La Sicilia che non va a votare: astenuti, radical chic e cretini integrali

3 febbraio 2018

Oggi prima puntata del nostro ‘viaggio’ nel meraviglioso mondo elettorale siciliano. Analizzeremo tre argomenti. Oggi vi descriviamo i tipi umani che non si recano alle urne: sia gli apatici, sia quelli che si credono intelligenti. Poi parleremo degli elettori attivi che mantengono l’attuale ceto politico a predominanza ascara. Infine vi sveleremo i meccanismi relativi alla compravendita di voti 

Quando si arriva alle elezioni, la capacità di comprensione della realtà da parte di tantissimi siciliani è inferiore a quella del cane Buck, il protagonista de “Il richiamo della foresta” di Jack London. Quando, dopo due assalti, si becca altrettanti colpi di bastone in testa, Buck capisce che contro un uomo che impugna un corto ma grosso bastone non ce la può fare.

C’è invece una consistente parte di elettorato siciliano che invece no, prende botte, viene umiliato, preso in giro, usato e gettato via e tuttavia torna a fare sempre la stessa cosa. Certi siciliani non cambiano mai.

Chi sono? Questa scelta compagnia è eterogenea, di diversissime estrazioni sociali ma, pur vivendo in condizioni di separatezza, talvolta estreme, si ritrova a compiere gli stessi gesti o quasi, al momento delle elezioni. Chi sono, dunque?

Sono gli astenuti. Pur potendosi annoverare, tra di essi, nobili o ex tali, professionisti, alti burocrati, commercianti, impiegati di rango in banche, in assicurazioni, bottegai, lavaggisti e insegnanti e chi più ne ha più ne metta, il giorno delle elezioni li ritroviamo tutti idealmente insieme… a casa o in giro, ma comunque ben lontani dal seggio elettorale.

Molti di loro non sanno nemmeno che cosa sia il voto e a che cosa serva, molti altri non sanno nemmeno che cosa sia un Parlamento, regionale o nazionale che sia. Insomma per la loro quotidianità non hanno mai avuto l’occasione di entrare in contatto con le istituzioni, e le istituzioni non sono mai andate a cercarli.

Due esempi per tutti, il titolare della “LAPA” con la quale si “fanno sbarazzi” e il nobile parassita che non ha mai lavorato dai tempi di Ruggero II.

Poi ci sono i radical chic, quelli che hanno fatto il classico. Che si sono laureati in scienze politiche, in architettura, in psicologia, in filosofia, in lettere antiche, che hanno fatto o fanno teatro, che frequentano i teatri e le sale da concerto e le case editrici nostrane, quelli di “Salviamo la città”, anche se la città non vuole essere salvata da tipi come loro.

Questi hanno orrore del seggio elettorale e il giorno delle elezioni organizzano una riunione musicale per ascoltare e commentare “I Canti del viandante” di Gustav Mahler.

Qualche gradino più giù ci sono i cretini integrali, quelli del “che ci vado a fare votare tanto sono tutti uguali”. Che fanno il paio con quelli che non fanno politica, e tra questi purtroppo tantissimi giovani (“spontaneisti, spartachisti, neotrozchisti, menscevichi, guevariani e perdigiorno assortiti), come se fare politica consistesse solo nel votare e il non farla consistesse nell’astenersi. Bestie senza nome che non capiscono che politica si fa sia scegliendo che scegliendo di non scegliere.

Ma è inutile, non li convincerai mai. Si può insegnare a un cane a scrivere?

Una delle cose che queste supreme intelligenze non capiranno mai è che, così facendo o non facendo, fanno il gioco di chi ha il controllo dei votanti, che meno sono e più facile è il controllarli. Gente che non capisce che il disgusto per la politica è provocato ad arte dai miserabili che si fanno eleggere da quelli che votano.

Troppo difficile? In Sicilia questi geni superano abbondantemente il 50% del corpo elettorale. Salute!

Fine prima puntata/ continua 

Foto tratta da ilcapoluogo.it

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