Gli effetti degli incendi: erosione del suolo, instabilità dei pendii e tanti animali morti

4 luglio 2017

Con il fuoco l’ambiente si impoverisce: viene meno il verde e aumenta la desertificazione. In una Sicilia dove la desertificazione è già in atto gli incendi non fanno che accentuare il degrado. A questo si aggiunge l’erosione dei suoli e l’instabilità dei pendii, con possibili frane e smottamenti. Per non parlare degli animali morti. Insomma, un disastro ecologico in piena regola

Nella pagina facebook di Salvatore Centorbi leggiamo un interessante post sugli effetti provocati dagli incendi. Leggiamolo insieme:

Conseguenze degli incendi boschivi sul terreno
Il fuoco brucia lo strato della lettiera e in parte anche lo strato di humus. In questo modo le pietre che affiorano alla superficie vengono destabilizzate. Già durante il passaggio di un incendio non è raro osservare che alcuni sassi instabili inizino a rotolare a valle. Le conseguenze più gravi di un incendio si verificano tuttavia solo dopo il passaggio del fuoco. La mancanza di copertura della vegetazione al suolo e di quella assicurata dalle chiome degli alberi fanno sì che le gocce di pioggia possano impattare direttamente sul terreno nudo. In questo modo la struttura del terreno viene distrutta, fatto che può innescare fenomeni di erosione e di ruscellamento (vedi foto sopra). Il suolo nudo asciuga più velocemente e la superficie del terreno diviene impermeabile all’acqua. La pioggia tende quindi a scorrere sulla superficie del suolo, creando nel terreno dei solchi erosivi (Marxer 2003).

Sui danni provocati dal fuoco all’ambiente è interessante ciò che scrive il botanico e docente universitario, Enrico Martini:

“Le fiamme fanno salire la temperatura fino ad oltre 750 gradi e determinano quindi la distruzione delle porzioni vegetali epigee (tranne nel caso di alberi di grandi dimensioni, con tronchi protetti da uno spesso strato di sughero e chioma che ha inizio molto in alto rispetto al suolo).
Fortunatamente il calore non si trasmette granché in profondità, per cui la maggior parte degli apparati radicali rimane vitale”.

“Il primo danno da sottolineare è quindi il fortissimo impoverimento delle biocenòsi una parte dei vegetali presenti e un gran numero di animali muoiono; gli altri vegetali (molte forme di consistenza legnosa) subiscono danni gravi o gravissimi. Ciò porterà ad una semplificazione deleteria degli ecosistemi interessati: se il manto vegetale e il popolamento animale vengono fortemente impoveriti, l’ecosistema, esposto in seguito a vari fattori di stress (siccità prolungata, «danni di nuovo tipo) ai boschi, arrivo di parassiti di specie arboree, sviluppo esplosivo di poche forme vegetali con tendenza a divenire infestanti, ecc.) potrebbe non trovare in sé meccanismi compensativi adeguati e subire un gravissimo scadimento progressivo”.

Il trauma al momento del passaggio del fuoco non è l’unico, per le piante. Quale colore assume il suolo dopo un incendio? Lo sanno tutti: una tinta nerastra. Quale ne è la conseguenza? Una temperatura particolarmente alta sotto il dardeggiare impietoso dei raggi del sole. Dopo il recente disastroso incendio della Cala dell’Oro, sul promontorio di Portofino, (14-16 agosto 1991), il giorno 24, alle 11.30 ho misurato al suolo temperature che giungevano a 55 gradi (in esposizione Sud, su superfici perpendicolari ai raggi solari), con una punta di 59 in corrispondenza di un tratto di terreno che subiva un irraggiamento ad opera di una roccia contigua: valori molto elevati cui non corrispondeva, per fortuna, un analogo riscaldamento al di sotto dei primi centimetri di profondità: l’integrità delle cellule degli apparati radicali non era quindi in discussione”.

“L’effetto pesantemente negativo dell’alta temperatura è un altro: viene prolungato per un tempo anche cospicuo l’essiccamento del suolo conseguente al passaggio del fuoco; l’assenza di acqua (o per lo meno la sua grave carenza), è dovuta anche all’abrasione del primo strato di terreno ad opera delle fiamme (è facile che esso si frammenti e si fratturi), per cui l’acqua eventualmente presente in profondità non sale semplicemente e lentamente per capillarità bensì in misura cospicua e con rapidità ben maggiore, per poi disperdersi all’esterno sotto forma di vapore acqueo. E chiaro che i vegetali sopravvissuti dovranno subire un lungo periodo di sete, destinato a condizionare pesantemente l’entità e la rapidità della ripresa vegetativa”…

“Se a questo punto piovesse, sui terreni in pendio sarebbe particolarmente facilitata la genesi di tutta una serie di processi erosivi: l’acqua piovana, in assenza di copertura vegetale, attraverserebbe in un attimo il tratto superficiale di terreno screpolato e fessurato, a ridottissima coesione, e incontrerebbe, in gran copia, quello sottostante, parzialmente idrorepellente; quest’ultimo verrebbe attraversato in modesta misura e con lentezza mentre il grosso dell’acqua piovana scenderebbe a valle velocemente, acquistando ben presto una forza erosiva tale da provocare un processo franoso destinato ad incidere in profondità il suolo”.

“Ecco quindi un’altra, gravissima conseguenza del passaggio del fuoco: l’incendio è un attentato alla stabilità dei pendii. E vi prego di credere che la gravità della situazione appare in tutta la sua evidenza solo a chi è abituato a camminare sui monti liguri al di fuori di strade o sentieri”.

In Sicilia gli incendi accentuano una deriva già negativa: la desertificazione che avanza. Una battaglia per sensibilizzare l’opinione pubblica su questo tema la combatte il professore Silvano Riggio, docente di Ecologia all’università di Palermo (qui un suo intervento).

QUI LO SCRITTO DEL PROFESSORE MARTINI

 

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