Crocetta, Ingroia, Cracolici: arrivano le ‘bastonate’ della Corte dei Conti

1 aprile 2016

Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e il presidente di Sicilia-E Servizi, Antonio Ingroia, pensavano di essersela fatta liscia. Invece la Procura della Corte dei Conti li ha riacciuffati in appello per una storia di assunzioni. L’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici – al pari di altri cinque ex capigruppo dell’Ars – è stato condannato. Per lui una bella ‘botta’: dovrà risarcire oltre 346 mila Euro. La replica di Antonio Ingroia

Un fatto è certo: con la Corte dei Conti della Sicilia non ci sono sconti. Soprattutto per i potenti. Ne sanno qualche cosa il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici. Il primo dovrà essere giudicato dalla magistratura contabile. Il secondo è già stato condannato: dovrà risarcire oltre 346 mila Euro.

Storie diverse. Legate da un denominatore comune: il denaro pubblico. Su questo punto non è più come un tempo.

Già, il passato. Un tempo alla Regione, nei Comuni e, in generale, nelle società pubbliche si assumeva personale senza concorso. Celebre una legge nazionale in voga nei primi anni ’80 del secolo passato: la ‘mitica’ legge nazionale n 282: la chiave universale per entrare a far parte della pubblica amministrazione siciliana senza alcuna selezione. Una pacchia per chi è stato assunto, una mezza rovina per l’Amministrazione regionale che ha inglobato personale non qualificato. Ovviamente in barba all’articolo 97 della Costituzione.

Celebre il caso di chi contava le targhe delle automobili non siciliane che arrivavano a Siracusa: un lavoro ‘creativo’ che ha fruttato tante assunzioni nei ranghi dell’Amministrazione regionale. I risultati si vedono…

Oggi non è più così. E’ il caso del già citato presidente Crocetta e del presidente di Sicilia-E Servizi, l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia. Che hanno assunto personale senza concorso. Con la motivazione che, senza queste assunzioni, si sarebbe bloccata tutta l’Amministrazione regionale.

La storia è un po’ contorta. E risale ai primi del 2000, quando viene creata una Società – la già citata Sicilia-E Servizi – con la Regione nella partecipazione azionaria. A questa società viene affidata la gestione dei servizi informatici della Regione.

A gestire un servizio così importante vengono chiamati i privati di questa società. Perché una Regione metta nelle mani dei privati servizi così importanti non è facile capirlo. Forse la spiegazione sta nel fatto che si era nei primi anni del 2000, quando Berlusconi governava l’Italia. Un periodo in cui il privato contava più del pubblico. Anni in cui – tanto per citare un altro esempio – in Sicilia si stabilisce di cedere a una società privata tutte le infrastrutture idriche pubbliche. Consentendo a questa società privata – Sicilacque – di rivendere ai siciliani l’acqua degli stessi siciliani!

Non vi dovete stupire, perché la stessa cosa sta avvenendo oggi con Renzi e con il PD. Non a caso l’attuale Governo nazionale, di recente, ha impugnato una legge regionale che dava potere ai Comuni in materia di gestione idrica. Insomma, l’acqua la debbono gestire i privati alla faccia del referendum del 2011.

Su questo (e su altri punti) il PD e Renzi la pensano come Berlusconi. Il Governo Renzusconi non è un’invenzione…

Ma torniamo a Sicilia-E Servizi. Quando Ingroia si insedia al vertice di questa società trova una situazione oggettivamente difficile. Se non assume il personale si blocca l’Amministrazione regionale. Se assume ne risponde alla Giustizia. In questo caso alla Giustizia contabile: la Corte dei Conti.

In realtà, c’è già stato un pronunciamento della Sezione Giurisdizionale per la Sicilia della Corte dei Conti, che ha dichiarato il difetto di giurisdizione sulle assunzioni della Società Sicilia e Servizi. Ma il procuratore della Corte dei Conti, Giuseppe Aloisio, e il suo vice, Gianluca Albo, hanno presentato un ricorso che è stato accolto. Con molta probabilità, la parola dovrebbe passare adesso alla Corte di Cassazione.

Più diretta la vicenda che coinvolge Cracolici e, in generale, un bel numero di ex capigruppo dell’Ars della passata legislatura: Francesco Musotto, Dino Fiorenza, Innocenzo Leontini, Rudi Maira e Titti Bufardeci: tutti condannati come Cracolici.

Le accuse mosse ai capigruppo riguardano, neanche a dirlo, la gestione dei fondi dei gruppi parlamentari.

La spesa di questi fondi presenta due volti.

C’è chi li ha utilizzato in modo improprio: acquistando regali, gioielli e altre cose che nulla hanno a che vedere con la politica e con l’attività parlamentare. per questi c’è poco da fare: hanno sbagliato.

Poi c’è un secondo scenario, che è un po’ più complicato. Mettendo da parte le miserie dei cornetti, dei caffè e dei panettoni (che i parlamentari di Sala d’Ercole, che non hanno indennità da fame, potrebbero pagare con i propri soldi), ci sono spese che, magari, non rientrano nell’attività del gruppo parlamentare, ma che potrebbero rientrare nell’attività politica: convegni, spese legali legate all’attività dei deputati e altro ancora.

In generale, queste potrebbero essere spese legittime. Che, però, diventano sbagliate se legate a vicende elettorali. Perché in questo caso i parlamentari e gli amici degli stessi parlamentari, di fatto, grazie a queste risorse finanziarie (che sono significative), si avvantaggiano rispetto ai candidati che non godono di queste risorse.

Da questo punto di vista l’inchiesta della Corte dei Conti e le relative condanne per i politici non sono campate in aria. Anzi.

 

Aggiornamento: ore 08.50 del 2 Aprile – dichiarazione di Antonio Ingroia

“Si tratta di una singolare decisione tecnica che comunque non entra nel
merito”.

Antonio Ingroia commenta così la decisione della sezione d’appello della Corte dei Conti che ha giudicato  la Corte competente ad esprimersi sull’assunzione dei lavoratori dell’ex socio privato di Sicilia E-Servizi.

“Vedremo cosa accadrà – continua l’amministratore unico della partecipata regionale – intanto la Corte dei Conti rivendica solo la propria competenza a giudicare. Mentre le uniche decisioni nel merito sono quelle del Tribunale del lavoro che ha ribadito non soltanto la legittimità delle assunzioni, ma la loro doverosità, tanto che ha addirittura obbligato la società a riassumere i lavoratori che erano stati esclusi dopo un periodo di prova, proprio perché bisognava – secondo i giudici – assumerli tutti, in blocco e a tempo
indeterminato, fin dall’inizio. Mi auguro perciò che nel prosieguo del giudizio della corte dei conti non si apra un conflitto istituzionale fra Corte dei Conti e Tribunale del lavoro. Ma d’altra parte non posso non segnalare la singolarità della motivazione di questa pronuncia che va contro le decisioni della Cassazione in materia e dichiara di applicare una direttiva comunitaria entrata in vigore solo dopo le assunzioni in questione, tanto che neppure la stessa Procura della Corte dei Conti l’aveva citata”.

 

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