I ‘Nuovi filosofi’ del centralismo dello Stato, dal Giornale di Sicilia ai ‘costituzionalisti di ‘grido’…

20 gennaio 2016

Andare contro l’Autonomia siciliana è diventata una moda. Del resto, è molto comodo confondere le istituzioni con gli uomini che indegnamente le rappresentano. In questo momento conviene, perché ci si schiera con i potenti che vogliono eliminare lo Statuto della nostra Isola. Tocca al Giornale di Sicilia e a due eminenti ‘giuristi’: Guido Corso e Antonio Saitta. Purtroppo, per loro, questa volta rischiano di scegliere il cavallo sbagliato. Perché i siciliani si stanno svegliando. E sono intenzionati a riprendersi il proprio futuro. Alla faccia degli ‘ascari’. Compresi quelli travestiti da intellettuali

Se non li conoscessimo ci sorprenderemmo, troveremmo incomprensibile che una Nazione come la Sicilia abbia una classe dirigente in gran parte votata al danneggiamento della propria stessa terra a beneficio di poteri esterni. Ma sappiamo bene che è così. È così forse da 600 anni, quando i baroni preferirono avere un re lontano che fosse loro socio nella spremitura dei sudditi e che li lasciasse indisturbati, a un re vicino che, dovendo fare l’interesse nazionale siciliano, comprima i loro loschi interessi.

Non ci sorprende che il quotidiano stampato più diffuso di Sicilia si faccia portavoce del regime, con proclami a senso unico, inneggiando ad una riforma costituzionale che comprime i margini dell’Autonomia siciliana sino a farla scomparire.

Beninteso, di fatto è già scomparsa, da tempo. Ma di fatto, appunto. Si tratta, dopo l’uccisione, di fare scomparire anche il cadavere. Così, in una manovra congiunta, il Governo (governo?) siciliano di Rosario Crocetta, il più disistimato dai Siciliani, da un lato senza pudore porta avanti una riforma statutaria in cui si vuole castrare lo Statuto dell’articolo 37, quello che serve a far restare in Sicilia i gettiti dei redditi d’impresa prodotti in Sicilia, e dall’altro “dice di essere autonomista”, ben sapendo che queste affermazioni, in bocca a Crocetta, equivalgono a vilipendio dell’autonomia, e a travolgere nel fango le stesse istituzioni regionali.

E dall’altro lo Stato, con la riforma costituzionale di Renzi, costruisce un mostro giuridico: le norme ordinarie del Parlamento italiano prevalgono sulle norme costituzionali che garantiscono autonomia alle regioni. Qualunque decisione finanziaria e qualunque competenza, se vincerà il SI’, potrà essere avocata allo Stato, che certo ne farà pessimo uso, come pessimo uso ha fatto di tutte le competenze restate in Sicilia in mano allo Stato (strade, scuole, giustizia…).

L’eterno direttore del Giornale di Sicilia plaude a questa novella giuridica. Ma di cosa è contento? Di cosa parla? Dice che così la Regione sarà “tenuta a bada” dallo Stato. In che senso? Nel senso che oltre ai 10 miliardi l’anno rubati dall’Italia alla Sicilia ce ne potranno togliere altri?

Tacciamo sul citato giurista Guido Corso, chiarissimo beninteso, che “non si straccia le vesti” per questa svolta centralista. Quando, durante i governi dell’autonomia di Raffaele Lombardo, era consulente per alcune delle sue partecipate, forse il governo siciliano perse un’occasione per non servirsi di legali meno “tiepidi” nei confronti delle proprie istituzioni.

E che dire del “costituzionalista” Antonio Saitta? Signor Saitta, se lei scende dalla cattedra e fa politica, perché lei non sta facendo più il giurista, ma il rappresentante degli interessi forti italiani in Sicilia, deve accettare le critiche, anche severissime come quelle che merita.

Lei, da professore di diritto costituzionale, reputa normale che una legge ordinaria prevalga su quella costituzionale? Sa che il precedente di questo era nel regime fascista? Io troverei scandaloso che Consulta e Presidente si voltino dall’altro lato, come un Vittorio Emanuele qualunque, anziché difendere libertà e democrazia nella nostra Repubblica. Lei no, peccato, preferisce forse l’ammiccamento dei “bempensanti”, quelli che dicono “che bravo Presidente! che bel discorso di fine anno!” dimenticando che, senza la difesa sostanziale della Carta Costituzionale, anzi dei suoi principi fondanti, sono tutti discorsi vuoti, vuoti e vani, da “bempensanti” appunto.

La sua “sete” di governabilità non le fa capire che, a forza di parlare di governabilità, l’Italia sta scivolando nel regime? Sa che ci sono costituzionalisti “seri” che stanno facendo un appello per il NO? Proprio a noi siciliani dovevano toccare quelli che brindano alla deriva autoritaria, e in particolare alla violenza dell’Italia contro la Sicilia?

Sappia poi che le sue illazioni sulla transitorietà dello Statuto siciliano sono del tutto destituite di fondamento. Sappia che lo Statuto siciliano affonda le proprie radici in almeno 800 anni di costituzionalismo siciliano proprio. Che esso riprende, adattato ai tempi, il modello di Autonomia del Consiglio di Stato siciliano del 1860, che a sua volta adattava alla nuova temperie unitaria le Costituzioni del 1812 e del 1848, vero vanto del costituzionalismo siciliano. Ma lei queste cose non le sa, fa finta di non saperle, o crede che la Sicilia fino al 1946 sia stata una sequenza di dominazioni?

Non sa che l’Assemblea Costituente esercitò il coordinamento e sciolse la “transitorietà” che lei invoca attraverso un recepimento integrale di quel testo? Lo sappia; la informiamo che ciò è successo con la legge costituzionale n. 2 del 1948, con la quale quel testo – che lei vorrebbe ora “transitorio” – è stato recepito per intero.

Lei evidentemente sposa la tesi assolutamente faziosa della Corte Costituzionale sul “mancato coordinamento” dello Statuto con la Costituzione, ignorando la sentenza del 1949 di segno assolutamente opposto dell’Alta Corte della Regione Siciliana, unico foro competente a giudicare sulla costituzionalità del nostro Statuto.

Quando lei dice che lo Statuto siciliano “non ha radici storiche autentiche” getta solo fango su se stesso, getta ombre sul ruolo professionale che ricopre. Se vuole la sfidiamo pubblicamente sul punto per spiegare a lei, e a quelli che la pensano come lei, quali siano queste radici storiche.

Quando lei dice che lo Statuto siciliano è anacronistico ci spieghi, di grazia, cosa c’è di anacronistico in particolare. Se si tratta di riformulare qualche istituto non attuale con nuovi termini ci stiamo; se pensa che sia invece attuale lasciare che la Sicilia sia depredata di tutte le proprie risorse naturali e umane impunemente, sappia che di anacronistico c’è solo questo colonialismo ormai fuori tempo e fuori luogo, che speriamo presto venga a termine.

Come concilia il fatto che lei stesso dice che questo Parlamento è illegittimo, con il fatto che a un Parlamento illegittimo sia stata data nientemeno che la patente per smontare la Costituzione uscita fuori dalla Resistenza? Lei dice, sulla scorta della nota sentenza della Consulta, che il Porcellum è incostituzionale, ma non sa o fa finta di non sapere che l’Italicum che lo andrà a sostituire è sostanzialmente identico nei punti viziati alla norma previgente?

Lei lo sa o no che con l’Italicum (e con un Senato ormai ridotto a carta da parati) una piccola minoranza di persone può disporre del destino di un paese di 60 milioni circa di abitanti? Lo sa o no che diventeremo un Paese meno democratico della Turchia? Da un docente di diritto costituzionale ci si aspetterebbe un senso delle istituzioni un po’maggiore.

Lei però rivela il suo autoritarismo militante quando dice che va bene il centralismo perché Stato e Regioni sono svuotate di funzioni “per i vincoli europei sempre più rigidi”. Se lei fosse democratico, criticherebbe quei vincoli posti da persone elette in fondo da nessuno. Siccome a lei l’autocrazia bancaria evidentemente sta benone, eccome, le sta benone anche la svolta autoritaria e centralista all’interno dei Paesi membri. In effetti, come darle torto: se gli Stati non contano più nulla di fronte alla BCE, che senso hanno le autonomie? In questo certo, se questa fosse la tendenza, sarebbero davvero anacronistiche…

Lei esalta le sentenze “monstre” della Corte Costituzionale contro la Sicilia e critica le rivendicazioni per le norme inattuate. Lei quindi rivendica con orgoglio il disastro causato da 70 anni di Autonomia negata e di centralismo italiano. A lei questa Sicilia sta bene, evidentemente, ignorando che la causa dei nostri mali sta proprio in quelle norme inattuate, sta proprio in un rapporto di ferreo colonialismo che alle élite sicule, di cui lei è uno dei più tipici esponenti, sta benissimo.

Le sta bene che l’Italia chieda le tasse a Google per i profitti realizzati in Italia? Credo di sì. Sa che un ventesimo circa di quelli sono soldi dei Siciliani che con l’art. 37, che i suoi amici a Roma e a Palermo si preparano ad impallinare, andrebbero alle nostre scuole, alle nostre strade, al nostro welfare?  Sa che stiamo parlando di miliardi di Euro?

Ebbene, sappia che dal ventre del Popolo e dalla Società siciliana sta emergendo qualcosa di nuovo. La tema, guardi. Perché spazzerà via questa classe dirigente indegna.

A lei questo degrado e questa umiliazione della Sicilia forse sta bene, a noi NO! È da secoli che gente come lei aiuta i dominatori a distruggere la propria patria; magari si ricevono complimenti e strette di mano al di là dello Stretto. La carriera sarà più fluida, forse. Ma la tendenza ora si è invertita. Il fondo è stato toccato e adesso si risale. Per noi è ora di finirla.

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