Strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento abbandonata: che fine hanno fatto i 2 miliardi di euro?

20 maggio 2017

Lo chiede il presidente di Confimprese-Euromed, Alessio Lattuca. L’incredibile storia di un Accordo di Programma Quadro di oltre 2 miliardi di euro che si è perso strada non facendo, nel senso che i soldi sarebbero servire per rifare una strada che non è mai stata rifatta. Di questi fondi sono rimasti 190 milioni di euro. Ma, a quanto pare, è sparita anche una parte di queste somme residue, secondo i sindacati utilizzata dal Governo regionale di Rosario Crocetta per altri finalità. I nomi dei parlamentari nazionali e regionali eletti ad Agrigento che, a quanto pare, non si sentono responsabili di questa storia…

Negli anni ’80 del secolo passato la strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento venne ribattezzata “la strada della morte” per via dei continui incidenti. Già allora era un ‘delirio’ e morivano un sacco di persone ogni anno. In quegli anni il Giornale di Sicilia teneva una rubrica in prima pagina sulle cose che non andavano nella nostra Isola. Ogni articolo di questa particolare rubrica finiva così: “Noi continueremo a contare i giorni”. Per non essere sputtanati gli amministratori regionali, provinciali o comunali risolvevano il problema. Solo in un caso il Giornale di Sicilia contò i giorni per circa due anni per poi arrendersi: nel caso del rifacimento della strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento, che rimase tale – cioè un delirio – e che, con il passare degli anni, è peggiorata.

Da allora ad oggi sono passati trent’anni e la situazione, lungi dal migliorare, è peggiorata. Oggi la Palermo-Agrigento – gestita, tanto per cambiare, dall’ANAS, un nome una ‘garanzia’, soprattutto in Sicilia – è un disastro totale. Sono in corso lavori – peraltro parziali rispetto ai bisogni di questa strada – ma a quanto pare il Governo nazionale, complice il solito Governo regionale di Rosario Crocetta, sta rendendo impossibile anche il completamento di uno stralcio di tale opera.

Rimasta senza soldi, visto che le entrate finanziarie della Regione se li tiene Roma calpestando lo Statuto, al Governo Crocetta non resta che bloccare anche gli appalti in corso per dirottare sulla spesa corrente i fondi che dovrebbero servire a opere pubbliche importanti. Con il risultato che gli operai che dovrebbero lavorare per quasi un altro anno sul rifacimento della palermo-Agrigento verranno licenziati.

Scrivono in un comunicato i sindacalisti di Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil:

“Chiuso per un’ora lo scorrimento veloce Palermo-Agrigento per la protesta degli edili che lavorano al cantiere del tratto stradale Bolognetta-Lercara. Un’adesione massiccia: al sit-in di protesta, dalle 7 alle 12, presso lo svincolo a poca distanza dall’uscita per Bolognetta, hanno partecipato sotto le insegne di Fillea, Filca e Feneal circa 350 operai. Tra azienda madre e indotto lavorano complessivamente all’opera, che rischia di restare un’incompiuta, 500 operai”.

“La presenza di tanti operai – dicono i segretari generali di Fillea-Cgil Palermo e Feneal-Uil Palermo, rispettivamente, Francesco Piastra e Ignazio Baudo  – dimostra quanto la crisi nel settore preoccupa gli operai e la tensione, per questo, continua a salire. La Palermo-Agrigento è rimasta paralizzata da un’ora. E purtroppo da parte della presidenza della Regione siciliana e dall’assessorato Infrastrutture non arrivano risposte: nonostante le nostre ripetute richieste di incontro, le istituzioni continuano a latitare”.

“L’opera – si legge nel comunicato – rischia di non essere completata per mancanza di finanziamenti e per un centinaio di lavoratori già nei prossimi mesi si agita lo spettro del licenziamento. Lo svincolo per Bolognetta, che rientrava nel progetto della Bolognetta-Lercara, e avrebbe potuto allungare il lavoro di altri 8 mesi, è stato stralciato”.

“Il finanziamento previsto per lo svincolo, di 14 milioni, è stato utilizzato per altre necessità dalla Regione – aggiungono Piastra e Baudo -. Il primo lotto, attualmente in corso, è arrivato al 60 per cento e presto inizieranno i licenziamenti. A 17 lavoratori a tempo non è già stato confermato il contratto. A luglio altri 15 rischiano di andare a casa e l’azienda sta avviando le procedure di riduzione del personale per 70 operai a tempo indeterminato. Progressivamente saranno coinvolti tutti gli altri”.

Degli altri due lotti dei lavori inizialmente previsti – la Palermo-Bolognetta e la Lercara Friddi-Agrigento – non si hanno più notizie.

“Per il primo lotto esiste il finanziamento del Cipe ma manca il progetto. Per il secondo mancano progetto e risorse – proseguono Piastra e Baudo -. C’è una situazione di crisi generale dell’edilizia a Palermo che verrebbe aggravata con questi nuovi licenziamenti, in un contesto in cui sono fermi anche appalti che potrebbero partire, come il raddoppio ferroviario Ogliastrillo-Castelbuono, o l’entrata a regime dell’anello ferroviario della Tecnis, che potrebbero garantire nuove assunzioni. C’è difficoltà sia nel far partire i cantieri che nel portare avanti le opere, anche per inadempienze burocratiche”.

In realtà, per completare la ‘chiusura’ dell’anello ferroviario di Palermo al quale lavora la Tecnis ci vorranno almeno 5 anni (come potete leggere qui). Per non parlare del fatto che nessuno sa chi gestirà questa nuova tratta ferroviaria cittadina e con quali ritorni economici.

“Nella zona del comprensorio palermitano, dove è in atto la mobilitazione – leggiamo sempre nel comunicato – ci sarebbero 11 milioni di euro del Patto per il Sud per le strade secondarie, ma i bandi di gara non partono. Con interi paesi, da Villafrati a Corleone, irraggiungibili”.

In questo caso i sindacalisti sembrano un po’ ingenui: non hanno capito che i ‘Patti’ strombazzati da Renzi per questa o quella città siciliana servivano all’allora capo del Governo per la campagna elettorale del referendum sulle riforma costituzionali. I Siciliani sono stati più accorti dei sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil: infatti hanno capito non soltanto che le riforme costituzionali di Renzi andavano ‘bocciate’ (e infatti sono state ‘bocciate’, in Sicilia dal 70% dei cittadini!), ma hanno capito pure che i soldi per i ‘Patti’ erano solo uno specchietto per le allodole: vero è che sono soldi delle Regioni del Sud, ma chissà dove il Governo nazionale ha speso queste risorse che non arriveranno mai né a Palermo, né a Catania, né a Messina (se non, forse, le ‘briciole’ prima del voto delle elezioni politiche nazionali).

Nel caso della strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento c’è da raccontare un grande raggiro ai danni della Sicilia. Proviamo a sintetizzarlo con l’ausilio di Alessio Lattuca, presidente di Confimprese Euromed.

Lattuca ci racconta che del rifacimento di questa strada si comincia a parlare ai tempi del Governo regionale di Angelo Capodicasa (1998-2000). Ma è nei primi anni del 2000, quando presidente della Regione siciliana è Totò Cuffaro, che viene siglato l’APQ, l’Accordo di Programma Quadro per realizzare la nuova strada a scorrimento veloce Palermo-Agrigento.

“Lo stanziamento per rifare questa benedetta strada a scorrimento veloce – ricorda Lattuca – ammontava a poco più di 2 miliardi e 239 milioni di euro. Fondi nazionali, regionali ed europei. Il progetto prevedeva la realizzazione di una strada a scorrimento veloce a quattro corsie. Ricordo un’Associazione temporanea di imprese tra CMC di Ravenna, Ccc di Bologna e Tecnis di Catania. E ricordo anche la presenza della Bolognetta scpa (società cooperativa per azioni”.

Lattuca utilizza le parole “ammontava” e “prevedeva” perché poi, strada facendo (in questo caso, strada non facendo…), cambieranno molte cose.

“Qualche anno dopo – ricorda sempre Lattuca – l’ANAS, in solitudine, rivede il progetto. Con le modifiche apportate dall’ANAS le quattro corsie vengono programmato solo il tratto Palermo-Bolognetta e poi due corsie da Bolognetta a Lercara Friddi. Fatto molto importante: si passa dalla previsione di spesa dei già citati oltre 2 miliardi e 239 milioni di euro a una previsione di spesa di 960 milioni di euro”.

In un solo colpo non si hanno più ‘notizie’ di un miliardo e quasi 300 milioni di euro. Che fine hanno fatto? L’ANAS poteva decidere di più che dimezzare la spesa? Poteva decidere di prendersi somme già destinate alla Sicilia?

“A mio avviso, no – risponde Alessio Lattuca -. Ma lì avrebbe dovuto essere la politica a intervenire”.

Già, la politica: i parlamentari nazionali di Agrigento eletti a Roma e in Assemblea regionale siciliana.

“La storia non è finita – ricorda ancora Lattuca -. Perché senza una spiegazione precisa, a un certo punto, i 960 milioni di euro diventano 420 milioni di euro. Per poi diventare 190 milioni di euro. Quindi, da oltre 2 miliardi e 239 milioni di euro siamo passati, inspiegabilmente, a 190 milioni di euro”.

Ma adesso non ci sono nemmeno questi 190 milioni di euro. O meglio, manca una parte di questi fondi, se è vero che non si riescono a completare i lavori dalle parti di Bolognetta.

“La politica siciliana deve spiegare che fine hanno fatto questi due miliardi di euro – sottolinea Alessio Lattuca -. Risorse destinate a un’opera importante non possono sparire così (qui un articolo scritto da Alessio Lattuca). Io vivo ad Agrigento. E per recarmi a Palermo mi rifiuti di percorrere una strada che è diventata pericolosissima. All’altezza di Villafrati c’è una deviazione che costringe gli automobilisti a percorrere una trazzera. E’ una vergogna!”.

Di fatto, sono spariti 2 miliardi di euro. Fondi che, solo in parte, sono nazionali. Perché nel già citato APQ ci sono anche fondi regionali e, soprattutto, fondi europei. Lattuca chiede e si chiede, giustamente, che fine hanno fatto ‘sti soldi.

Inutile chiederlo all’assessore-commissario, Alessandro Baccei. Questo signore – imposto da Renzi nel Governo regionale a capo dell’assessorato più importante (assessorato all’Economia), cioè la branca dell’Amministrazione regionale che tiene i cordoni della borsa – è stato inviato in Sicilia per ‘svuotare’ le ‘casse’ della Regione. Compito che, se lo vediamo dalla parte dello Stato, Baccei ha svolto ‘egregiamente’.

Abbiamo, invece, qualcosa da dire – anzi, molto da dire – ai parlamentari, nazionali e regionali di Agrigento.

Il Ministro Angelino Alfano dovrebbe spiegare com’è possibile abbandonare un’opera pubblica così importante della sua provincia.

E la stessa cosa dovrebbero fare i parlamentari nazionali Angelo Capodicasa, Maria Iacono, Tonino Moscat, Riccardo Gallo (non sappiamo se ci sfugge qualche nome).

Stesso discorso per i parlamentari regionali Giovanni Panepinto, Vincenzo Fontana, Roberto Di Mauro, Michele Cimino. E per la vice presidente della Regione siciliana, Mariella Lo Bello.

Sotto gli occhi di tutti questi parlamentari, nazionali e regionali – con una provincia, Agrigento, che esprime il Ministro degli Interni e la vice presidenza della Regione siciliana – spariscono 2 miliardi di euro.

Ci chiediamo e chiediamo: ma gli elettori agrigentini che hanno eletto queste persone (ad eccezione di Mariella Lo Bello che non è parlamentare, ma non per questo, da vice presidente della Regione, è meno coinvolta) non si sentono responsabili di quanto sta succedendo lungo questa strada abbandonata?

 

P.S.

Nella nota dei sindacati leggiamo ancora:

“Nella protesta trovano anche spazio le preoccupazioni di ordine pensionistico degli operai del comparto: nelle iniziative fatte in Italia da Fillea, Filca e Feneal, che culmineranno nello sciopero nazionale dell’edilizia del 25 maggio, c’è la richiesta pressante di rivedere la legge Fornero”.

Antonino De Luca, 62 anni, operaio della Bolognetta-Lercara, oggi non può più andare in pensione:

“Per la legge Fornero potrò andare in pensione forse a 66 anni, mi mancano un bel po’ di contributi e se ora mi licenziano tornerò in disoccupazione. Ma poi come faccio a trovare un nuovo lavoro? Faccio l’autista di mezzi pesanti e alla mia età diventa pericoloso, dovrei fermarmi. Il nostro lavoro è usurante, non si può chiedere a un edile di restare al suo posto fino a 70 anni”.

Carmelo Spinella, ha 39 anni, è di Marineo e sul suo futuro lavorativo non nutre grandi speranze:

“Mi trovo a fare i salti mortali per campare la famiglia. Oggi ho un lavoro, la mia ditta mi paga. Ma domani, appena qui il lavoro finisce? Per costruire le strade ci sono i soldi della Comunità europea e del Patto del Sud. Perché non vengono utilizzati? Noi vogliamo lavorare e mettere in sicurezza queste strade secondarie dove ogni mese muoiono decine di persone. Basterebbe un anno di vitalizio dei politici per finire la strada. Perché non lasciano le loro poltrone, si rimboccano le maniche e vengono a lavorare con noi? Così capiscono quant’è duro il nostro lavoro”.

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