Da 150 anni di unità d’Italia il Sud paga e il Nord incassa. Gramsci ci dice come liberarci dalle catene

29 ottobre 2016

Nel momento in cui, con la complicità della grande informazione, il Governo nazionale a trazione PD scippa alla Regione siciliana altri 3 miliardi di Euro all’anno calpestando lo Statuto, diventa più che mai attuale il messaggio di Antonio Gramsci. Renzi e gli ‘ascari’ siciliani a lui devoti sacrificano la nostra Isola per i loro sporchi interessi di bottega? Bene: facciamo valere le ragioni della nostra storia, della nostra identità, della nostra autonomia culturale e politica non votando più per i partiti politici nazionali. Questo vale per la Sicilia, ma anche per il resto del Sud

Non il poemetto di Pasolini – “Le ceneri di Gramsci” – greve, presago, saturo di impuro lirismo, no. E’ tempo di prosa, una prosa severa, terribile, quella di Antonio Gramsci, un fantasma ormai esorcizzato dai suoi tronfi, vuoti e volgari nipotini del Partito Democratico (PD).

Nei “Quaderni dal carcere” (dal carcere, non dall’AIRBUS!) Gramsci dedica uno studio al ”Risorgimento” italiano nel quale tratteggia l’essenza del rapporto NORD-SUD, nell’ambito della più ampia e complessa riflessione sulla possibilità della creazione di uno Stato ”col consenso dei governati” e “passibile di sviluppo”.

La risposta è NO.

L’imprinting dello Stato italiano sta neI “come i  liberali di Cavour concepiscono l’unità: allargamento dello Stato piemontese e del patrimonio della dinastia; non come movimento nazionale dal basso, ma come conquista regia”.

Quindi tutto, spiega Gramsci, finisce nelle mani di una “minoranza eroica” e dell’apparato militare piemontese che  combatté “più per impedire che il popolo intervenisse nella lotta e la facesse diventare sociale” (nel senso, per esempio, di una riforma agraria) “che contro i nemici dell’unità” (che vengono alternativamente intimiditi, eliminati, corrotti e comprati).

Quell’imprinting, quella logica imperialista è successivamente diventata dominio, dominio in atto.

“Quello che facevano al Sud le classi dominanti del Nord rendeva alle masse popolari del Nord stesso inspiegabile la “miseria del Mezzogiorno”. Esse con capivano che l’unità non era avvenuta sul una base di uguaglianza, ma come egemonia del Nord sul Mezzogiorno, cioè che il Nord concretamente era una “piovra” che si arricchiva alle spese del Sud  e che il suo incremento economico industriale era in rapporto diretto con l’impoverimento dell’economia dell’agricoltura meridionale, e attribuirono e attribuiscono quella “miseria del Mezzogiorno” a miseria morale e inferiorità biologica”.

E così tutto diventa giusto e normale. Ricordate la truce battuta: ”Io razzista? E’ lui che è negro!”.

Il Mezzogiorno venne dunque progressivamente ma irresistibilmente ridotto a “un mercato di vendita semicoloniale, ad una fonte di risparmio di imposte ed era tenuto disciplinato con due serie di misure: misure poliziesche di repressione spietata, misure poliziesche-politiche: favori agli intellettuali (impieghi nelle pubbliche amministrazioni, incorporamento degli elementi più attivi meridionali nel personale dirigente statale). Così chi doveva organizzare il malcontento diventava invece uno strumento della politica settentrionale, un suo accessorio di polizia privata”.

Veniamo ad oggi

Quando gli ultimi epigoni della Democrazia si bruciarono e la loro politica diventò incredibile e venne l’ora di cambiare, il PD siciliano, consapevole dei suoi limiti politici e operativi, si acconciò persino a non esprimere un suo candidato alla Presidenza della Regione, subendo la farsesca auto candidatura di Rosario Crocetta e accontentandosi di potere lucrare il lucrabile dal mantenimento della Sicilia in “uno stato febbrile senza avvenire costruttivo” (ancora Gramsci),

Il  fallimento in Sicilia della politica del Partito Democratico, il suo servile allineamento agli interessi costituiti, il suo essere entrato mani e piedi legate in un ingranaggio collaudato, la sua coazione a ripetere il già fatto e il già detto, ma in modo più corrivo e maligno rispetto alle formazioni politiche e alle maggioranze politiche cui si era sostituito al governo della Regione, tutte queste cose ci dimostrano ancora una volta che quel lontano imprinting cavouriano ha alimentato e alimenta forze ben superiori alla politica e ai partiti. E che queste forze sono tanto radicate da essere loro, indipendentemente dal mutare delle maggioranze parlamentari, a dare la linea dei rapporti tra Nord e Sud. E ci dimostra altresì che il PD è al potere perché quelle forze si sono preventivamente assicurate che nulla sarebbe cambiato nella gestione del Mezzogiorno.

In oltre 150 di unità l’Italia ha dimostrato in tutte le sue vicissitudini che il Nord incassa e il Sud paga. Persino la mancata partecipazione del Sud alla Resistenza  è stata considerata una colpa, con un prezzo da pagare a chi quella resistenza l’aveva fatta.  E qui la responsabilità storica del PCI e di Togliatti  è senza remissione .

Che fare? Gramsci ci dà la risposta e ci indica la via: ”Combattere per ragioni locali nel senso più alto del concetto”

E cioè? Fare valere, noi siciliani, le ragioni della nostra storia, della nostra identità, della nostra autonomia culturale e politica.

Nella consapevolezza che appartenere o votare per i partiti e i movimenti politici nazionali significherebbe ripetere il passato.

Nella consapevolezza che ogni partito o movimento nazionale, se dovesse entrare in conflitto tra il suo interesse a livello nazionale e l’interesse regionale, sacrificherebbe il nostro interesse a favore di quello.

Lo hanno sempre fatto. Lo stanno facendo.

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