Il rilancio della Sicilia passa per la sconfitta del blocco di 800 mila soggetti legati alla spesa pubblica

21 novembre 2015

L’Autonomia siciliana dagli albori ai nostri giorni raccontata da Franco Busalacchi nel corso di un incontro andato in scena a Palermo nei saloni del Villa Airoldi Golf Club. Da Tacito al risorgimento, dal separatismo all’ascarismo. Per arrivare al blocco sociale ed elettorale che da anni blocca la Sicilia. Alcune idee per far rinascere la Sicilia. Partendo dai giovani

Da quando ha aperto questo blog Francesco ‘Franco’ Busalacchi batte sempre su un aspetto della politica – anzi delle malapolita siciliana -: il blocco sociale ed elettorale, composto da circa 800 mila soggetti, che da anni condiziona la vita politica siciliana, soprattutto al momento del voto. Sono 800 mila persone legate alla spesa pubblica improduttiva di una Regione siciliana che, però, ha sempre meno risorse finanziarie a disposizione. Ma è sempre un blocco sociale ed elettorale forte, se non altro perché, pur nelle ristrettezze finanziarie, la forza clientelare delle promesse può essere scalfita solo da una politica che non mantiene le promesse. Purtroppo, i protagonisti della malapolitica siciliana – il PD e le ‘frattaglie’ del centrosinistra o presunto tale, Forza Italia, gli alfaniani in coppia con l’UDC – avranno ancora a disposizione una campagna elettorale per prendere in giro la gente: le prossime elezioni regionali.

BusaDetto questo, è arrivato il momento di adottare le contromisure. Delle possibili contromisure per aiutare i siciliani a non continuare ad affidarsi a una politica di ascari e di professionisti della menzogna si è parlato ieri a Palermo, nei saloni di Villa Airoldi Golf Club, nel corso di un pomeriggio di riflessione culturale e politica promosso proprio da Busalacchi. Dirigente generale della Regione in pensione, conoscitore della ‘macchina’ amministrativa regionale, appassionato di musica classica e di storia, Busalacchi ha deciso di scendere nell’agone politico. Ieri ha parlato di “Sicilia e Autonomia”. E l’ha fatto partendo da lontano, tra citazioni di Tacito e racconti legati alla storia della Sicilia medievale. Per arrivare al risorgimento (con la erre minuscola), che nel Sud Italia è stato un grande imbroglio.
Un imbroglio, certo. Ma anche un momento tragico per la Sicilia, di fatto ‘venduta’ ai piemontesi. Con una serie di vicende squallide passate alla storia come “grandi gesta”. Come la sceneggiata conosciuta come “Impresa dei mille”. Nella quale, a parte il ruolo degli inglesi, gli storici tanto al chilo ancora in auge hanno imbastito ricostruzioni false. Busalacchi ha ricordato il tradimento di alcuni generali borbonici – Lanza in testa – che ad ‘unificazione’ dell’Italia avvenuta passavano dalla ‘cassa’ a ritirare il pagamento del loro tradimento (un po’ quello che hanno fatto tanti politici siciliani nei quasi settant’anni di storia dell’Autonomia siciliana: tradivano Autonomia e siciliani per poi passare da Roma a ‘ritirare’ il ‘premio’ del loro tradimento: ma a questo arriveremo tra qualche rigo).
Il risorgimento, ma anche i primi anni della ‘presunta’ unità d’Italia (con la u minuscola). Quando i generali di casa Savoia – che a quanto pare bruciano nell’Inferno – calavano nel Sud per combattere i ‘briganti’, che in buona parte erano uomini e donne del Mezzogiorno che si rifiutavano di sottomettersi ai piemontesi e alle loro imposizioni, queste sì, degne del peggiore brigantaggio economico.
Si arriva così al 1943, anno cruciale per la Sicilia. E’ il periodo in cui i siciliani ritrovano forza e dignità, dando vita al movimento separatista. Per rispondere a una Sicilia che si voleva separare dall’Italia (e ne aveva tutte le ragioni), il neonato Stato italiano risponde con lo Statuto, cioè con l’Autonomia siciliana. Che non è una concessione dello Stato alla Sicilia, ma è il frutto di un accordo ‘pattizio’ tra Stato e Sicilia. Dove la Sicilia, con il suo Statuto, ha ricordato Busalacchi, era, di fatto uno Stato al pari dello Stato italiano. Basti pensare agli articoli 36, 37 e 38 dello Statuto. O all’articolo 31, che dà al presidente della Regione siciliana i poteri di Polizia. Con l’applicazione dello Statuto avrebbero dovuto essere cancellate le Province e i Prefetti. Il passaggio sui Prefetti è importante: perché è attraverso i Prefetti che il “Ministro della malavita”, al secolo Giovanni Giolitti – altro politico delinquente celebrato come ‘statista’ nei libri di storia, al pari di quel brigante di passo di Garibaldi, di quell’assassino di Nino Bixio e via continuando con gente che avrebbe dovuto essere sbattuta in galera – controllava il Sud Italia e, soprattutto, le elezioni nel Sud Italia.
Bella la digressione sui poteri dello Statuto siciliano in buona parte mai applicato. Perché? “Dov’è che si rompono i telefoni?”, si è chiesto Busalacchi? Risposta: nella politica. O meglio, nella politica siciliana.  i2

Busalacchi ha ricordato la legge elettorale per le elezioni regionali, ‘confezionata’ su misura per limitare al minimo la presenza dei separatisti nella neonata Assemblea regionale siciliana. E poi la nascita dell’ascarismo. Chi erano gli ascari? E perché, oggi, in Sicilia, per ascari si intende indicare i venduti a Roma? Gli ascari nascono durante l’avventura italiana in Eritrea. Erano eritrei che indossavano la divisa italiana e che, spesso, tiranneggiavano i propri connazionali. Alla fine, è quello che hanno fatto tanti politici siciliani dal 1947 ad oggi: in cambio della mancata applicazione di tanti, forse troppi articoli dello Statuto siciliano incassavano le prebende romane. In pratica, svendevano la Sicilia al governo nazionale: cosa che fanno ancora oggi Crocetta e tanti deputati regionali, a cominciare da quelli del PD.
Di ascari ne troviamo nella vecchia Dc, nel Pci, nel Psi, nei partiti laici. Nella Seconda Repubblica l’ascarismo non è diminuito. E oggi? Oggi l’ascarismo imperversa, tra il già citato Rosario Crocetta che firma accordi che penalizzano 5 milioni di siciliani regalando oltre 5 miliardi di Euro al governo Renzi con l’avallo del PD dell’Isola, altro partito – come già accennato – ad elevato tasso di ascarismo. “Anche se oggi – ha detto Busalacchi – dall’ascarismo si sta passando al collaborazionismo”. Insomma, gli ascari di oggi non si limitano più ad andare a Roma dopo il ‘suk’… ma addirittura collaborano con Roma per massacrare i siciliani.
Busalacchi ha ripercorso le vicende, anzi, le vicissitudini dell’Alta Corte per la Sicilia, istituita con lo Statuto per dirimere pariteticamente i contenziosi tra lo Stato e la Regione. Alta Corte “sepolta viva” nel 1957 dalla neonata Corte Costituzionale, con una sentenza truffaldina e contestata in punta di Diritto da giuristi del calibro di Giuseppe Alessi e Giuseppe Montalbano.
incontroIl discorso di Busalacchi è tornato spesso sull’oggi. Perché oggi succedono tante cose. Ci sono i disastri del governo di Raffaele Lombardo e i disastri del governo Crocetta. E c’è soprattutto il già citato blocco sociale di 800 mila soggetti motivati che votano in una Sicilia dove i siciliani alle urne vanno sempre meno, nauseati da una politica tradizionale sempre più compromessa e da una povertà che cresce di giorno in giorno.
“Dobbiamo deciderci – ha detto Busalacchi -. Lasciare la Sicilia nelle mani di questi signori? O provare a battere questo blocco sociale e clientelare coinvolgendo le giovani generazioni? I giovani, oggi, in Sicilia, sono la chiave di tutto. Il futuro di una comunità dipende sempre dai giovani. Ma in Sicilia, oggi, questo è due volte vero. Dobbiamo provare a coinvolgere i giovani in un progetto di reale cambiamento”.

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