Il viadotto sul Belìce tra paure, brividi e incidenti

17 aprile 2017

Da quando è stato aperto al traffico non è mai stato sicuro. L’idea di proteggere gli automobilisti con un rafforzamento delle barriere di contenimento non ha mai sfiorato le ‘autorità’. E’ un viadotto che fa paura in condizioni ordinarie, figuriamoci con il senso unico alternato per i lavori in corso. Sempre per la cronaca, la strada statale 115 è quella che, nel tratto tra Sciacca e Ribera, cade a pezzi…

Alla fine degli anni ’80 del secolo passato la strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca era aperta a metà. Partendo dal capoluogo della Sicilia si doveva percorrere la circonvallazione di Monreale e proseguire fino a San Giuseppe Jato-San Cipirello e poi ancora fino al bivio di Zabbia. Da qui iniziava il tratto percorribile. Così, per guadagnare tempo, risultava più conveniente imboccare l’autostrada Palermo-Trapani, uscire a Castelvetrano per poi percorrere la strada statale 115, quella che collega Trapani ad Agrigento. Ma anche percorrendo questa strada si profilavano due problemi: due ponti costruiti su due fiumi: il ponte sul Belìce e il ponte sul Carboy.

Il ponte sul Belìce – che in queste ore è tornato sotto i riflettori per via di un’automobile volata giù da questo viadotto, con la morte di due persone – è quello che ha sempre fatto paura. E’ un ponte alto e, in tanti anni, non c’è stato verso di convincere l’ANAS a renderlo sicuro. I gard rail – cioè le barriere di sicurezza – non hanno mai dato alcuna sicurezza: sono barriere ordinarie, basse, senza alcuna protezione ulteriore. Niente di niente. Di incidenti ne sono avvenuti tanti. Ma non è mai cambiato nulla. E, ne siamo certi, non cambierà nulla.

A giudicare da quello che abbiamo letto sui giornali, lungo questo viadotto sono in corso dei lavori di messa in sicurezza. Già la parola “sicurezza”, lungo questo ponte, suona quasi tra il beffardo e l’ironico: questo viadotto fa paura in condizioni normali, figuriamoci con il senso unico alternato per lavori in corso.

Di chiuderlo al traffico, ovviamente, non se ne parla: quali sarebbero, in questo caso, le strade alternative? Le strade provinciali abbandonate dall’ex Provincia di Trapani ‘riformata’ e lasciata senza soldi dal Governo nazionale e dal Governo regionale?

Così, la strada statale 115 mantiene ancora oggi il suo ‘fascino’: il brivido del viadotto sul Belìce, fiume che, in questo tratto, divide la provincia di Trapani da quella di Agrigento, quasi un segno del destino: se passi dalla provincia di Trapani a quella di Agrigento (e viceversa) ricordati di questo viadotto senza protezioni.

De resto, se all’ANAS, in Sicilia togliamo i ‘brividi’ e i diserbanti chimici che cosa resta?

Ah, dimenticavamo: la strada statale 115 arriva fino ad Agrigento. Ciò significa che, da Sciacca, prosegue fino alla Città dei Templi. Lungo il tratto che collega Sciacca a Ribera le cronache ci raccontano di altri tratti di strada – per lo più piccoli ma sinceri viadotti – crollati.

Tutto, insomma, lascerebbe pensare che questa strada statale cade a pezzi. Ma non lo dovete pensare, assolutamente no…

Foto tratta da gds.it

P.S.

Notizie su quello che, a fine anni ’80, era il secondo problema della statale 115: il ponte sul Carboy, fiume che divide il Comune di Menfi dal Comune di Sciacca. Ponte progettato da un appassionato di ‘pattinaggio’: e infatti, negli anni ’80, all’arrivo della stagione delle piogge, questo ponte cominciava a ‘pattinare’ sulle argille.

Chissà perché, in quegli anni, giusto in questo ponte, era vietato il brivido. Così lo chiudevano e lo riaprivano al ritorno di Proserpina…

Poi un giorno arrivarono gli ingegneri, sembra dall’università di Palermo, e convinsero il ponte di Menfi a non pattinare più sulle argille…

 

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