L’Islanda caccia il proprio premier per i panama papers, in Italia intervistiamo il figlio di Totò Riina

8 aprile 2016

Siamo fatti così, noi italiani. Magari non tutti, magari c’è chi non ci sta. Ma l’Italia officiale non sa che farsene della moralità. L’Italia officiale perdona e assolve a ritmo continuo: fa visita ai latitanti, accoglie i delinquenti, legge i libri di chi è stato in carcere, elegge in Parlamento popstar, nani e ballerine, celebra funerali di Stato ai mafiosi, s’inchina, durante le processioni, al cospetto dei boss. Forse in Cielo si accorgeranno che non funziona così: ma sarà troppo tardi…

  

Le grida scomposte “che da tante parti d’Italia si levano” per l’intervista televisiva di Bruno Vespa al figlio di Totò Riina la dicono lunga sulla nostra cattiva coscienza.

Nel nostro Paese, di dubbia, faticosa e rarefatta moralità, ogni occasione è buona per un lavacro, ed è anche una buona occasione per dare prova prima di tutto a se stessi di moralità. Ognuno di noi, in casi come questo, viene a contatto con il vero se stesso. E non gli piace.

Noi siamo questi, siamo quelli che vanno fare visita alla tomba di un pregiudicato latitante e ne facciamo un messaggio politico, della serie ragazzi non è finita, siamo qui noi, la festa continua, fidatevi.

Noi siamo quelli che omaggiamo e salutiamo i pregiudicati che lasciano il carcere a fine pena senza pronunciare una parola di scuse, che ostendono, quasi fosse un incensiere, i propri quaderni dal carcere e vengono accolti a braccia aperte perfino da educatori e preti, i discendenti del grande cardinale per il quale la mafia non esisteva.

Noi siamo quelli che eleggono al Parlamento popstar, nani e ballerine, che vi lasciano a godersi i nostri soldi condannati e pregiudicati.

Noi siamo quelli che intervistano in TV  stagiste clintoniane brave all’orale; quelli che facciamo i funerali di Stato ai Casamonica, gli inchini ai boss nelle processioni, quelli che impediscono l’arresto di delinquenti comuni, che applaudono il delinquente comune che ha mandato in coma un ragazzo.

Quelli che salutano mentre sono portati in carcere e siamo la folla che risponde con rispetto al saluto.

Siamo quelli che ingaggiamo capitani scoraggianti, responsabili di naufragi per insegnare la gestione del panico, siamo quelli che mandano al servizio civile pregiudicati per reati sessuali.

Perché dunque scatenare una bagarre per Salvuccio Riina? Ma in TV, anche in quella pubblica, non ci sono rubriche settimanali con lunghe interviste a pregiudicati, rei di efferati delitti?

Dov’è la novità?

Sono sicuro che quasi  tutti i giornalisti che hanno “condannato e stigmatizzato” avrebbero fatto carte false per far loro lo scoop e la loro invidia si è trasformata in indignazione

Siamo il Paese  del perdono e dell‘assoluzione. Nel quale basta confessarsi, dire di essere pentiti ed andare assolti, tenendosi stretto il frutto delle proprie malefatte.

E se c’è veramente un’altra vita e lì scopriremo che non funziona così? Saranno dolori, ma sarà troppo tardi.

Onore alle sorelle libraie di Catania e al popolo islandese che ha cacciato via immediatamente il suo premier per i panama papers, senza dibattiti, senza articoli di fondo, senza distinguo, senza polveroni, senza se e senza ma.

Qui basterà una smentita indignata e tutti resteranno saldamente ai loro posti, con tanti complimenti.

 

 

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