Associazione Allevatori come la Basilica di Santa Chiara: dopu c’arrubbaru ci misiru ‘i catini

3 marzo 2017

Dopo che la Giustizia ha dichiarato fallita l’Associazione Regionale Allevatori della Sicilia arriva la politica. Per fare che cosa? Chiacchiere. Sembra la storia della Basilica di Santa Chiara, messa sotto ‘stretta protezione’ solo dopo che i ladri l’avevano svaligiata. La similitudine c’è, perché anche l’Associazione Regionale Allevatori della Sicilia – direttamente e indirettamente – è stata ‘svaligiata’ politicamente… Il ruolo della Coldiretti, o meglio, dell’AIA. Le dichiarazioni, in verità anche queste tardive, dei grillini siciliani 

Ventiquatr’ore dopo che la sezione Fallimentare del Tribunale di Palermo ha dichiarato fallita l’Associazione Regionale Allevatori della Sicilia (ne abbiamo parlato in questo articolo) si sveglia la politica. La scena, però, somiglia tanto è quella della Basilica di Santa Chiara, sintetizzata in un adagio napoletano: Ropp’arrubbata facetter’e porte ‘e ferro (traduzione in siciliano: Doppu c’arrubbaro a Santa Chiara ci misiru ‘i catini: dopo che i ladri rubarono tutto quello che c’era da rubare nella Basilica di Santa Chiara si optò per le porte di ferro). Insomma: un intervento tardivo. E, soprattutto, inutile.

Ecco l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici, che ha convocato il direttore generale dell’AIA (Associazione Italiana Allevatori), ente al quale – si legge nel comunicato dell’assessore – sono affidati per legge i controlli funzionali per la tenuta dei registri genealogici. Cracolici ha convocato il direttore generale dell’AIA “per discutere della grave crisi che si è determinata a seguito della notifica della procedura di fallimento dell’ARAS (Associazione Regionale Allevatori della Sicilia). L’incontro è stato fissato per mercoledì prossimo a Palermo”.

Il direttore dell’AIA è Roberto Maddè, persona considerata vicina alla Coldiretti e, in particolare, al numero uno della Coldiretti nazionale, il potentissimo Roberto Moncalvo.

Insomma, non ci vuole molto a capire che, in questa storia, c’è lo zampino dell Cordiretti.

Arrivano anche i grillini dell’Ars, con in testa la parlamentare di Ragusa, Vanessa Ferreri:

“Il fallimento dell’associazione regionale Allevatori della Sicilia, dichiarata ieri dalla sezione Fallimentare del Tribunale di Palermo, potrebbe provocare il crollo dell’intero settore zootecnico siciliano, e della provincia di Ragusa in particolare. Era noto da tempo che l’ARAS navigasse in cattive acque, sia a causa del fatto che la Regione ha progressivamente diminuito negli anni il contributo che le versa, sia per colpa di una quasi decennale gestione commissariale che non ha fatto altro che aggravare e accelerare il collasso organizzativo, finanziario ed amministrativo dell’ente”.

“L’unica soluzione per dare stabilità organizzativa all’Associazione Allevatori e serenità ai lavoratori era quella dell’accorpamento ‘in convenzione’ delle  funzioni, del  personale, delle sedi e delle attrezzature dell’ente con l’Istituto sperimentale zootecnico della Sicilia. Una proposta condivisa dal M5S e apprezzata anche dall’allora assessore regionale all’Agricoltura, Dario Cartabellotta, ma poi mai attuata da questo Governo, a dimostrazione ancora una volta del suo totale disinteresse verso i problemi dell’agricoltura siciliana”.

“A rischio – si legge nel comunicato – c’è adesso l’intero comparto zootecnico dell’Isola, in quanto l’ARAS svolgeva un servizio essenziale per la certificazione della carne proveniente dai nostri allevatori che, in mancanza di tale certificazione, non potrà più essere venduta”.

“A farne maggiormente le spese – aggiunge Vanessa Ferreri – sono gli allevatori della provincia di Ragusa, dove si concentra un’ampia fetta della zootecnia siciliana. Già moltissimi di loro sono stati truffati dal fallimento della Ragusa Latte, una cooperativa di 160 aziende zootecniche che, improvvisamente, ha registrato in poco tempo pesantissime passività a fronte di una situazione florida sino a qualche anno fa. Adesso devono anche subire il fallimento di un ente la cui direzione non ha fatto altro che dilapidare l’intero patrimonio attraverso delle spese di gestione alquanto allegre, tra rimborsi spese, autovetture in leasing, promozioni e aumenti di stipendi ad alcuni dipendenti al fuori dal concerto sindacale e dal Contratto nazionale di lavoro, oltre che l’assunzione di un cospicuo numero di personale amministrativo che, per le finalità alle quali l’ARAS era preposto, suscita qualche perplessità, e non a caso è arrivata la dichiarazione di fallimento”.

“Si riuniscano subito congiuntamente le commissioni legislative competenti – conclude la parlamentare grillina – perché adesso è una corsa contro il tempo per evitare il collasso del settore. C’è da decidere il ruolo che dovranno avere l’Istituto sperimentale zootecnico per la Sicilia e l’Istituto zooprofilattico nell’assorbire i lavoratori e nell’assistere gli allevatori, nonché capire che cosa ne sarà delle somme che la Regione deve ancora all’ARAS per il saldo degli anni precedenti e parte del 2016”.

Sul ‘buco’ di Ragusa Latte questo blog ha già scritto:

Rischio beffa per 158 allevatori di Ragusa. I Forconi: “Questa volta non ci fermeremo”

P.S.

Su Ragusa Latte, o meglio, sul ‘buco’ di questa società, che dovrebbe attestarsi intorno a 15 milioni di Euro sono in corso inchieste e c’è anche un concordato che alcuni allevatori, adesso, vorrebbero impugnare.

Alcune domande.

Prima domanda: in quali mani è finita la provincia di Ragusa?

Sarebbe questa la ‘classe dirigente’ della provincia zootecnica per antonomasia della Sicilia?

In quali mani è finita la Regione siciliana?  

 

 

 

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