I rifiuti e la discarica di Melilli: l’intreccio tra mafia, politica, imprenditoria e funzionari pubblici

19 marzo 2017

Quello che succede a Melilli è un esempio del sistema di gestione dei rifiuti descritto dall’editore di questo blog, il dottore Franco Busalacchi. La dimostrazione – ammesso che ci sia bisogno di questa, ulteriore dimostrazione – che in Sicilia se non si rompe questo sistema non avremo mai una corretta gestione dei rifiuti. Non siamo davanti solo al fallimento del Governo Crocetta – fallimentare in quasi tutto il resto – ma a qualcosa di più profondo che vede come protagonisti alcuni politici siciliani

Così, egregio presidente della Regione Rosario Crocetta, in Sicilia sono arrivate 350 mila tonnellate di rifiuti speciali da Taranto. In effetti, nel ‘triangolo’ Melilli-Priolo-Augusta, dove da decenni i malati e i morti di cancro non si contano più, dove i bambini nascono deformi, ci mancavano solo i rifiuti ‘importati’. Non ci bastavano le industria chimiche e le raffinerie.  Anche i rifiuti dell’ILVA. Pure questi fanno parte della sua ‘Rivoluzione’, presidente? Ne parlerà con Massimo Giletti?

Parliamo dell’indagine della Procura della Repubblica di Catania. Ne ha sentito parlare, presidente? Uno dei protagonisti si chiama Carmelo Paratore, un personaggio in grado di incontrare parlamentari e ministri della Repubblica. Uomini potenti: così potenti, i Paratore, da riuscire, perfino, a piazzarsi al seguito della missione in Cina dell’ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, suo compagno di partito (quello con il quale ha firmato due ‘Patti’ incaprettando i Siciliani, ricorda?).

Sa perché ricordiamo questa vicenda, presidente Crocetta? Perché l’editore di questo blog sostiene che in Sicilia esiste ed è operativo un legame stretto tra politica, imprenditoria, mafia e alcuni funzionari della pubblica amministrazione. Non ci crederà, ma è quello che emerge da questa incredibile vicenda dei rifiuti tossici stoccati nella discarica di Melilli.

Che strana, la ‘sua’ Sicilia, presidente Crocetta. Nei momenti di ‘piena’, quando non si sa più dove mettere i due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti che la Sicilia produce ogni anno, ‘esportiamo’ i rifiuti fuori dalla Sicilia pagando un sacco di soldi (quei soldi che poi non si trovano per i disabili gravi, per esempio). Esportiamo sempre fuori dalla nostra Isola ordinariamente anche il percolato, ovvero il liquido velenoso prodotto dalle discariche nelle quali, in barba alla legge, sotterrano anche la frazione umida dei rifiuti. Il tutto pagando la solita barca di soldi. Poi, improvvisamente, importiamo a Melilli i rifiuti tossici di Taranto.

In entrambi i passaggi – ‘export’ e ‘import’ di rifiuti – ci sono sempre gli ignari contribuenti Siciliani che pagano e gli imprenditori che incassano. Con la Sicilia – ma guarda che combinazione – al centro di questi affari. 

Dalle carte dell’inchiesta di Catania emergono rapporti tra parlamentari, qualche ministro e altri burocrati. E naturalmente la criminalità organizzata: proprio quello che dice il dottore Busalacchi.

Fa una certa impressione leggere un comunicato diffuso dai parlamentari del Movimento 5 Stelle all’Ars:

“L’intreccio criminalità e rifiuti si ripresenta puntuale anche sotto il Governo Crocetta. L’operazione Piramidi, di queste ore, non svela nulla di diverso rispetto a quanto aveva provato a fare l’ex assessore Niccolò Marino, messo gentilmente alla porta dallo stesso Crocetta durante uno degli innumerevoli rimpasti a cui ci ha tristemente abituati”.

Ricorda, presidente Crocetta? Il magistrato era assessore del suo Governo. Si occupava di rifiuti. Poi ha iniziato a polemizzare con l’allora numero due di Confindustria Sicilia, Giuseppe Catanzaro, oggi promosso a numero uno di questa organizzazione imprenditoriale, Giuseppe Catanzaro, sì, proprio lui, il titolare dell’impresa – insieme con i suoi fratelli – che gestisce la discarica di Siciliana: la discarica nata pubblica e finita nelle mani dei privati (cioè della stessa famiglia Catanzaro).

Insomma, a un certo punto lei, presidente Crocetta, ha deciso di mettere fuori dalla Giunta l’assessore Marino. Proprio mentre lo stesso Marino era impegnato in una dura polemica con Catanzaro. Questa è storia, presidente Crocetta (anche se questa storia non l’ha mai raccontata a L’Arena di Giletti).

“È di tutta evidenza – spiegano i deputati del Movimento 5 Stelle all’Ars – che la criminalità è riuscita a raggiungere i suoi obiettivi perché il Governo Crocetta non ha mai puntato il faro su un’attenta programmazione dei rifiuti, sostituendola anzi con un caos organizzato. A tal proposito, stigmatizziamo le dichiarazioni dell’assessore Contrafatto (Vania Contraffatto, magistrato, assessore regionale della Giunta Crocetta in ‘quota’ Davide Faraone, ‘capo’ dei renziani siciliani ndr) che punta il dito contro il Parlamento siciliano, dato che gli strumenti per una programmazione virtuosa sarebbero già in mano della Regione, se solo volessero applicarli politicamente. Grazie a questa situazione, anche questa volta è riuscita ad annidarsi la criminalità e la corruzione dei dirigenti regionali. Lo abbiamo denunciato migliaia di volte in tutte le sedi, abbiamo depositato esposti sia alla Corte dei conti che alla Procura della Repubblica ed oggi, laddove ce ne fossero i presupposti, siamo pronti a chiedere la revoca di tutte le autorizzazioni agli impianti che furono emesse dai soggetti coinvolti in questo ennesimo procedimento penale”.

Vogliamo commentare assieme, presidente Crocetta, ciò che scrive l’europarlamentare dei grillini eletto in Sicilia Ignazio Corrao? Leggiamo assieme quello che scrive:

“Sulla questione polverino ILVA Taranto in Sicilia abbiamo scomodato nientemeno che la Commissione Europea, peccato che ad essere scomodate dovevano essere le Procure, dato che grazie ad alcuni politici siciliani, imprenditori corrotti e corruttori, incontravano il Ministro dell’Ambiente per concordare lo stoccaggio in Sicilia di oltre 350 mila tonnellate di polverino tossico. Gli ingredienti ci sono tutti, politica, appalti, rifiuti, mafia e camorra (ancora gli ‘ingredienti’ segnalati dalleditore di questo blog ndr). Mentre i cittadini protestano e le famiglie piangono i morti vittime di inquinamento ambientale nel triangolo della morte di Augusta, Priolo e Melilli, questi balordi fanno affari. Ovviamente, da un punto di vista territoriale la responsabilità è pienamente del presidente della Regione Rosario Crocetta, dato che uno dei suoi dirigenti era già stato arrestato. Parliamoci chiaramente, se un rappresentante delle istituzioni vuol voltare pagina nella gestione del sistema dei rifiuti, può farlo, altrimenti si rimane ai soli annunci, così come ha fatto Crocetta in Sicilia. Esistono vergognose responsabilità sulla relazione tra appalti, politica ed interessi privati da collezionare grazie alla cosa pubblica. In queste ore intanto sto predisponendo la terza interrogazione alla Commissione Europea, mentre i miei colleghi all’Ars stanno tentando la strada della richiesta di revoca in autotutela di tutte le autorizzazioni rilasciate da Cannova e Verace”.

E poiché la nostra politica ha ‘scelto’ Melilli come luogo dove stoccare le 350 mila tonnellate di polverino tossico, leggiamo assieme quello che c’è scritto nella pagina facebook “Io sto con don Palmiro Prisutto”, il sacerdote che da anni si batte contro l’inquinamento che uccide in questo angolo di Sicilia:

“L’assedio – I silos industriali sulla costa di Augusta
I venti chilometri di costa sono sotto assedio. La costa delle ciminiere fuma senza tregua. In gran parte è in mano ai russi. Le emissioni sforano i parametri.

Il procuratore Giordano ha ammesso: sono 16 i punti di emissione. Tuttavia, sono 191 i pozzi di scarico, ed è impossibile controllarli tutti. E’ una resa.

La penisola di Thapsos ha un fenicottero rosa sulla punta. È un terribile trompe-l’oeil. La penisola dei primordi della civiltà non è stata risparmiata.

E’ un trapasso collettivo, segreto, a scansione. Il fenicottero guarda verso il mare contaminato, tutta la baia lo è, nei fondali sono seppelliti 18 milioni di metri cubi di fanghi tossici.
In un pauroso post atomico, la città sta morendo. Per questo è diventata il caso Augusta.

Palmiro Prisutto, il parroco della resistenza, è tornato a elencare i defunti, uccisi dal cancro, il 28 del mese. Occorre ogni forma di retorica in Sicilia per identificare i baluardi del diritto. Tant’è, padre Prisutto
nella chiesa della Matrice celebra la messa e una specie di censimento clandestino dei vivi e dei morti. La lista ne ha 860 in totale, numeri provvisori, per difetto.

Sono 9 mila i malati o i possibili malati o morti, su 36 mila abitanti, almeno uno a famiglia. Ma anche in questo caso si pecca di ottimismo.

Su dieci funerali, dice padre Prisutto, otto sono per morti di cancro, tre in una settimana. Cinquantenni. Augusta è una città di vecchi comunque. Rimane ben poco.

A ogni festa di paese, padre Prisutto stringe la fronte, ogni squillo di tromba o fanfara è il trillo inverecondo di un lutto che si vuole tacere. Le confraternite organizzano le feste di paese, in un braccio di ferro con il sacerdote riformista, un irriducibile che vuole salvare quel che resta.

“C’è solo da riflettere oramai – ammette cupo – Perché ci si ostina a voler cancellare questa città?”.

Nel frattempo, gli ambientalisti corroborano la sua battaglia. Prende posizione anche Fabio Granata, già parlamentare e leader del movimento ambientalista e no Triv. Sta accadendo qualcosa di nuovo, di segreto, come la città che muore.

Una due volte a settimana, nel porto di Catania, con la nave Grimaldi, la notte, arrivano carichi di polverino, dall’Ilva di Taranto, da lì proseguono con i camion, 9 mila tonnellate, trenta camion in tutto, verso il triangolo delle industrie, ripartono.

Granata denuncia con un post su facebook:

“I nostri deputati e i Sindaci di Augusta e di Priolo cosa aspettano ad andare dal Prefetto e pretendere la convocazione dei vertici ILVA e della zona industriale? Siamo nelle mani di nessuno”.

Il Ministro dell’ambiente Galletti minimizza. Tutto regolare. La gente non sa nulla. E muore. E i dati non sono mai ufficiali, spiega Prisutto.

Se si sapesse veramente, dice, sarebbe il panico, la disperazione. La città sparirà presto persino dalle mappe urbane, sarà un cimitero, se non accadrà un’inversione repentina e coraggiosa. Ma non succede.

L’ambulatorio oncologico sopravvive a un ospedale in corso di smantellamento. Dunque Augusta perde la sua gente e i suoi presidi sanitari. Padre Prisutto riferisce di investimenti per bonifiche mai iniziate, già dal governo Berlusconi, con l’allora ministro all’Ambiente, Stefania Prestigiacomo (quella che Berlusconi e Gianfranco Miccichè vorrebbero candidare alla presidenza della Regione siciliana ndr). Investimenti pari a 760 milioni di euro. “Che fine hanno fatto?”, si chiede Prisutto.

Ad Augusta si muore prima, l’aspettativa è di almeno cinque anni in meno rispetto al resto del Paese. Le cifre sono superate, risalgono a dossier vecchi di almeno un decennio. Nel frattempo, l’avvelenamento in corsa non ha smesso di elaborare neonate mutazioni. E’ spaventoso. Gli abitanti di Augusta sono contaminati. Soltanto Padre Prisutto ha nel corpo quantità anomale di alluminio, piombo, cadmio, mercurio.

Ogni abitante di Augusta conterrà questa specie di adulterazione. Come i pesci con la gobba, pescati nella rada.

Non si ha la più pallida idea del livello di emissione in acqua aria terra. E’ tutto fuori controllo. Le bonifiche, diceva Prisutto, non partono: quella alla discarica di cenere di perite a Priolo,
quella a Thapsos, o quella alle saline.

“Rifiuti che non si saprebbe dove destinare. Bisognerebbe chiudere il porto di Augusta. Dove farli finire quei reflui? “ si chiede Prisutto.

Battaglie solitarie, che passano ora anche per i social. Il tam tam avverte sull’arrivo del cargo a Catania. Ci sono le sentinelle. Si vorrebbe salvare quel che resta, l’assillo è sempre lo stesso, salvarla Augusta,
prima che diventi l’esteso cimitero dei morti dei cancro e dei silenzi colpevoli”.

 

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