Renzi prova a ridare le poltrone ‘metropolitane’ a Orlando e Bianco. Mentre Ardizzone dimentica di spiegare…

13 ottobre 2017

La Presidenza del Consiglio del Ministri ha impugnato – e sarebbe interessante capire sulla base di quali profili di incostituzionalità – la legge approvata dall’Ars che ha ripristinato la democrazia nelle Province di Palermo, Catania e Messina, introducendo l’elezione dei presidenti. Probabilmente si tratterà di “lesa maestà” al pensiero renziano. Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, si ‘cassaria tutto’ in un comunicato dimenticando di illustrare la cosa più importante…

Davvero un ‘grande giurista’, il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Giovanni Ardizzone. Nel dare notizia dell’impugnativa, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della legge regionale sulle ex Province (trasformate in modo grottesco – per ciò che riguarda Palermo, Catania e Messina – in Città Metropolitane) Ardizzone si ‘dimentica’ di illustrare le ragioni della stessa impugnativa. Leggiamo insieme la nota ‘ermeneutica’ del presidente del Parlamento siciliano:

“La decisione del Consiglio dei ministri rimette ordine, anteponendo, come è giusto che sia, le istituzioni ai fini non nobili che, in maniera trasversale, dal centrodestra al Movimento 5 stelle, ma anche con ‘pezzi’ del centrosinistra, si volevano perseguire. Quello messo in piedi era un evidente obbrobrio giuridico che avrebbe definitivamente pregiudicato gli interessi della collettività piegandoli alla semplice governance. Un atto di un trasversalismo unico al quale mi sono volutamente sottratto perché le istituzioni vengono prima. Tiriamo, comunque, un sospiro di sollievo perché nonostante tutto rimangono le tre Città metropolitane, grazie al cui riconoscimento sono stati sottoscritti i Patti per il Sud”.

Di solito, quando l’Ufficio del Commissario dello Stato impugnava le leggi approvate dal Parlamento dell’Isola spiegava, in punta di diritto, come dicono i giuristi, quali articoli della Costituzione venivano eventualmente violati. Era un’interpretazione: era poi la Corte Costituzionale a pronunciare l’ultima parola.

Il presidente Ardizzone commenta invece la notizia in stile Renzi: è così e basta perché l’ha deciso il Governo romano!

Certo, il centrosinistra che governa la Sicilia dal 2008, con la ‘forza’ d’un’ordinanza della Corte Costituzionale molto discutibile, ha tolto all’Ufficio del Commissario dello Stato per la Regione il potere di verificare la costituzionalità delle leggi approvate dall’Assemblea regionale siciliana. Adesso a decidere se impugnare o no le leggi del Parlamento siciliano pensa il Governo nazionale.

Ma le impugnative debbono essere giuridiche e non politiche: per questo il presidente dell’Ars – che peraltro nella vita fa l’avvocato – avrebbe dovuto illustrare le motivazioni giuridiche di questa impugnativa, ovvero quali sarebbero i profili di incostituzionalità della legge regionale che ha reintrodotto l’elezione diretta dei presidenti delle Province siciliane, che oggi – come già ricordato – si chiamano Città Metropolitane per ciò che riguarda Palermo, Catania e Messina, e Consorzi di Comuni per le altre sei ex Province.

Noi non possiamo competere con la preparazione giuridica dell’onorevole Ardizzone. Però, da siciliani autonomisti, ricordiamo due cose.

Primo: che la Regione siciliana ha competenza esclusiva in materia di organizzazione degli enti locali.

Secondo: che la trasformazione delle vecchie Province in Consorzi di Comuni è prevista dall’articolo 15 dello Statuto.E che nello stesso articolo 15 dello Statuto non si parla di Città Metropolitane, che – per quanto ci riguarda – si fermano a Scilla…

Oggi il presidente Ardizzone, nel commentare la legge siciliana impugnata da Roma, parla di “obbrobrio giuridico”. E invece come la dobbiamo commentare la riforma delle Province siciliane che ha in parte aggirato e in parte calpestato l’articolo 15 dello Statuto siciliano?

Nello Statuto, come già ricordato, non si parla di “Città metropolitane”, ma di “Liberi consorzi di Comuni”. Per quale motivo una legge dello Stato deve travolgere lo Statuto autonomistico della Sicilia?

Ma il punto, oggi, non è questo: il punto è che un presidente del Parlamento siciliano, quando si rivolge ai cittadini in un comunicato ufficiale su una materia delicata, dovrebbe spiegare come stanno le cose.

Qualche anno fa, in Aula, Ardizzone invitò i parlamentari grillini – in quell’occasione considerati non troppo addentro alle questioni tecnico-giuridiche – a utilizzare le consulenze degli esperti. Oggi possiamo dire la stessa cosa di lui: se il presidente dell’Ars non è in grado di illustrare le ragioni dell’impugnativa e i profili di questa presunta incostituzionalità della legge siciliana, si faccia aiutare dagli uffici di Palazzo Reale, dove i giuristi non mancano.

Per concludere, non possiamo non notare una coincidenza: e cioè che l’impugnativa di Palazzo Chigi arriva, guarda caso, qualche giorno dopo che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha tolto le poltrone di sindaci metropolitani agli attuali sindaci di Palermo, Catania e Messina.

Il sindaco di Messina, Renato Accorinti, in questa storia non c’entra nulla. C’entrano invece – eccome se c’entrano! – i sindaci di Palermo e Catania, rispettivamente, Leoluca Orlando e Enzo Bianco.

Ricordiamo che la legge Delrio (che prende il nome da quello ‘scienziato’ di Ministro Graziano Delrio) – legge che è stata un fallimento in tutta l’Italia – prevede che i sindaci delle città dove sono state istituite le Città Metropolitane diventino, senza passare dalle urne, anche sindaci metropolitani, cumulando le due cariche.

Una legge renziana, cioè antidemocratica, che il presidente Ardizzone ha fatto approvare dalla maggioranza di centrosinistra dell’Ars, calpestando democrazia e Statuto siciliano. 

Qualcuno ha scritto che, con l’impugnativa romana, adesso si scatenerà il caos.

Nessun caos. Quello della Presidenza del Consiglio dei Ministri è un ricorso. Al quale il presidente della Regione siciliana – se farà il presidente della Regione siciliana – si opporrà. Sarà la Corte Costituzionale, se Crocetta difenderà la legge impugnata da Roma, a decidere, e non Renzi e Ardizzone.

Ciò significa che, fino a prima del pronunciamento della Consulta, tutto resta com’è: cioè con le Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina commissariate.

Se Crocetta farà il presidente della Regione, per dirla con il Kelsen, Orlando e Bianco ‘u n’hannu unni iri… 

P.S

Ah, dimenticavamo: ‘I Patti per il Sud’ richiamati dal presidente Ardizzone, fino ad oggi, sono stati solo chiacchiere, sempre in stile renziano: che, a quanto pare, è ormai l’unico stile politico del presidente dell’Ars…

 

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