I 400 milioni di Euro per strade e scuole tolti alla Sicilia: dov’era il sottosegretario Davide Faraone?

19 gennaio 2016

Contrariamente a come cerca di far credere qualche ‘intellettuale’, in questa storia che ha portato la Sicilia  a perdere 400 milioni di Euro l’Autonomia non c’entra nulla. La responsabilità va cercate nei governanti siciliani inetti, cialtroni e incapaci. Le responsabilità dell’assessore all’Economia, Alessandro Baccei. E del sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, che può essere considerato un ascaro al cubo!

Confuterò la tesi secondo la quale l‘Autonomia ci rende peggiori.

E’ notizia di questi giorni che la Regione perderà centinaia di milioni di Euro, circa quattrocento, previsti nella legge di stabilità nazionale e destinati ad interventi per scuole di secondo grado e strade provinciali.

Perché, vi chiederete? Ve lo spiego subito. La competenza su quel genere di interventi pubblici appartiene alle Province e ad esse tutte, nel Paese, sono destinati cospicui fondi nazionali. Purtroppo però in Sicilia, a causa di un mix perverso di stupidità e insipienza politica, le Province non ci sono più. Quindi, in mancanza di destinatari, la quota di quei fondi di spettanza alle Province siciliane, pari appunto a circa 400 milioni di Euro, prenderanno un’altra direzione.

Ripercorriamo la strada che ci ha portato a questo punto. Ad inizio di legislatura il Governo di Giufà Crocetta decise di abolire le Province e di sostituirle con i Liberi consorzi, enti intermedi istituzionali tra Regione e Comuni previsti dallo Statuto regionale. Giufà Crocetta dettò la linea.

“Prima, con legge ad hoc, aboliamo le Province e poi, con altra legge ad hoc, istituiamo i Liberi consorzi”. Dixit. L’Assemblea regionale siciliana in forza dei suoi poteri esclusivi in materia di enti locali, discusse, elaborò ed approvò la prima legge che venne regolarmente pubblicata e in forza di questa le Province furono abolite. La legge sui Liberi consorzi, pure essa discussa, elaborata e approvata dalla Assemblea regionale, in virtù di suoi vizi intrinseci, però, venne impugnata dallo Stato. E così si rimase in mezzo al guado. Province abolite e non sostituite con altri Enti intermedi.

Eccoci ad oggi, ai fondi perduti. Di chi, secondo la tesi suesposta, sarebbe la colpa? Ovviamente dell’Autonomia! Se non ci fosse avremmo le Province come in tutto il resto d’Italia e avremmo i benedetti finanziamenti per scuole e strade.

Ma è cosi, è veramente così? Potrebbe l’argomento nascondere capziosamente la verità e per altri fini? Vediamo.

L’Assemblea regionale siciliana approva la legge sui nuovi enti intermedi. La legge viene impugnata dal governo centrale perché, argomentano a Roma, si discosta significativamente dall’ordito nazionale sull’ente intermedio. Bene.

In casi come questo il governo regionale è posto di fronte a più opzioni.

Prima opzione. Poiché l’impugnativa non sospende, ripeto, non sospende l’iter della legge, il governo regionale può decidere di resistere contro l’impugnazione, può disporne in ogni caso la pubblicazione e dare corso alla sua attuazione. Sarà la Corte Costituzionale a decidere chi ha ragione.

Se avrà ragione la Regione, la legge regionale avrà il suo corso. Se avrà ragione lo Stato, la legge subirà la decisione della Corte che potrà stabilirne la caducazione totale o parziale.

Un governo certo e sicuro del suo buon diritto, un governo di siciliani che opera nell’esclusivo interesse dei siciliani che fa? Mostra i muscoli, pubblica la legge, va avanti, e attende il giudizio della Corte Costituzionale, pronto ad assumersi tutte le responsabilità in caso di bocciatura. A chi sa il fatto suo non fanno paura le argomentazioni dello Stato, alle quale contrapporrà le sue, con forza e vigore.

Se il governo regionale avesse operato così il problema della perdita dei 400 e passa milioni di Euro non ci sarebbe.

Seconda opzione. Tenere conto delle argomentazioni dello stato e cioè, ove possibile, modificare “in parte qua” la legge. Lasciare l’impianto e correggere le parti impugnate. L’ente intermedio sussisterebbe come centro di imputazione di diritti e anche in questo caso i finanziamenti non si perderebbero.

Ma un governo regionale di ascari (e qui mi debbo scusare con quel lettore chi mi fa carico di abusare del termine, che ad alcuni può apparire frusto e logoro, ma, parafrasando una famosa storiella sul razzista e il negro, non sono io ripetitivo, sono loro che sono ascari in pensieri, parole, opere ed omissioni), ma un governo di ascari, dunque, totalmente asservito a Roma, incerto e balbettante sul piano politico e giuridico, insicuro in ogni sua scelta, che fa? Crea il caos. Sospende la legge, e quindi le Province risultano abolite, ma non sostituite dai Liberi consorzi di Comuni e così vengono a mancare i destinatari del finanziamento per strade e scuole.

E qui è lecito chiedersi. Chi seguiva per conto del governo regionale o nell’interesse della Regione la formazione della legge di stabilità nazionale? Nessuno, c’è da pensare. Perché se il nostro (si fa per dire) assessore all’Economia, Alessandro Baccei, avesse stabilito un collegamento tra il suo assessorato e il Parlamento nazionale che avesse avuto il compito di seguire l’iter della legge di stabilità e che avesse avuto un minimo di raziocinio, avrebbe sommato due più due e avrebbe messo sull’avviso Crocetta e i suoi allegri compagnoni.

Ma forse pretendo troppo da un manipolo di dilettanti allo sbaraglio. Forse però avrebbe avuto ragione Baccei a non inviare suoi funzionari. C’era il sottosegretario Davide Faraone al Parlamento!! Lui avrebbe dovuto avvertire il governo regionale del pericolo di perdere i finanziamenti! Lui doveva essere presente quando venne deciso lo stanziamento per le scuole, in quanto sottosegretario all’Istruzione. Lui avrebbe dovuto sommare due più due e a fare in modo che quei soldi non si perdessero. Ma forse lui era distratto.

Ora che qualcuno ha spiegato le cose a Faraone, invece di chiedere le dimissioni di se stesso e del governo guidato dal sul suo partito, il PD, strilla contro la Regione. Un ascaro al cubo!

Ora ditemi. Che cosa c’entra l’Autonomia regionale con questi inetti e incapaci? Niente, proprio niente. Secondo la teoria, invece, noi, preso atto che i nostri governanti sono questi inetti, cialtroni e incapaci e che per tare genetiche non ne possiamo avere altri e migliori, dobbiamo rinunciare alle prerogative statutarie e rimetterci nelle mani dello Stato che, si sa, è bravo, bello, biondo, alto e con gli occhi azzurri.

Lancio una provocazione. Ci sto! Ma a condizione che i fautori di questa tesi lancino sui propri giornali una campagna stampa senza quartiere per la contestuale abolizione dell’Assemblea regionale e la cacciata dei suo occupanti. Sì, proprio di quelli che ogni anno stanziano nel bilancio regionale somme cospicue per l’acquisto di quegli stessi giornali.

Che tristezza!! In tutta questa farsa l’unica cosa veramente grave, disperante e disperata è che, di fronte a questi disastri che incidono drammaticamente sull’educazione dei nostri figli, e sulla sicurezza e vivibilità dei nostri Comuni né i presidi, né i professori, né gli studenti, né amministratori comunali e cittadini si indignino, e scendano in piazza e vi restino fino quando questi esseri inutili e dannosi non se ne andranno a casa.

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