi dell'uomo della strada?