La lentezza della giustizia/ Quarto atto

5 novembre 2015

 In realtà la litigiosità trae alimento proprio dalla lentezza dei processi: chi sa di rischiare una condanna si sforza di differire quanto più possibile la sentenza, sperando di prendere l’avversario, di solito il più debole, per stanchezza o per darsi il tempo di scomparire.

Qual è invece la vera causa della lentezza di processi? Semplice, la cartolarità. Milioni di faldoni, carpette, raccoglitori, rubriche. Sulla oceanica produzione legislativa ho già detto. A nulla rileva che oggi dalla carta si passi all’elettronica: la quantità non diminuisce, cambia soltanto il suo contenitore.
E allora?
Facciamo una simulazione.
In ogni sede di tribunale siedono in permanenza alcuni giudici del lavoro. Come ad uno sportello, quando arriva il suo turno, il datore di lavoro o il lavoratore presenta al giudice la cartolina di ricevuta di ritorno della convocazione del suo avversario, convenuto presso il giudice stesso. La legge ha già stabilito che la controparte assente per la seconda volta subisce la condanna, partendo dal presupposto non che ha torto perché è assente, ma che è assente perché ha torto. Ha portato con sé uno, due o più testimoni a favore, tutti sono pronti a giurare sotto la propria responsabilità anche penale che i fatti si sono svolti come e per come sono stati descritti.
Il giudice ascolta parte e controparte, allontana i contendenti, decide e li richiama per comunicare la sentenza, che, ovviamente, non è appellabile. Avanti un altro!

Primo atto

Secondo atto

Terzo atto

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