Regione in ‘bolletta’: la Corte dei Conti chiama Baccei. Al via il rinnovo delle Commissioni all’Ars

9 novembre 2015

Sono queste, in sintesi, le notizie che aprono la settimana politica a Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano. La cosa più interessante è l’audizione chiesta ai vertici dell’Ars dai giudici contabili. Tema: il ‘buco’ di 3,3 miliardi di Euro sul Bilancio 2016. Come e dove trovare i soldi? 

Sono due le notizie che aprono la settimana politica a Palazzo Reale, sede dell’Assemblea regionale siciliana. La prima è che la Corte dei Conti vuole vederci chiaro sui conti della Regione. A quanto pare la notizia che, sul Bilancio del 2016, c’è un ‘buco’ di 3 miliardi e 300 milioni di Euro circa è arrivata anche negli uffici della magistratura contabile. E sembra sia una notizia che preoccupa non poco i giudici della Corte dei Conti. La seconda notizia è che, dopo non ricordiamo più quante legislature, la presidenza dell’Ars ha deciso di applicare alla lettera il regolamento: tutte le Commissioni parlamentari dell’Ars verranno rinnovate: dovranno essere rifatte le composizioni di ogni Commissione (composizione che dovrà essere approvata da Sala d’Ercole); poi ogni Commissione dovrà eleggere il proprio ufficio di presidenza.

Partiamo dalla prima notizia: i vertici della Corte dei Corti che hanno chiesto all’Ars di essere convocati. Nei prossimi giorni, magari dopo che si insedierà la nuova Commissione Bilancio e Finanze dell’Ars (che, a quanto pare, dovrebbe confermare alla presidenza l’attuale presidente facente funzioni, Vincenzo Vinciullo, esponente del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, formazione politica di trasformisti che sta nel governo di Rosario Crocetta dicendo di non essere al governo, forse perché i dirigenti di questo partito si vergognano di far sapere quello che stanno combinando ai propri elettori: e hanno ragione, perché gli elettori di centrodestra non li hanno votati per farli governare nel centrosinistra, per giunta nel governo degli ‘ascari’ di Crocetta e PD), i giudici della Corte dei Conti faranno l’ennesima al Parlamento siciliano.

Secondo noi ci sarà da divertirsi. I giudici contabili, ad esempio, potrebbero chiedere all’assessore all’Economia, Alessandro Baccei, notizie dei 5 miliardi e 300 milioni di Euro circa di crediti della Regione che sono stati cancellati dal Bilancio 2015 perché “inesigibili”. Magari una parte di questi crediti era veramente inesigibile. Ma che tutt’e 5,3 miliardi erano inesigibili è una balla. Roma, con l’avallo di Baccei – che è stato piazzato da Renzi nel governo della Regione proprio per depredare le finanze siciliane – ha derubato la nostra Regione. Siamo proprio curiosi di sapere se la Corte dei Conti censurerà quest’ennesimo scippo romano avallato dagli ‘ascari’ del PD. Chissà se i giudici contabili sono a conoscenza di una relazione ufficiale, firmata da un alto dirigente dell’assessorato all’Economia, nella quale c’è scritto – e noi l’abbiamo letto – che la Regione ha chiesto ai debitori ‘notizie’ di questi 5,3 miliardi di Euro, ma questi soggetti non hanno mai risposto.

Attenzione: il passaggio è fondamentale. Il decreto n. 118 del 2011, che la Regione siciliana sta applicando, non dice che i cosiddetti “residui attivi” (cioè i crediti vantati dalla Regione di difficile esigibilità) debbono essere cancellati: dice che vanno cancellati solo dopo averne accertato l’inesigibilità.

Basta la non-risposta del creditore per certificare l’inesigibilità di un credito? A noi sembra proprio di no. A noi, se proprio la dobbiamo dire tutta, quello che ha combinato l’assessore Baccei, con il concerto dei suoi collaboratori e con l’avallo politico del PD, sembra una forzatura immane: in pratica, uno scippo di fondi in danno di 5 milioni di siciliani. Un fatto grave che dovrebbe essere posto all’attenzione non soltanto della Corte dei Conti, ma anche della Presidenza della Repubblica.

Sarà interessante capire se i giudici contabili chiederanno ‘notizie’ degli altri 10 miliardi di Euro di crediti che sono stati posti tra le entrate del 2017 e del 2018. La nostra tesi è che anche questi 10 miliardi di Euro di crediti vantati dalla Regione (che sono crediti veri, vantati, per lo più, nei confronti dello Stato) sono stati ‘tresferiti’ nei Bilancio 2017 e 2018 per due motivi:

  1. per ‘sgravare’ le entrate della Regione del 2016: dunque una manovra ‘ascara’;
  2. per cancellarli nel 2017 e nel 2018, cioè per regalare a questi creditori (Stato in primo luogo) altri 10 miliardi di Euro di crediti vantati da 5 milioni di siciliani che pagano le tasse.

Il nostro augurio è che la Corte dei Conti metta le mani avanti per evitare questo scippo prossimo venturo.

A nostro avviso la magistratura contabile vorrà qualche chiarimento sul Dpef, il Documento di programmazione economica e finanziaria della Sicilia, atto che è prodromico alla discussione su Bilancio e Finanziaria (che oggi si chiama legge di stabilità, che nel caso della Regione siciliana governata da Baccei, che è il vero presidente della Regione, si chiama legge di ‘instabilità’, alla luce dei danni che questo signore sta provocando alle finanze regionali).

Baccei, ammesso che abbia il coraggio per reggere il confronto con la Corte dei Conti per la Sicilia (secondo noi nemmeno si presenterà), dovrà spiegare come ha fatto a provocare 3,3 miliardi di Euro di ‘buco’ sul Bilancio 2016. E, soprattutto, dovrà spiegare come intende coprire questo ‘buco’. L’assessore dice che conta di trovare i soldi svendendo allo Stato ‘pezzi’ del nostro Statuto (ma chi l’ha autorizzato?), introducendo nuovi balzelli e tagliando di qua e di là. A noi i suoi conti sembrano tutti sballati.

L’unica cosa certa è che la Regione potrebbe trovare un miliardo di Euro licenziando in tronco tutti i lavoratori precari della Regione, dei Comuni, delle ex Province e i 24 mila operai della Forestale. Si tratta di oltre 100 mila soggetti (ma forse potrebbero essere di più). Tutti questi lavoratori costano ogni anno circa un miliardo di Euro. Altre entrate noi non ne vediamo. Quello che noi vediamo, al contrario, sono nuovi scippi del governo nazionale di Matteo Renzi.

Ammesso che Baccei decida di licenziare precari e forestali, rimarrebbero da coprire altri 2 miliardi e 300 milioni di Euro. La copertura potrebbe essere trovata rivendicando i soldi che lo Stato, dal 2010, deruba alla Regione con una truffa nella sanità. Dal 2010 lo Stato dovrebbe riconoscere alla Regione 600 milioni di Euro all’anno di accise sui consumi dei carburanti. Lo prevede la legge finanziaria nazionale del 2007, legge che ha stabilito di aumentare, in tre anni, la quota di compartecipazione della Regione alle spese sanitarie, portandola dal 42 per cento circa a quasi il 50 per cento. Ma dal 2010 lo Stato ‘cavilla’ sull’assegnazione di tali accise. E fino ad oggi non ha ‘scucito’ un Euro.

Se calcoliamo gli arretrati – sei anni dal 2010 ad oggi – siamo già a  3 miliardi di Euro. Più un altro miliardo di Euro da calcolare nel passaggio dal 2007 al 2009. Più altri 600 milioni di Euro del 2016. Con 4 miliardi e 600 milioni di Euro che lo Stato deve alla Regione il Bilancio sarebbe già in attivo di due miliardi e 300 milioni di Euro considerano il licenziamento di precari e forestali e di un miliardo e 300 milioni di Euro se precari e forestali venissero mantenuti.

Ma per chiedere questi soldi a Roma occorrono due condizioni: un governo nazionale di persone corrette e un governo regionale serio. Nessuna delle due condizioni è presente: quello di Renzi, infatti, è un governo di predoni e di banditi, ferocemente antimeridionale e antisiciliano; quello di Rosario Crocetta è un governo di ‘ascari’ controllato dal plenipotenziario dei Renzi in Sicilia, il già citato Baccei, che tutto fa tranne che gli interessi della Sicilia (con l’avallo degli ‘ascari’ del PD siciliano).

Siamo proprio curiosi di capire a quali conclusioni arriveranno i giudici della Corte dei Conti per la Sicilia.

Quanto al rinnovo delle Commissioni legislative dell’Ars, va dato atto al presidente e ai due vice presidenti di aver riportato nel Parlamento siciliano quello che, su tale materia, mancava da tempo: il rispetto delle regole del gioco. Almeno qualcosa che funziona c’è.

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