Siciliani da ricordare: le 13 vittime della rivolta della Gancia a Palermo

4 aprile 2018

Oggi, 4 aprile 2018, è l’anniversario delle 13 vittime della rivolta della Gancia a Palermo. Grande pietà cristiana per le vittime di questo eccidio. Ma la storia va raccontata tutta. Per questo vi consigliamo di leggere quello che ha scritto il nostro Ignazio Coppol

Ricordiamo oggi 4 aprile gli ultimi momenti di vita delle 13 vittime della rivolta della Gancia del 4 aprile del 1860 (sull’episodio riportiamo qui l’articolo di Ignazio Coppola pubblicato l’anno scorso).

I tredici sventurati furono condotti dal Castello a Mare, dove erano tenuti prigionieri, a pochi passi da lì, presso un bastione della porta San Giorgio (per dare un’idea, tra la chiesa di S. Giorgio dei Genovesi e l’attuale Piazza XIII Vittime).

I condannati vennero condotti con un velo nero sul viso, scortati dai soldati borbonici e da tredici “accompagnatori” che li sorreggevano, presi a caso tra la gente per strada. Poi, giunti al luogo dell’esecuzione, furono fatti inginocchiare, e davanti a loro stavano tre file di soldati, composte ognuna da tredici unità. Nessuno dei condannati versò lacrime…

Al segnale di far fuoco, la prima fila sparò e si ritrasse. Poi fu la volta della seconda fila a sparare. Incredibilmente, uno dei condannati, Sebastiano Camarrone, era ancora illeso dopo due raffiche, cosa che secondo le allora leggi di guerra, gli doveva garantire salva la vita. Ma non fu così. Avvicinatisi a lui, gli ufficiali borbonici, gli strapparono un crocifisso e un sacchettino con oggetti religiosi che teneva al collo, poi diedero l’ordine di sparare anche alla terza fila, che ultimò l’eccidio…

Da lontano, una folla di gente, probabilmente parenti dei giustiziati, urlava, ma non fu fatta avvicinare al luogo della strage. A causa dei proiettili ricoperti di cera, si sprigionarono delle fiamme che potevano ardere i corpi già defunti dei tredici, e allora vennero fatte avvicinare alcune donne con dei secchi d’acqua per spegnere il fuoco che rischiava di espandersi.

Per i cadaveri erano state preparate quattro casse di legno, dove vennero ammassati a tre a tre i corpi, ma nell’ultima dovettero introdurne quattro, per il numero dispari dei caduti. Infilato a forza anche l’ultimo corpo, col sangue che cadeva giù dai carretti dove furono caricate le casse coi tredici cadaveri, alle truppe napoletane fu ordinato di evitare il seppellimento a Santo Spirito, in quanto per raggiungere quel cimitero, il corteo avrebbe dovuto attraversare in pratica tutta la città, col rischio di disordini.

Si decise allora di dare sepoltura ai tredici martiri al cimitero dei Rotoli, dove furono gettati in un carnaio comune.

Le vittime:
• Andrea Cuffaro (anni 63)
• Giovanni Riso (anni 58)
• Pietro Vassallo (anni 40)
• Cono Cangeri (anni 34)
• Nicolò Di Lorenzo (anni 32)
• Domenico Cucinotta (anni 31)
• Sebastiano Camarrone (anni 30)
• Liborio Vallone (anni 30)
• Giuseppe Teresi (anni 28)
• Calogero Villamanca (anni 24)
• Francesco Ventimiglia (anni 18)
• Michele Fanara (anni 15)
• Gaetano Calandra (anni 34)

Foto tratta da vivendopalermo.it

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