Le navi cariche di grano ‘tossico’: in Puglia si combatte una guerra. E in Sicilia?

21 giugno 2017

A parte gli articoli – e la vittoria di questo blog e di GranoSalus al Tribunale di Roma contro le multinazionali della pasta – la differenza tra quanto avviene in Puglia rispetto alla Sicilia salta agli occhi. In Puglia gli agricoltori e i consumatori sono in prima fila nella battaglia contro le navi: ci sono sequestri, denunce e interventi della magistratura. In Sicilia, invece – a parte qualcuno che si espone, come Franco Busalacchi e Cosimo Gioia – regna il silenzio  

I Nuovi Vespri e GranoSalus hanno vinto in Tribunale contro le multinazionali della pasta (come potete leggere qui). Nessuno,ormai, può negare la presenza di glifosato e di micotossine DON nella pasta prodotta con grano duro estero. Detto questo, le navi cariche di grano proveniente chissà da dove continuano ad arrivare in Italia e in Sicilia. Di fatto, non è cambiato niente!

C’è, però, una differenza: mentre in Sicilia non si sa nulla delle navi cariche di grano che arrivano da chissà dove nei porti di Palermo, Catania e Pozzallo, tra l’indifferenza del Governo regionale e delle organizzazioni agricole, in Puglia c’è, invece, chi dà battaglia: sono gli agricoltori e i liberi cittadini iscritti all’Associazione Granosalus che provano, se non a bloccare, quanto meno a tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica su queste navi.

Leggiamo sul sito di GranoSalus:

“La nave arrivata da Vancouver l’8 giugno è stata sequestrata dalla Procura della Repubblica venerdì 16 (giugno ndr) dopo aver scaricato metà carico grazie ai (non) controlli ‘documentali’, come dichiarato da Usmaf e Agenzia delle Dogane alla presenza di alcuni parlamentari e consiglieri regionali del M5S. I sequestri tardivi possono avere efficacia? Insomma si prova a chiudere la stalla dopo che metà dei buoi è scappata. Dal Sit-In al porto di Bari abbiamo appreso che, nel frattempo, è arrivata un’ altra nave con grano proveniente dalla Francia. Anche questo senza controlli sanitari perché non dovuti sul grano comunitario… La situazione è sconfortante tanto più che le stesse autorità manifestano le difficoltà di fare controlli che non siano frammentari. Abbiamo veramente bisogno di un Ministero della Salute che non fa controlli sanitari sempre?”.

Sulla Gazzetta del Mezzogiorno Michele Mirabella scrive:

“Portare grano in Puglia si può. E non sono affatto scemi quelli che lo portano, visto che ci sono i furbi complici che lo importano e che pensano quanto siano scemi gli altri, quelli che, solo quando assaggiano il pane o il maccherone, si accorgono che è falso e fa schifo”.

“Noi – prosegue la nota di GranoSalus – pensiamo che sia giunto il momento di far luce sull’efficacia dei controlli sanitari delle navi che arrivano nei porti italiani, in particolare al Porto di Bari. I controlli non si possono solo annunciare per farsi vanto che l’Italia è molto severa, ma vanno effettuati scrupolosamente e non ad intermittenza. Proprio come è abituata a fare la nostra associazione che ha esaminato ‘privatamente’ varie marche di pasta trovando tre contaminanti potenzialmente rischiosi per la nostra salute, sia pur nei limiti di legge, e su cui il giudice ha respinto il ricorso presentato dalle industrie pastaie con una ordinanza storica. (Test GranoSalus sulla pasta: “In Tribunale vince l’interesse pubblico”. Rigettato il ricorso delle multinazionali.). E’ legittimo – secondo il provvedimento di rigetto del Tribunale di Roma – dubitare dell’attività di miscelazione tra grani esteri contaminati e grani nazionali sani. E noi di dubbi, ma anche di prove cominciamo ad averne parecchie!”.

(Qui potete leggere l’articolo che illustra l’ordinanza del Tribunale di Roma e il testo integrale della stessa ordinanza).

Nell’articolo pubblicato dal sito di GranoSalus si parla del grano duro canadese dove si trovano micotossine DON, glifosato e cadmio.

“Ma agli industriali il grano serve e non è affatto vero che l’Italia è deficitaria nella produzione. Gli agricoltori del Sud possono produrlo a prezzi equi e senza concorrenza sleale. Lo strumento per farlo, però, non è la filiera, ma la CUN, Commissione unica nazionale”.

“Del resto – leggiamo sempre nel sito di GranoSalus – se nel porto di Bari la mega nave CMB PARTNER carica di oltre 600 mila quintali di grano canadese (e non 500 mila!) è in attesa delle controanalisi, qualcosa non va nella qualità tossicologica dei grani esteri e nelle modalità dei controlli USMAF. Ma questo dettaglio gli industriali non lo dicono, anzi si affannano a ripetere che all’ estero il grano è di ottima qualità e pure i controlli!”

Francesco Divella dichiara alla Gazzetta: “Le autorità canadesi fra le più rigide per il rispetto dei limiti sanitari”. E aggiunge: “Finora i controlli sono ‘sempre’ stati fatti dalla Sanità marittima”.

“Niente di più falso! – sottolineano i protagonisti di GranoSalus -. Il sequestro dimostra due cose: 1) i controlli veri li fa la Procura non il Ministero della Salute; 2) se le controanalisi confermeranno valori elevati di DON e glifosate (glifosato), oltre i limiti, quel grano al massimo potrà essere utilizzato per gli animali… In tal caso il rispetto dei limiti lo potremo certamente attribuire ai canadesi, che fanno bene il loro mestiere di esportatori, ma non agli italiani (siano essi importatori o industriali preoccupati di rotture di stock per mancanza di materia prima da lavorare). La materia prima buona è in Italia, lo sanno anche i consumatori”.

Insomma: a differenza di quanto avviene in Sicilia, dove – a cominciare dal Governo regionale – il silenzio sulle navi cariche di grano è totale (la mafia non è nata in Sicilia per caso…), in Puglia gli agricoltori iscritti all’associazione GranoSalus danno battaglia e anche la magistratura si fa sentire:

“Un fatto è certo – leggiamo sempre sul sito di GranoSalus – questa volta all’esito delle controanalisi si deciderà grazie alla Procura della Repubblica, e non all’USMAF, se completare la discarica oppure ritirare dal mercato il grano già scaricato e far ripartire la gigantesca nave al più presto. Ogni giorno che passa la permanenza della nave nel porto costa 25 mila dollari!”.

Avete capito perché non si effettuano i controlli sulle navi cariche di grano che arrivano nei porti siciliani? Perché gli attuali governanti della nostra Isola non se la sentono di far perdere tempo e denaro a chi trasporta questo prodotto.

Notate o no la differenza siderale che passa tra la Sicilia e la Puglia?

In Puglia le istituzioni, gli agricoltori e i cittadini danno battaglia. In Sicilia – a parte qualche articolo di giornale (soprattutto da parte di questo blog) – c’è il vuoto delle istituzioni, mentre le proteste degli agricoltori sono affidate a soggetti singoli che finiscono con l’esporsi in una terra di mafia nella quale, come si usa dire, “la migliore parola è quella che non si dice…”.

In Sicilia le due voci che si sono esposte sono quelle del titolare di questo blog, Franco Busalacchi, e di Cosimo Gioia (qui il video con le dichiarazioni di Busalacchi e Gioia).

In Puglia, invece, vanno all’attacco:

“Accanto a questa nave – leggiamo sempre sul sito di GranoSalus – abbiamo scoperto che da sabato 17 giugno, alle ore 12,43, è arrivata una nuova nave carica di circa 200 mila quintali di grano duro francese. Si tratta della Bulk Carrier ARGYROULA IMO 9159050 costruita nel 1997 e partita da ROUEN (FR) l’ 8 giugno scorso alle ore 5,23. Trattandosi di grano comunitario i controlli non sono dovuti. Ma chi ci assicura che anche su quel grano non ci sia DON e glifosate (o glifosato)? Nel dubbio lo abbiamo comunicato all’ASL e al NAS”.

Come dovrebbero funzionare i controlli sanitari?

“Al fine di tutelare la salute pubblica, le partite di merci di interesse sanitario in importazione da Paesi terzi in arrivo nei punti di ingresso internazionali del territorio italiano devono essere sottoposte a vigilanza dagli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF) del Ministero della Salute. Nel caso di merce comunitaria questo percorso è superfluo perché lo fanno già le altre autorità sanitarie degli altri Stati membri dell’ Unione. L’attività di vigilanza dovrebbe essere eseguita attraverso tre livelli di verifica (documentale, di identità e materiale, ivi compreso il campionamento a fini di analisi) per accertare la rispondenza delle merci di interesse sanitario ai requisiti ed alle prescrizioni previsti dalle normative nazionali e comunitarie. Le analisi tuttavia non possono essere fatte in maniera casuale. Il Ministero della Salute deve tutelare i consumatori altrimenti è meglio abolirlo!”.

L’ attività di vigilanza si conclude con il rilascio finale di un provvedimento di ammissione all’importazione (Documento Comune di Entrata – DCE nel caso di alimenti) ovvero con un provvedimento di non ammissione all’importazione, in caso di mancato superamento dei controlli.

“Secondo le informazioni assunte al porto (dove non c’erano gli agricoltori della Coldiretti…) – leggiamo sempre nel sto di GranoSalus – il provvedimento di ammissione all’importazione è stato concesso nel giro di poche ore dall’arrivo della nave, senza nessun campionamento a fini di analisi da parte dell’ USMAF. L’ unico controllo effettuato è stato solo di tipo ‘documentale’ che, di fatto, ha convalidato quanto asserito dagli stessi importatori/esportatori di grano. Dopo lo svincolo e lo sdoganamento, la nave ha iniziato a scaricare più della metà del carico che aveva a bordo sino a mercoledi 14. Venerdì 16 improvvisamente, grazie ai Carabinieri della Forestale, è intervenuto un provvedimento di sequestro che ha bloccato la nave, in attesa delle controanalisi…”.

A questo punto arriva la notizia:

“Se si dovessero confermare i dati di analisi della Forestale tutta la merce già scaricata (sembrerebbe a due società di Altamura) dovrebbe essere rintracciata e ritirata dal mercato. Che problema c’era in quel grano perché le operazioni di scarico fossero improvvisamente bloccate? Che fine ha fatto il grano già scaricato nei silos di Altamura? Siamo sicuri che quel grano non fosse ad uso zootecnico? La nave alleggerita dopo il sequestro potrebbe andare in qualche altro porto? Speriamo che almeno una volta le indagini vadano a buon fine, come purtroppo non è quasi mai accaduto in tutte le contestazioni del passato!”.

1) DON OLTRE I LIMITI?

“Non conosciamo gli esiti delle analisi – si legge sempre nell’articolo di GranoSalus – ma nel dubbio possiamo ipotizzare di sicuro un livello di DON elevato, facilmente deducibile dalle dichiarazioni degli stessi canadesi che hanno affermato di avere nel 50% del grano (circa 4 Milioni di tonnellate!) un tenore di DON pari a 4700 ppb, non idoneo nemmeno all’uso zootecnico. Basti pensare che il limite del DON nel grano per i maiali in Canada è pari a 1000 ppb. Mentre in Europa per l’uomo è pari a 1750 ppb. Di sicuro quindi il grano presente in quella nave potrebbe avere valori compresi tra 1750 ppb e 4700 ppb. Se l’USMAF avesse fatto le analisi nelle 7 stive sicuramente non avrebbe rilasciato lo SVINCOLO. Un grano con tali caratteristiche tossicologiche ha sicuramente effetti anticoncorrenziali sul mercato: un grano a basso costo all’origine altera il mercato del grano buono italiano, arrecando così un doppio danno all’Italia! Ai consumatori e ai produttori”.

2) GLIFOSATE (O GLIFOSATO) CONTRO I DIVIETI COMUNITARI?

Il glifosate (o glifosato ndr) è disciplinato dal Reg. (Ue) N. 293/2013. Secondo le analisi da noi effettuate presso laboratori accreditati su alcuni campioni di grano canadese proveniente dal porto di Manfredonia, il glifosate è risultato presente, anche se nei limiti previsti dal predetto regolamento. L’USMAF, se anche avesse fatto le doverose analisi sul Glifosate nelle 7 stive, sicuramente non avrebbe potuto ottenere delle prove accreditate in quanto in Puglia non ci sono laboratori pubblici accreditati. Paradossale ma vero!”.

“Tuttavia, dal 1 agosto 2016, le disposizioni comunitarie e nazionali disapplicano la questione del limite. Le norme, atteso il rischio di probabile cancerogenità, prevedono che questa molecola non debba essere proprio presente nei grani che circolano nell’Unione europea e sui quali sia stato impiegato in fase di pre raccolta, ciò in virtù del principio di precauzione e delle corrette pratiche agricole. Il regolamento di esecuzione (UE) 1313/2016 della Commissione del 1° agosto 2016, ha infatti modificato il regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 relativo alle condizioni di approvazione della sostanza attiva glyphosat. Di fatto, dunque, il secondo regolamento (n.1313/2016) ha disposto la disapplicazione dei limiti previsti dal primo regolamento (n.293/2013), almeno sino a quando i pareri delle Autorità per la Sicurezza alimentare non saranno completi e concordi con la comunità scientifica internazionale”.

E in Italia?

“L’Italia – leggiamo sempre nel sito di GranoSalus – ha recepito il divieto imposto dall’Europa con un decreto dirigenziale del 9 agosto 2016 a firma del direttore generale dr Ruocco. Ma siamo certi che lo abbia fatto anche la Francia dove si fa largo uso di glifosate? Una cosa è certa. Una volta che il grano esce dal porto di Bari sdoganato non è più un grano extra comunitario, ma diventa nazionale. E per circolare liberamente evidentemente deve sottostare ai divieti vigenti nel nostro ordinamento sanitario (previsti sia dal regolamento n.1313/2016 che dal decreto dirigenziale del Ministero della Salute che lo ha recepito nel rispetto del principio di precauzione in data 9.8.2017). La regola, dunque, vale anche per il grano comunitario”.

“Adesso – conclude GranoSalus – la palla dei controlli passa al Dipartimento di Prevenzione delle ASL Puglia e/o ai NAS che noi abbiamo già interessato per avviare una serie di controlli all’uscita del porto e anche per capire dove è andato a finire l’altra metà del grano canadese già scaricato senza controlli. Così i furbi complici che importano grano tossico si accorgeranno di aver sbagliato a pensare che tutti gli altri siano scemi…”.

In Puglia, insomma, agricoltori e consumatori la partita se la stanno giocando. La Regione amministrata da Michele Emiliano – che non a caso è del PD, il partito di Renzi – non sta facendo molto. Ma l’opinione pubblica e le autorità – dai NAS alle ASL pugliesi, fino alla magistratura – si muovono.

In Sicilia, invece, tutto tace. Nessuna notizia delle navi. In questi giorni, nel’Isola, è in corso la trebbiatura del grano. La produzione, la qualità pure, nonostante lo sciroccate di maggio che hanno stressato un po’ le piante.

Il problema è sempre il solito: il prezzo. Siamo intorno ai 20 euro al quintale. Non è il disastro dello sorso anno, quando la speculazione fece precipitare il prezzo del grano duro a 14 ero al quintale!

In ogni caso, 20 euro al quintale è un prezzo basso. Il Governo regionale è latitante. Lo stesso assessorato regionale all’Agricoltura non sembra avere né la voglia, né le professionalità per affrontare il problema del grano duro siciliano con una visione complessiva.

Alla granicoltura siciliana serve una svolta. Ma non è dall’attuale Governo regionale di chiacchiere e di clientele che possono arrivare le novità.

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